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Il Suo Lupo Imprigionato
Il Suo Lupo Imprigionato
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Il Suo Lupo Imprigionato

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Non mi importava contro chi di loro avrei combattuto, ma quella sera sembrava che gli avversari fossero già stati scelti. Ryker odiava i combattimenti alla pari. La folla aveva piazzato le sue scommesse e il bastardo voleva proteggere i soldi del banco.

“E tu.” Le nostre catene erano aggrovigliate tra loro e tutti e quattro scivolammo in avanti. Ryker sospirò forte, spingendo via uno dei suoi scagnozzi in modo da poter districare le catene, tirandole bruscamente mentre lavorava. Quando le catene si liberarono perdemmo tutti l’equilibrio. Un altro tiro chiarì chi voleva:

Archer.

“No!” Mi gettai verso Ryker, che rispose dandomi un calcio nelle costole. Quando mi attaccai alla sua caviglia il vecchio si innervosì. Il mio collo schioccò all'indietro mentre faceva leva sulla sua gamba insanguinata per liberarsi dalla mia presa. Uno stivale mi atterrò sulla testa. Lo scagnozzo mi tenne fermo senza premere troppo forte e Ryker mi sferrò un ultimo colpo allo stomaco.

Archer si rifiutò di muoversi, facendo dei solchi con le zampe nella terra e fissando i miei fratelli Baron, Dallas, e me.

“Risparmia le forze per il ring”, gli urlai.

Il dolore in quegli occhi azzurri mi avrebbe perseguitato per sempre.

Ryker trascinò Archie attraverso la terra. Gli feci un cenno. Sei mesi in cattività mi avevano reso debole, ma avrei dato a mio fratello tutto quello che avevo.

Archer capì. Sollevò le zampe e la coda, camminando con tutto l'orgoglio che un lupo picchiato poteva mettere insieme vicino a Ryker.

Gli scagnozzi ci tirarono ai bordi del ring. La folla urlava e ogni mese ero disgustato nel vedere così tante facce familiari uscire per vederci combattere. Quando eravamo nelle nostre sembianze umane, chiamavamo alcune di quelle persone “amici”. O avevamo chiamato.

“Mi dispiace, amico”, disse Major mentre gli scagnozzi ci agganciavano ai nostri posti lungo il bordo del ring. “Archer non se lo merita. Shea non gli mostrerà alcuna pietà. Vuole la sua libertà.”

Tirai con forza la catena. Quando ero forte l'avrei rotta. “Se non desse il massimo non avrei per lui nessun rispetto.”

Capitolo secondo

Trina

“È disgustoso”, mormorai a Randy, il sergente di polizia che si era offerto di venire da Ketchum ad aiutarci nell’operazione di salvataggio. Granger Falls non era abbastanza grande da avere un proprio ufficiale della protezione animali e avevo dovuto chiamare i pezzi grossi. Ero stanca di dovermi affidare sempre agli altri per sistemare le cose. Quando mi era giunta voce di possibili combattimenti tra cani alla fattoria di Ryker, avevo immediatamente messo in moto un’operazione su larga scala. Se quella testa di cazzo trattava quei cani così male, chissà la condizione degli altri animali.

Avevo sentito parlare per la prima volta dei combattimenti il mese prima, ma non avevamo gli uomini per andarci o lo spazio che serviva. Il rifugio per animali Forever Home era per gli animali domestici ed eravamo sempre pieni. Inoltre, prima di poter fare qualsiasi cosa, dovevo raccogliere informazioni. Avevo solo una possibilità di fare le cose giuste. La posta in gioco era troppo alta per un errore e ogni secondo era importante. Ora che conoscevo l'esatto numero di capi di bestiame presenti nella proprietà, avevo un piano per portare tutti gli animali al sicuro.

“Non vedo l'ora di fermare questo pezzo di merda.” Randy bevve un sorso della sua birra analcolica e scrutò la folla. Avevamo fatto del nostro meglio per mimetizzarci. Troppe facce conosciute riempivano i posti. Persone che avevo considerato amiche prima di quella sera. Alcuni di loro avevano persino fatto donazioni al rifugio. Che razza di idioti malati di mente potevano venire a una rissa tra cani per divertirsi? Se non fosse stato per gli animali che avevano tanto bisogno del nostro aiuto, sarei sgommata via da quella città maledetta.

Ma ero già scappata dalla mia vita una volta. Non avevo nessun altro posto dove andare.

La gente del paese sedeva fianco a fianco con i poliziotti in incognito, aspettando che quei poveri cani si facessero a pezzi a vicenda. Le mie dipendenti del rifugio, Kiera e Lyssie, erano una fila davanti a me. Mi ero travestita per assicurarmi che nessuno venisse informato del nostro piano: il direttore di un rifugio per animali non sarebbe andato lì per divertirsi. I miei lunghi capelli erano nascosti sotto un berretto degli Oregon Ducks e la cerniera del mio giubbino era chiusa fino alla punta del colletto per nascondermi il più possibile la faccia.

Al vedere i cani entrare rimasi senza fiato e afferrai il braccio di Randy. Il suo braccio era grande e solido e se quegli animali non fossero stati in grave pericolo mi sarebbe piaciuto passare un po' di tempo con lui. Le prospettive di uscire con qualcuno a Granger Falls erano pessime, come dimostrava l'affluenza a quella farsa. Meno male che non volevo uscire con nessuno.

“Ce n’è abbastanza per intervenire adesso. Li guardi! Pelo arruffato, pelle viva per quelle catene. Riesco a vedere le loro costole, maledizione!”

La faccia di Randy impallidì e bevve un sorso del suo drink, probabilmente desiderando che fosse vero alcol. Una volta sistemati quei cani avrei decisamente bevuto qualcosa. Qualsiasi cosa pur di cancellare quell’immagine dalla mia memoria.

“Se li lasciamo combattere, anche solo per un secondo, possiamo denunciarlo per reati più gravi.” L’uomo strinse le labbra distogliendo lo sguardo dal ring. “Voglio inchiodare quello stronzo al muro.”

“Anch'io.” Quasi cinque anni di lavoro nel recupero animali e non era mai stato facile. Ogni volta che pensavo di aver visto tutto, qualcuno arrivava a farmi venire gli incubi. A volte mi sembrava di non poter mai migliorare le cose.

Ryker, il proprietario della fattoria, era al centro del ring con gli avversari di quella sera, in catene ai suoi lati. Meschino, sguaiato e ignorante, aveva capito come radunare tutti nel modo peggiore possibile. Capelli grassi scendevano da sotto il suo cappello da baseball. I suoi abiti erano ricoperti di macchie come quelle di un grembiule da macellaio. Mi mandava un brivido lungo la schiena ogni volta che lo vedevo in città, e ora sapevo perché.

Il cane più piccolo zoppicava. Ryker lo slegò per primo, ma non si mosse. Invece tremava violentemente e guardava indietro verso gli altri cani che erano stati incatenati lungo il muro. Abbaiavano freneticamente, incoraggiandolo o dandogli consigli. Era difficile da capire con il boato della folla, mentre il secondo cane veniva liberato. Questo caricò sul cane più piccolo e gli bastò un secondo per affondare i denti nella sua carne.

“Basta così!” Spinsi Randy, che aveva già lasciato il suo posto, correndo verso il ring. La sua birra finta volò, inzuppando gli idioti intorno a noi. Attraverso le gradinate, i poliziotti scesero le scale con le pistole puntate.

La folla si disperse. La birra pioveva su tutti noi, le panchine traballavano e quasi finii a terra mentre la gente mi spingeva via. Quella sera nessuno voleva espiare i propri peccati.

Randy e i suoi uomini erano concentrati sulla cattura di Ryker e dei suoi complici. Avrebbero avuto un bel daffare. Non si sarebbero arresi senza combattere.

Nessuno impedì al cane sul ring di attaccare l'altro. Il più piccolo ululava e la sua pelliccia grigia era macchiata di rosso brillante.

Passai attraverso la folla, colpendo chiunque non si togliesse dai piedi. Dovevo arrivare sul ring prima che fosse troppo tardi.

Nel caos, non vedevo Kiera o Lyssie da nessuna parte. Non c'era tempo di cercarle. Quel cane aveva bisogno di aiuto.

I cani ai lati del ring erano isterici, ululando e urlando insieme alla folla. Saltai oltre la barriera e corsi al centro della fossa. Il cane più grande non mollava il più piccolo, nemmeno quando mi lanciai su di loro. Dovevo stare attenta. Entrambi i cani erano malati e affamati e non potevo predire come si sarebbero comportati. Nessuno dei due sembrava avere la rabbia, ma con un caso come quello non avrei avuto tempo da sprecare a farmi delle iniezioni quella sera.

Lottando tra un cane e l'altro, coprii il più piccolo con il mio corpo in modo che l'altro non potesse più attaccare.

Respirava ancora, a malapena. I suoi grandi occhi azzurri incontrarono i miei e guaì.

“Trina!” mi chiamò Kiera. “Siamo state spinte nel parcheggio. Abbiamo dovuto convincere i poliziotti sotto copertura che lavoriamo per te.” Cavolo, avevo dimenticato di dare loro delle credenziali. Quell’errore ci era costato del tempo prezioso. “Sta bene?”

“È stato pestato.” Il respiro del cane aveva rallentato, mi auguravo perché si stava calmando e non sanguinava. Solo per precauzione, mi tolsi la giacca e strappai una striscia dalla mia maglietta da usare come laccio emostatico. Non me ne fregava nulla che fossero visibili i miei rotoli di pancia. Non era la cosa peggiore che la gente avesse visto quella sera. Avvolsi delicatamente il tessuto intorno al collo del cane ed esercitai una pressione che fosse la più leggera possibile, ma comunque efficace.

“Cosa dobbiamo fare?” chiese Lyssie.

“Chiama quelli del Controllo Animali. Si aspettano notizie da noi. E prendi le gabbie dal camion. Credo di aver contato sette cani. Come sta l'altro che ha combattuto?”

Non ebbi subito una risposta. “Se n'è andato.”

Capitolo terzo

Shadow

Avevo smesso di credere in qualsiasi religione organizzata la notte in cui Ryker ci aveva catturati. Niente paradiso, niente inferno, solo un purgatorio oscuro e vorace che andava avanti all'infinito. Fino a quella sera, quando gli agenti di polizia avevano fatto irruzione nel ring dei combattimenti, arrestando Ryker e la sua banda. E, cosa più importante, tre angeli erano venuti a portarci via dalla nostra prigione.

“Resta con questo”, disse uno degli angeli all'altro. “Ho dei tagliabulloni nella borsa. Spero che i collari non si siano conficcati nei loro colli.”

Per quanto sostenessimo di essere forti e fieri, ogni lupo guaiva e piangeva contento quando era il suo turno di essere liberato. L'angelo passò un momento con ciascuno di noi, accarezzandoci sulla testa e mormorando che era finita.

Ero il più lontano da lei, pertanto fui l'ultimo.

“Via questa brutta cosa di dosso.” Le sue parole sembravano una ninna nanna.

Non mi dimostrai più orgoglioso dei miei fratelli o dei miei nemici. La libertà era troppo bella. E quello era l'unico modo per ringraziarla. Passò le dita sulla mia sudicia e arruffata pelliccia. Era bellissima. I suoi capelli color miele erano tirati indietro, il suo viso senza trucco e i suoi abiti comuni e strappati. Lacrime non versate brillavano nei suoi occhi verdi e le sue guance, tonde come il resto delle sue curve, erano probabilmente altrettanto dolci. La sua boccuccia implorava di essere assaggiata. Odorava esattamente all'opposto della merda e della disperazione che di solito mi inondava le narici. Inalai vaniglia, cannella, mele e tutto ciò che c'era di buono in un essere umano. La mia bocca ebbe l’acquolina solo a pensarci.

Chiunque fosse così pieno di amore e compassione per un branco di animali distrutti e sudici come i Channing e persino i Lowes si era guadagnato la mia eterna lealtà. Qualunque cosa volesse, era sua.

“Andrà tutto bene”, sussurrò lei; e io mi strinsi contro la sua gamba. “Ti porto via da qui. Ora sei al sicuro. Ti darò del cibo e ti farò un bel bagno.”

Mancavano due settimane alla luna piena. Sarei stato più forte allora, ma non avevo modo di preparare quell'angelo alla nostra trasformazione. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che qualcuno di noi era stato in forma umana; la cosa si faceva... interessante.

“Stai bene, amico?” chiesi ad Archer. Giaceva ancora al centro del ring con la gola bendata. I miei fratelli si unirono a noi, spingendolo dolcemente con il muso. Mentre gli altri due angeli portavano delle gabbie sul ring, sognai a occhi aperti come sarebbe stato tenere quella donna tra le mie braccia e ringraziarla adeguatamente per averci salvato la vita.

“Starò bene”, ansimò Archie, con gli occhi annebbiati.

“Non venite qui”, avvertii i fratelli Lowe mentre Major saliva sul ring. “Non ora.” Eravamo così prossimi a essere salvati che non avrei rovinato tutto facendoli a pezzi.

Tutti noi tornammo volontariamente in cattività. Gli angeli caricarono le nostre gabbie sul camion senza troppa fatica. Ci avevano ridotti male e avevamo vissuto per quel momento, ed eravamo troppo deboli per godercelo.

“Kiera, puoi guidare tu?” chiese il mio bellissimo angelo. Si sedette a terra con Archer, che si era a malapena mosso. Forza, amico, vivi. Ora siamo liberi. “Rimarrò dietro con questo. Non voglio lasciarlo solo.”

“Sì, certo”, rispose Kiera, assicurandosi che le funi fossero ben strette in modo che le gabbie non andassero a spasso sul retro del camion. Il mio angelo salì sul mezzo, cullando il corpo di mio fratello tra le sue braccia. Il suo sangue filtrava attraverso la coperta di fortuna in cui lo aveva avvolto. Si sistemò piano al centro delle gabbie, mettendo giù Archer al suo fianco.

Non aveva un buon odore. Merda!

“Ok, ragazzi”. Il mio angelo si guardò intorno e mi resi conto che si stava rivolgendo a noi e non alle sue colleghe. Sapeva cosa eravamo? Ero piuttosto sicuro che ci fossero solo cinque casse. Maledizione, non vedevo Shea da quando la polizia aveva interrotto la rissa. Gli era stata promessa la libertà e quel bastardo se l’era presa.

Avrei fatto esattamente la stessa cosa.

“Sono Trina, Kiera è alla guida e Lyssie tiene il fucile. Pensano che io sia pazza quando parlo con gli animali, ma so che mi capite.” Fece una pausa e indicò con il viso la cabina del camion. Se fossi stato un umano, avrei riso. “Siamo del rifugio per animali Forever Home. È lì che stiamo andando. Vi daremo del buon cibo caldo, meglio di quello che avete mangiato nella...”, la sua voce si strozzò e non finì. “Vi puliremo tutti per bene. Renderemo soffice il vostro pelo e benderemo quelle ferite. Vi daremo dei comodi letti dove dormire. Ci assicureremo che non soffriate più. Quando starete meglio, troveremo delle famiglie a cui affidarvi. Niente più lotte, niente più abusi. È tutto finito.”

Ci fece rimanere senza parole.

Non riuscivo a togliere gli occhi di dosso al bellissimo angelo di nome Trina. Accarezzò la testa di Archer, mormorandogli qualcosa. Lui chiuse gli occhi ed esalò l’ultimo respiro.

“Merda! No! No, no, no!”. Trina collassò sul corpo di Archer. Mi lanciai contro la parte anteriore della gabbia e ululai. I miei fratelli si unirono a me, ma nessuna protesta avrebbe cambiato le cose.

Non poteva essere vero. La sicurezza del mio fratellino era dipesa da me. L'avevo lasciato venire con noi la notte in cui fummo catturati perché pensavo che quell’esperienza l’avrebbe reso più forte. Avrei dovuto fare di tutto per impedirgli di combattere quella sera. Anche se ero in catene. L'avevo lasciato partecipare a una lotta che non avrebbe mai potuto vincere.

“Qual è il problema?” Lyssie scivolò nel retro del camion.

“L'abbiamo perso.” Trina cullava il corpo senza vita di Archer contro di sé.

Ed era stata colpa mia.

Guardai Major. “È meglio che Shea corra lontano, lontano da qui. Perché se lo prendo, gli mostrerò la stessa pietà che ha mostrato ad Archer.”

Capitolo quarto

Trina

Avevo già fallito con quei cani. Uno era scomparso e un altro era morto.

“Non puoi biasimarti per questo,Trina”, disse Kiera con calma. “Non abbiamo idea delle condizioni in cui si trovava quel cane prima di stasera.”

I cani rimasti ingurgitarono enormi ciotole di cibo umido. Dopo un paio di settimane sarei rimasta senza scorte e senza soldi, ma avrei trovato il modo per rimediare. L'avevo sempre fatto. La mia politica era di non parlare in modo negativo davanti agli animali. Alcune persone sostenevano che fossi pazza, pensando di potermi capire. Non avevo mai voluto che la gente perdesse le speranze con me quando stavo nelle peggiori condizioni. Medici e infermieri avevano detto cose negative sulla mia prognosi, pensando che fossi un vegetale. Anche in fondo al buco nero più profondo e oscuro in cui mi trovavo, potevo anche non essere in grado di uscirne, ma capivo. E non avrei mai fatto quell’errore con i miei animali. Qualsiasi creatura con occhi e un cuore che batteva poteva percepire delle cattive vibrazioni.

“Hai ragione.” Mi asciugai le guance con il dorso della mano. “Ma fa comunque male. Abbiamo salvato questi cani...Vorrei che fossimo arrivate prima, ma Randy ha detto che gli servivano le prove.”

“Ho appena ricevuto un messaggio dal Controllo Animali. Hanno detto che il bestiame di grossa taglia era in ottime condizioni. Li stanno ancora controllando. I polli non venivano trattati molto bene, troppi in ogni gabbia, ma pensano di poterli salvare.” Kiera posò il telefono. “Sei stata brava, T. Davvero brava.”

Non abbastanza.

“Li aiuteremo a piazzare gli animali quando saranno pronti per nuove sistemazioni.” Ero furiosa per le galline. Gli uccelli erano i miei preferiti e venivano sempre trattati nel modo peggiore. “Lys, come stanno andando con il cibo?”

“L’hanno finito”. Sbadigliò. Avevo detto alle ragazze che avremmo fatto le ore piccole, ma erano nuove al salvataggio di animali. Erano venute a lavorare al rifugio come parte della loro riabilitazione. Tutte avevamo affrontato delle situazioni difficili e ci eravamo rivolte alla stessa struttura, il CAST (Center of Anxiety and Stress Therapy), per i nostri attacchi di panico e disturbi da stress. Niente di quello che avevano tentato aveva funzionato per me ed ero entrata in una buia spirale senza apparente via d’uscita, fino a quando qualcuno mi aveva suggerito di offrirmi volontaria in un rifugio. Dopo che i medici avevano visto come gli animali mi davano pace, avevamo collaborato insieme per avviare un programma. C’era la speranza che gli animali potessero aiutare quelle donne a guarire come avevano fatto con me.

Ciò di cui nessuno si era mai reso conto era quanto fosse difficile mandare avanti un rifugio. Le condizioni in cui gli animali giungevano a noi, la mancanza di fondi, quelli che non trovavano casa... dopo un po’ anche i volontari più forti rimanevano sopraffatti. Molte persone erano passate per quel posto. Forever Home era un rifugio no kill, ma ciò significava anche che, se non avevo posto per gli animali, non potevo accettarli. Avevo incubi pensando a quelli che avevo rifiutato. Dovevo concentrarmi sul bene che facevamo a Forever Home. Se avessi indugiato sugli aspetti negativi che ne derivavano, tutti i miei progressi sarebbero potuti andare persi. Il rifugio mi aveva dato uno scopo. Quegli animali avevano bisogno di me e quindi dovevo risolvere i miei problemi.

Fino a quel momento, Kiera e Lyssie stavano reggendo. Speravo che quella sera fosse la più traumatica a cui avrebbero dovuto assistere, ma avevo imparato molto tempo prima a non essere mai certa di aver visto il peggio. Quella sera ero stata preoccupata per loro, ma avevano resistito, portando i cani fuori dal ring e nel rifugio. Sfortunatamente avevo abbastanza esperienza con i traumi da sapere che c'era un meccanismo di spegnimento. Istinto di sopravvivenza. E gli effetti negativi non sempre si mostravano subito.

“Pronte per lavarli?” chiesi. Le donne annuirono, rimboccandosi le maniche mentre mi seguivano nell'area comune. Quella sarebbe stata la vera prova, quando si sarebbero avvicinate ai cani e avrebbero visto cosa era realmente successo loro. Non c'era modo di sapere cosa avremmo trovato sotto il pelo arruffato.

Kiera aprì il tubo flessibile e Lyssie si inginocchiò, esortando i cani a farsi avanti mentre le vasche si riempivano di acqua calda. Potevamo lavarne solo due alla volta.

Mi inginocchiai accanto alla vasca, per aiutare il primo a entrare in acqua. Uno di loro saltellava, proteggendo una zampa zoppa. Avevano la testa bassa, ma erano fiduciosi e grati. Mi ero aspettata paura e forse aggressività. Non sapevamo per quanto tempo i combattimenti fossero stati la loro realtà. Volevano qualcosa di meglio. Avevo pensato che fossero degli husky, ma da vicino sembravano possibilmente incrociati con qualche tipo di pastore. Anche così denutriti, erano grossi. Due chiari leader erano già emersi dal gruppo. Più grandi e più fiduciosi degli altri, si erano mossi per primi, decidendo di potersi fidare di Lyssie. Gli altri si misero in fila dietro di loro.

Quello dagli occhi azzurri si era staccato dal branco e aveva puntato dritto verso di me, dandomi grossi baci bagnati. Riuscì a farmi ridere in una notte così terribile. Gli strofinai le orecchie, attenta a non essere troppo brusca. I suoi occhi seguivano ogni mia mossa. Anche se erano pieni di rispetto, mi tormentavano. Qualcosa in loro era troppo umano.

Il cane entrò nella vasca, tremando.

“Tranquillo. Ti farà sentire bene”, gli assicurai mentre aprivo il tubo. Quando l'acqua calda gli colpì il corpo, gemette. Lo insaponai delicatamente, evitando di applicare troppa pressione sulla sua pelle. La veterinaria non sarebbe potuta venire fino al mattino dopo e non volevo aggravare le sue ferite. Con un tocco morbido, pettinai i nodi della sua pelliccia. Per tutto il tempo in cui lo lavai, premette contro il mio corpo più che poteva. Nonostante tutto quello che gli era successo, era ancora in grado di fidarsi. Voleva il mio amore.

Sperai che Randy tenesse Ryker sul pavimento della sua cella di prigione con un piede sulle sue palle. Quell’individuo era un verme che doveva solo nascondersi sotto terra. Perché ero sorpresa che potesse fare qualcosa del genere?

Per questo amavo gli animali molto più delle persone. Il loro amore era incondizionato ed erano sempre disposti a dare un'altra possibilità.

Lyssie prese il mio posto così che io potessi controllare la pelle dei cani ora che avevamo lavato via la sporcizia. Avevano lacerazioni provocate dalle catene e segni di morsi. Nessun segno di infezione. Ora che il loro pelo era pulito, era cambiato dal marrone al grigio e al nero con striature bianche, più scure in alcuni punti. I cani dagli occhi marroni avevano un pelo rossastro. Tutti loro avevano uno sguardo che mi faceva venire i brividi. Avevano visto troppo.

Il primo cane si rifiutò di lasciare il mio fianco. Gli tolsi l'asciugamano e si appoggiò a me dopo aver scosso il suo mantello pulito. Non aveva paura, era territoriale.

“Deve essere stato piacevole, scommetto.” Gli picchiettai il naso e sapevo già che era quello che avrei portato a casa mia, adottandolo. Non puoi tenerli tutti, ricordai a me stessa. Devi trovargli una casa.

“Pensi che staranno bene per la notte? C'è qualcos'altro che possiamo fare?” chiese Kiera. Eravamo bagnate, sporche ed esauste. Avevamo ancora i nostri animali residenti di cui occuparci, la maggior parte dei quali si era svegliata con il nostro arrivo a tarda notte. Forse avrebbero dormito tutti fino a tardi, l’indomani.

“Andate a casa. Ci vediamo domani.”

Introducemmo i cani nelle loro gabbie. Ognuno aveva una coperta, del cibo e dell’acqua.

“Te ne stai andando?” chiese Lyssie.

“No. Posso dormire sul divano.” Il mio nuovo amico non voleva lasciare il mio fianco. Si rannicchiò sul tappeto davanti al divano, sistemandosi con un sospiro. Non abbassò subito la testa.

Voleva proteggermi.

“Anche tu devi andare a casa, Trina”. Kiera fece un ultimo tentativo per convincermi ad andarmene.

Mi chinai e accarezzai la testa del cane. “Sono a casa.”