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Il Fantasma Di Margaret Houg
Il Fantasma Di Margaret Houg
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Il Fantasma Di Margaret Houg

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“Se ho visto mia madre, o almeno il suo fantasma, perché ho così tanta paura? In fondo è mia madre che ho visto; però in quel momento per poco non sono svenuta ”

“Ora, per favore, cerchi di ricordare l’intera scena.”

“Ho spento la luce, poi mi sono affacciata alla finestra. All’inizio non ho notato niente di strano, ma poi ho visto una donna e potrei giurare che si trattava di mia madre. Aveva un vestito bianco e lungo che arrivava fino a terra e tra le mani teneva una rosa rossa. Forse lei sentiva il mio sguardo su di sé, perché mi ha guardata e mi ha sorriso, quasi come se volesse prendermi in giro. Poi ha iniziato una specie di danza. Muoveva lentamente le braccia e la testa; erano dei movimenti molto strani e per tutto il tempo non ha distolto lo sguardo dalla finestra. Non ho avuto il coraggio di guardare di più e ho chiamato Mary Ann.”

“Però Mary Ann non ha visto niente, giusto?” chiese Ernest.

“Esatto, lei non ha visto niente.” rispose Barbara.

“Questa sagoma era dentro o fuori dalla cappella?”

“L’ho vista sulle scale, poi non so, non ricordo bene.”

“Suo fratello ha visto qualcosa?”

“No… non credo. Si è solo spaventato perché mi vedeva agitata.”

“Dov’è, ora?”

“Sta dormendo. Per fortuna Rebecca è tornata presto e mio fratello, con lei, si addormenta subito.”

“Io ho finito, per il momento, signorina. Nel caso avessi qualche domanda da farle, spero che lei sia disponibile.”

“Certamente …” disse Barbara che si girò verso suo padre per avere il permesso di andare. Dopo averlo ricevuto salutò Roni ed Ernest e uscì dalla stanza.

“Che cosa ne pensa?” domandò subito dopo l’uscita della figlia Houg ad Ernest.

“Non so ancora cosa pensare. È certo che non si tratta di una vicenda semplice.” rispose l’ investigatore.

“Questo lo so bene, altrimenti non avrei chiesto il suo aiuto…” disse Houg, che prima di continuare si alzò in piedi, proseguendo: “Almeno ora sappiamo che mio figlio non ha inventato tutto.”

“Perché ha pensato che suo figlio potesse avere inventato tutto?” chiese Ernest stupito.

“Perché è un bambino e sa come sono i bambini: troppo spesso volano con la fantasia. Basta un semplice riflesso della luce e vedono draghi, mostri o fantasmi.” rispose Houg.

“In ogni caso, è necessario che io parli anche con suo figlio. Intanto, se lei è d’accordo, vorrei vedere la cappella.” disse Ernest.

“L’accompagno.” disse Houg e azionò di nuovo l’interruttore che si trovava sopra la scrivania.

Non passò molto tempo e la governante entrò nello studio.

“Ha chiamato, signor Houg?” chiese.

“Si, Mary Ann, avremmo bisogno di una torcia.” disse lui.

La governante uscì e gli altri la seguirono.

Arrivati al piano di sotto, Mary Ann portò la torcia.

Uscirono nel giardino. Houg faceva strada, Roni ed Ernest lo seguivano. Una volta fuori, Houg indicò con la torcia la cappella. Ernest si accorse immediatamente delle scale e cercò di immaginare il punto esatto nel quale potesse essere comparso il fantasma. Quando arrivò davanti alla cappella si girò verso la casa e domandò a Houg: “Dov’è la camera di suo figlio?”

“Secondo piano, la terza stanza a partire da destra.” rispose Houg.

Ernest localizzò la stanza, poi prese la torcia e andò verso le scale della cappella come se stesse cercando qualcosa.

“Niente di niente.” disse dopo un po’.

“Che cosa speravi di trovare?” chiese Roni.

“Qualcosa, qualunque cosa.” rispose misteriosamente Ernest, che salì poi le scale ed entrò nella cappella.

Houg e Roni lo seguirono senza dire neanche una parola. Ernest girò la torcia più volte cercando di illuminare le varie parti della cappella, ma sembrò che non avesse trovato niente. Poi improvvisamente la luce della torcia illuminò una porta.

“E questa?” chiese Ernest.

“È la porta di accesso al cimitero di famiglia.” rispose Houg.

“Posso entrare?” domandò Ernest.

Prima che Houg riuscisse a rispondere, intervenne Roni: “Non ti sembra un po’ troppo entrare in un cimitero a quest’ora della notte?”

“Cosa c’è, Roni? Hai paura, forse? Puoi aspettare qui, se vuoi. Io, invece, con il permesso del signor Houg, vorrei dare un’occhiata al cimitero di famiglia.” replicò Ernest con tono canzonatorio.

“Ma certo che può andare, anche se francamente non capisco proprio cosa speri di trovare.” disse Houg.

Ernest si avvicinò alla porta e la aprì. Una ventata d’aria fresca colpì il suo viso nell’istante in cui si trovò fuori. Fece luce con la torcia per leggere i nomi scritti sulle tombe. Si fermò quando lesse “Margaret Houg”. Si avvicinò per vedere meglio e si accorse che sopra la tomba c’era una rosa rossa e sotto di essa c’era qualcosa. Prese tra le mani l’oggetto per capire meglio cosa fosse e si accorse che si trattava di un tarocco. Osservando meglio la carta, lesse: “La morte”.

C’era qualcosa di strano; sentiva un bizzarro respiro, sembrava un respiro affaticato, forse di qualcuno impaurito. Decise allora di mettere in tasca la carta e presa la rosa si girò. La sorpresa fu grande e per poco non si mise ad urlare. Houg era proprio dietro di lui ed Ernest, che non lo aveva sentito arrivare, non si aspettava di vederlo. Il suo respiro era affaticato. Aveva paura.

“Cosa c’è?” disse Houg.

Ernest non rispose subito, aspettò una decina di secondi e poi chiese: “L’ha messa lei la rosa qui?”

“No.” rispose Houg.

“È meglio che entriamo, adesso.” disse Ernest e andò verso l’uscita.

Camminarono lungo tutta la cappella e poco prima che uscissero la torcia si spense.

“Forse le batterie sono scariche.” disse Roni mentre scendeva le scale insieme a Houg.

Ernest rimase indietro per un momento e si sentì osservato. Alzò la testa verso la camera del figlio di Houg, ma non vide nulla.

I tre uomini rientrarono in casa e si accomodarono nello studio di Houg.

“Dunque, la rosa non l’ha messa lei.” commentò Ernest non appena furono seduti.

“Assolutamente no, forse sarà stata mia figlia, anche se ho dei forti dubbi su questo.”

“Perché?”

“Perché, conoscendo mia figlia, non credo che potrebbe fare una cosa simile. Da quando è morta sua madre lei non è mai andata a visitare la sua tomba. Barbara è una ragazza ostile e cocciuta, e, detto tra noi, non andiamo molto d’accordo. In realtà non andava d’accordo neanche con mia moglie. Per questo dubito fortemente che possa essere stata lei ad aver deposto quel fiore...” disse Houg.

“Forse suo figlio, allora?”

“Oh no, lui non esce di casa. L’unica volta è stata quando lo abbiamo ricoverato, un mese fa. È da più di un anno che non mette il naso fuori.”

“Quanti anni ha suo figlio?”

“Dodici anni.”

“E non va a scuola?”

“Tre volte alla settimana riceve delle lezioni private.” rispose prontamente Houg.

Mentre il banchiere si alzava per accendere un sigaro, Ernest estrasse dalla tasca il tarocco e lo poggiò sulla scrivania.

Houg lo prese in mano, lo guardò e poi chiese: “Che cos’è?”

“L’ho trovato insieme alla rosa sulla tomba di sua moglie.” disse Ernest.

Houg teneva la carta tra le mai, sembrava sbalordito.

“Che cosa vuol dire?” chiese di nuovo Houg.

“Una cosa sola, signor Houg. Chi ce lo ha messa conosce molto bene il significato di quella carta. Qualcuno qui a casa sa leggere i tarocchi?” chiese Ernest.

“No, no, nessuno” disse Houg, che poi continuò: “Tutto questo è assurdo. Qualcuno ha messo una carta con un simbolo di morte sulla tomba di mia moglie? Lei pensa che questo voglia dire che io e la mia famiglia siamo in pericolo ?”

“Non lo escludo, signor Houg.” rispose Ernest.

“Questo è un incubo, ed io vorrei uscirne il più presto possibile. Non ho paura per me, ma per i miei figli.” disse Houg .

Ernest diede uno sguardo all’orologio e disse: “ Si è fatto molto tardi, signor Houg. Roni ed io dobbiamo proprio andare. Domani mattina sarò nuovamente qui e ne parleremo ancora.”

“Va bene, vi accompagno alla porta.” disse Houg.

Scesero le scale e andarono verso il soggiorno.

Ernest si voltò ed il suo sguardo si posò sul ritratto di Margaret Houg. Per un attimo sentì i brividi lungo la schiena.

“A domani, allora.” disse Houg rivolgendosi ad Ernest appena arrivò alla porta.

“Si, signor Houg, sarò qui appena possibile.” rispose Ernest.

Houg salutò Roni, poi si girò nuovamente verso Ernest come se volesse dirgli qualcosa, ma poi cambiò idea e rientrò in casa.

I due amici partirono in silenzio e solo dopo un paio di chilometri Roni commentò: “È un bel mistero, non pensi?”

“Così sembra.” rispose Ernest.

“Io sono rimasto senza parole. È proprio un bel pasticcio. Non sarà tanto facile.”

“Si, lo so che non sarà facile, ma chi fa questi giochetti alla fine commetterà un errore ed io sarò pronto a metterlo con le spalle al muro.” rispose Ernest, che poi aggiunse: “Almeno spero.”

“Auguriamoci che tutto questo finisca al più presto e soprattutto che nessuno si faccia male.” disse Roni.

“Se è come penso io, è molto probabile che tutta questa storia finisca molto presto.”

“Non mi dire che hai già un sospetto?” domandò Roni.

“Forse.”

“Dai, non fare il misterioso, parla!” lo incoraggiò Roni.

“La figlia di Houg.”

“Che cosa c’entra lei?” chiese Roni stupito.

“Beh… prima di tutto, hai sentito cosa ha detto suo padre di lei? Che è una ragazza ostile e che non vanno molto d’accordo; secondo, nessuno ha visto il fantasma eccetto lei; terzo: hai notato anche tu la somiglianza con la madre, o no? Conclusione possibile: vuole fare un dispetto a suo padre e gioca a raccontare storie di fantasmi.”

“Mi dispiace, ma non mi convince questa versione perché: uno, il fantasma lo ha visto prima il fratello, che è pure stato ricoverato in ospedale per questo; due, è vero che è una ragazza ostile, ma mi sembra troppo inventare tutto questo solo per fare un dispetto al padre; tre, non capisco che cosa c’entri la somiglianza con sua madre.” chiarì Roni.

“Forse mi sbaglio. Il fatto è che sono stanco e poco lucido. Però nel suo racconto c’è qualcosa che non va. Non mi convince affatto.”

“Perché no?”

“Perché dice di avere visto il fantasma bene in faccia, ma anche noi eravamo nella cappella e siamo stati costretti ad usare una torcia elettrica per fare luce, o mi sbaglio?”

“Questo è vero.” rispose Roni.

“Allora, come ha fatto a vedere bene il viso, se la cappella era al buio? E poi, come fa a ricordare bene tutti i movimenti, se dice di averlo visto solo per pochi secondi?”

“Non lo so, Ernest. Sarà meglio che domani tu lo chiarisca direttamente con lei.”

“Certo, che lo farò.” rispose Ernest.

“Ma il pensiero che possa realmente essere un fantasma non ti sfiora nemmeno?” chiese Roni.


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