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Dolce Nostalgia
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Dolce Nostalgia

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Dolce Nostalgia
A. C. Meyer

In Dolce riunione, il destino incontra la nostalgia. Jade non ha mai dimenticato il suo ex fidanzato, che l'ha lasciata per la sua carriera. Ma la ricetta di un grande amore funziona sempre. Cosa succede quando i due si incontrano di nuovo? Alex è sopraffatto e lo stress di essere il direttore legale di una grande banca ha preso il sopravvento. Quando decide di riflettere sulla sua vita, l'invito per la festa di fidanzamento di sua sorella sembra una buona occasione per tornare nella sua città natale e a una routine più tranquilla. Sembra anche l'occasione perfetta per una riunione...

Nostalgia

Dolce riunione

A.C. Meyer

Tradotto da Cecilia Metta

Revisione a cura di Romina Russo

1

Jade

“ È perfetta, Jade!” sento dire a Safira, mia sorella minore, nonché la mia migliore amica, quando mi vede posizionare il topper sulla torta nuziale.

Mi fermo accanto a lei, asciugandomi le mani con lo strofinaccio che era sul bancone, e contemplo sorridendo il mio lavoro: una torta meravigliosa di cinque piani, di pan di Spagna, ripiena di tartufo di cioccolato bianco, ricoperta di pasta di zucchero e decorata con dettagli stile pizzo. Un bellissimo nastro di raso color avorio, dello stesso colore della copertura e rifinito con un fiocco, avvolge il primo, il terzo e il quinto piano. Devo concordare con lei, è perfetta.

“Non posso credere che sia finita. Penso che sia stata una delle mie preparazioni più lunghe” dico, sorridendo, mentre Safira mi mette un braccio intorno alla vita e mi abbraccia, fissando ancora quella torta meravigliosa.

“Sono passata solo per salutarti. Sto andando a lezione. Posso prendere un dolcetto?” Sbatte gli occhi blu come la pietra di cui porta il nome e fa ondeggiare i suoi lunghi capelli biondi ondulati verso il vassoio su cui sono disposti circa 1500 dolcetti nuziali.

“Sapevo che avevi un interesse,” dico, ridendo. “Certo, prendilo. Oggi esci con Paulo?” le domando, riferendomi al ragazzo che sta frequentando da un po’ di tempo.

“Viene a prendermi all’università. Probabilmente ceneremo insieme. Non preoccuparti, mamma. Ti faccio sapere,” dice e fa l’occhiolino, uscendo dalla cucina con il dolce in mano.

Sorrido alla battuta ma sono orgogliosa della brava ragazza che è diventata mia sorella. Lei, nostro padre ed io siamo molto uniti. Papà è il responsabile di quest’unione e del fatto che abbiamo nomi così…esotici. Possiede una piccola gioielleria in città e, quando siamo nate, ha detto che eravamo la cosa più preziosa che avesse, insieme a nostra madre, che se ne è andata quando io avevo dieci anni e Safira sei.

Pensare a mia madre mi fa provare una leggera tristezza. È stato grazie a lei che ho scoperto le mie capacità in cucina, e, quando è morta, dopo numerosi tentativi mal riusciti di mio padre –per essere gentile e non dire che il suo cibo era orribile – mi sono assunta la responsabilità di cucinare per noi tre, aiutandomi con il ricettario di mia madre. Crescendo, ho iniziato a creare le mie ricette e, a diciotto anni, ho scoperto che la mia vera passione erano le torte nuziali. Non c’è niente di più meraviglioso che realizzare, con degli ingredienti semplici come la farina, il latte e le uova, dei veri capolavori che faranno parte di uno dei giorni più importanti per una coppia.

Prendo le stoviglie sporche dal bancone e le metto nel lavandino, sorridendo dolcemente, mentre inizio a lavare i piatti. Pensare alla felicità delle coppie, che ogni giorno visitano il Sonho da Jade (Sogno di Jade), la mia pasticceria, mi ricorda che è stato l’amore a farmi aprire quest’attività e a farmi decidere di lavorare con le spose. Più precisamente l’amore per un uomo più grande di me di quattro anni, con un sorriso affascinante e uno sguardo che mi fa provare i brividi ancora oggi. Ho incontrato Alex a una festa a cui non volevo andare, quasi alle quattro del mattino, quando stavo per tornare a casa. Non era affatto il mio tipo. Ho sempre preferito i biondi, con un viso liscio – senza barba – e un temperamento tranquillo. Alex aveva i capelli molto scuri, come i miei, tagliati con la macchinetta, e il pizzetto. Abbiamo trascorso il resto della notte ballando e tenendoci stretti come se fossimo fatti l’uno per l’altra. In quel momento le parole tra noi non erano necessarie.

Eravamo l’uno l’opposto dell’altro. La mia timidezza contrastava con la sua socievolezza. Lui era seducente, mentre io ero romantica. Amava lo sport, ascoltava la musica rock e adorava le attività all’aperto, mentre io pensavo che salire i cinque scalini che portavano all’ingresso del mio palazzo fosse sufficiente per fare esercizio fisico, amavo i Backstreet Boys e leggere i libri, soprattutto quelli di cucina. Vedevo in Alex una specie di lucciola, che brillava e incantava tutti quelli che lo circondavano, a differenza di me, che ero il bruco che non si era ancora trasformato in farfalla. Nonostante le differenze, stranamente, ci siamo perfettamente adattati l’uno all’altra in un modo che non avevo mai visto… o meglio, ne ero stata testimone solo una volta, molti anni prima, quando mia madre era viva. Alex ed io eravamo in sintonia e la chimica che ci univa era esplosiva. Non sono mai stata baciata con così tanta passione e trasporto come quando eravamo insieme. Lui ha tirato fuori il meglio di me e mi ha fatto credere che potevo ottenere tutto quello che volevo, semplicemente perché lui era al mio fianco.

Durante i pochi mesi che abbiamo trascorso insieme, ho creato numerose ricette di dolci e di torte, ho sviluppato le mie tecniche e ho studiato molto, nel modo migliore, per lavorare con gli ingredienti per la pasticceria. Alex era il mio topo da laboratorio e assaggiava la maggior parte dei miei esperimenti, esprimendo sempre un parere imparziale e incoraggiandomi a continuare e a migliorare. Finché il destino non ha deciso che dovevamo separarci. Alex si è trasferito a Brasilia per lavoro ed io sono rimasta qui e mi sono rimboccata le maniche per costruire la mia pasticceria, Sonho da Jade.

Non è stato semplice. Anche se il nostro rapporto era quello che molti potrebbero considerare una storia d’amore giovanile, per il poco tempo che siamo stati insieme, la rottura ha fatto molto male. Ho amato Alex con tutto il mio cuore e so che anche lui mi amava allo stesso modo. Mi mancava non solo lui, l’uomo che mi completava e mi faceva sentire così speciale, ma anche i momenti che passavamo insieme. I momenti divertenti e felici che ricordo con tanto affetto. E anche se ho sofferto per la sua partenza e mi è mancato ogni giorno, ho scelto di continuare ad andare avanti e di rendere quell’amore l’ingrediente principale delle torte che offro alle mie spose.

Alcune persone collegano la nostalgia alla solitudine. Io credo che questa parola molto speciale, che in alcune lingue non ha neanche una traduzione letterale, sia il risultato dell’amore che proviamo per qualcuno di speciale nella nostra vita. Secondo me, la nostalgia non ha nulla a che vedere con la tristezza. È la molla che guida ogni passo del mio cammino. Proprio come l’amore.

Mi pulisco le mani e finisco di sistemare il bancone. Guardo l’orologio sulla parete: le 20:30. È ora di andare a casa. Domani io e la mia squadra dovremo affrontare una lunga giornata di lavoro.

Spengo le luci all’ingresso. Nell’oscurità, lo splendido volto dell’unico uomo che io abbia mai amato veramente balena per un istante nella mia mente e un sorriso affiora sulle mie labbra. Non provo amarezza per aver perso il mio grande amore. Penso che siamo stati il classico esempio della persona giusta al momento sbagliato. Dopo Alex, ho incontrato altri ragazzi, sono uscita con loro e mi sono anche innamorata. Ma nessuno di loro ha risvegliato in me lo stesso amore profondo che provavo per lui. So che un giorno m’innamorerò di nuovo intensamente di qualcuno. Come la maggior parte delle donne, anch’io sogno di avere una famiglia e un marito amorevole. Ma so che quando accadrà, porterò dentro di me quel sentimento così speciale che, anche da lontano, Alex risveglia.

La nostalgia...

2

Alex

Mi stropiccio gli occhi che bruciano dopo tante notti trascorse insonni. Quasi tre, in realtà. Negli ultimi giorni ho lavorato tutta la notte per terminare il mio lavoro il più velocemente possibile, per lasciare la città. Se il dottor Marcelo, il mio medico curante, avesse scoperto che ho fatto quello che mi aveva detto di non fare, mi avrebbe fatto una bella predica. Ma la verità è che non vedevo l’ora di liberarmi di quel lavoro che ormai odiavo. Tre mesi fa, ho avuto un terribile dolore al petto che mi ha fatto pensare a un attacco cardiaco. Era assurdo, visto che ho solo ventisette anni, ma mi sembrava di portare tutto il peso del mondo sulla schiena. Secondo il medico che si è preso cura di me all’ospedale, quel dolore era il risultato di una crisi di stress, qualcosa che mia madre continuava a dire che avrei avuto se avessi continuato a lavorare con quei ritmi serrati, e mi ha detto di consultare il mio medico curante, il dottor Marcelo.

Ma non potevo fare diversamente. Sono il direttore legale più giovane della principale banca pubblica del paese, il responsabile diretto di una grande squadra e di una pila di casi che non finisce mai. Per raggiungere questa posizione, ho rinunciato a molte cose nella mia vita e ho dovuto dedicare tutto il mio tempo libero al lavoro, che oggi affronto come un obbligo.

Quel dolore mi ha dato l’opportunità di rallentare i miei ritmi e di rivedere i miei obiettivi. Il dottor Marcelo, durante l’ultima visita, mi ha detto che, se non avessi rallentato, avrei avuto un vero e proprio infarto entro tre o cinque anni. E forse non sarei stato così fortunato.

Pochi giorni dopo l’appuntamento, ho ricevuto un invito per la festa di fidanzamento di mia sorella, che si sarebbe tenuta dopo tre mesi. Nella busta c’era anche un biglietto:

Alex,

Ti prego, cerca di venire. Non posso fidanzarmi senza aver accanto mio fratello maggiore.

Ana

Tutto ciò mi ha fatto riflettere su quello che volevo veramente per la mia vita. Dove altro volevo arrivare? Diventare vicepresidente e rischiare di perdere matrimoni, nascite e momenti importanti della mia famiglia, oltre alla grande probabilità di morire d’infarto prima dei trent’anni, o cambiare il corso della mia carriera professionale, impegnarmi di più negli eventi della mia famiglia e avere una qualità migliore della vita?

Passare le notti insonni era qualcosa a cui ero abituato. Dormivo circa quattro ore a notte, non facevo più esercizio fisico e la mia dieta non era delle migliori. Ma tutto questo sta per cambiare. Da quando ho avuto tra le mani quel biglietto di mia sorella, ho deciso che è arrivato il momento di cambiare rotta e di ricominciare. Ma, per fare ciò, devo chiedere al mio corpo un ultimo sforzo. Ho portato a termine tutti i lavori in sospeso, ho assegnato i compiti che richiedevano un’attenzione particolare e, infine, ho consegnato la lettera con le mie dimissioni.

Osservo le due valigie che contengono tutto quello che ho accumulato qui negli ultimi cinque anni. È divertente. Le uniche cose che mi appartengono veramente in quest’appartamento sono i vestiti, le scarpe e gli oggetti per l’igiene personale. È strano pensare che in cinque anni questo posto sia stato solo una sorta di base. Un luogo in cui venivo solo per dormire e per cambiarmi i vestiti e di cui non avevo alcun ricordo. La mia vita ha bisogno di un cambiamento immediato, che ho già iniziato: ho buttato nella spazzatura il mio cellulare e il mio orologio. Da oggi in poi, vivrò seguendo i miei ritmi, senza essere schiavo delle e-mail aziendali a mezzanotte o delle telefonate urgenti, e non, durante il fine settimana.

Prendo il biglietto e le valigie. Spengo la luce. Chiudo la porta e, quando arrivo nell’atrio del palazzo, consegno le chiavi al portiere. Sarà lui a darle all’amministratore del palazzo. Il taxi mi aspetta fuori dall’edificio. Dopo aver sistemato i bagagli nel portabagagli, ci siamo diretti verso l’aeroporto e verso la mia nuova vita. Quella che mi avrebbe reso più felice, così speravo.

***

I primi mesi dopo essere tornato a Curitiba, la città in cui sono nato e cresciuto, sono stati difficili. Per quanto fossi determinato a cambiare il ritmo della mia vita, è stato piuttosto complicato cambiare le abitudini che mi avevano accompagnato per anni. Inizialmente sono stato per un po’ a casa dei miei genitori: una grande proprietà in una zona privilegiata della città, dove ero accudito, viziato e avevo a disposizione abbastanza tempo per decidere cosa fare della mia vita. Avevo da parte un bel po’ di risparmi, quindi, per un po’, non dovevo preoccuparmi di lavorare per mantenermi, ma non volevo restare senza lavoro per sempre.

A poco a poco, ho provato a correre di nuovo nel parco. È stato un fallimento. Mi faceva male tutto il corpo e sentivo dolore al petto e mancanza di fiato. Era un misto di panico e resistenza fisica. Non riuscivo ancora a dormire la notte, dormivo quattro, al massimo cinque ore per notte, nonostante andassi a letto ogni giorno alle dieci. Volevo sbarazzarmi di queste cattive abitudini quotidiane, avevo bisogno di cambiare, ma sembrava che il mio corpo non si adattasse rapidamente alle sane abitudini dopo cinque anni di pessime abitudini.

Tra due settimane mi trasferisco a casa mia: un bilocale con vista sul parco, al quinto piano di un palazzo. L’ex proprietario ha quasi finito di ristrutturare i bagni e di mettere a norma l’impianto elettrico. Non vedo l’ora di prendere le chiavi e di mettere le radici nella nuova casa, in modo che sia una casa e non solo un posto dove vado a dormire, quattro ore a notte, e mi cambio i vestiti.

Stasera ci sarà la festa di fidanzamento di mia sorella Ana. Siccome sono il testimone della sposa, dopo la richiesta ho interpretato il ruolo del fratello tenendo il solito discorso, una sorta di raccomandazione allo sposo di renderla felice, anche se so che è inutile. Renato è innamorato di lei da quando erano bambini, e so che farà di tutto per accontentarla.

Il ricevimento che si svolge a casa dei miei genitori è privato. Mia madre ha assunto un servizio di catering che si occupi del buffet e del dopo cena. Ana e Renato hanno tagliato la torta più buona che abbia mai mangiato. Ho un debole per il cioccolato e la torta, nonostante esternamente sia bianca, all’interno è di cioccolato delizioso e ha un ripieno di latte condensato. Quella torta mi ricorda la mia ex ragazza. Jade. Amava preparare le torte e i dolci e si stava specializzando in gastronomia quando abbiamo iniziato a frequentarci. Tutto quello che toccava, aveva un sapore incredibile, e, quando ci penso, sento quasi il sapore della torta al cioccolato con latte condensato che preparava sempre.

In effetti, ho evitato di ricordare Jade il più possibile. Non che la nostra storia sia finita male. Anzi, il contrario. Dalla prima volta che ho posato lo sguardo su di lei, mi sono sentito completamente scosso. Ci siamo incontrati a una festa a cui non avevo neanche intenzione di andare, perché ero andato a un’altra festa con i miei amici. Ma, visto che uno di loro aveva insistito tanto, ho finito per decidere di fermarmi a vedere come andavano le cose. Jade se ne stava andando ma ho fatto di tutto per farla restare con me, anche solo per un altro po’. Quel primo appuntamento si è trasformato nella storia d’amore più intensa e più appassionata che io abbia mai avuto, ma purtroppo non è durata a lungo. Quando sono stato selezionato per andare a lavorare alla banca federale, mi sono dovuto trasferire a Brasilia e lei non è potuta venire con me. Avendo perso la madre da bambina, si prendeva cura della sorella più piccola, che all’epoca aveva quattordici anni. Era molto legata a suo padre e, inoltre, stava ancora studiando. Non potevo rinunciare alla stabilità e allo stipendio che mi avrebbe dato quel lavoro, nonostante i miei sentimenti per lei fossero molto intensi.

Chiudo gli occhi e mi sovviene l’immagine di Jade. I suoi capelli neri, morbidi e lucenti, lunghi fino alla vita. I suoi occhi erano di un’incredibile tonalità di verde ed era curioso come si abbinassero perfettamente al suo nome. Il suo corpo a clessidra era perfetto nonostante lei continuasse a lamentarsi che doveva dimagrire, ma non poteva perché mangiava tutto quello che cucinava. Inoltre, aveva un naso a punta e una fossetta sulla guancia sinistra che spuntava quando sorrideva. Era la ragazza più bella che avessi mai visto in vita mia e l’unica che suscitava in me i sentimenti più profondi e meravigliosi che avessi mai provato per qualcuno.

Era stato difficile lasciarla e, nonostante inizialmente pensassi di mantenere la nostra relazione a distanza, sapevo che non sarebbe stato giusto per lei. Jade era solo una ragazza e non sapevo nemmeno se quella relazione avrebbe avuto un futuro. Tuttavia, a essere onesto, devo confessare che non l’ho mai dimenticata.

Il ricordo del suo dolce sorriso arriva nei momenti più inaspettati. Spesso a notte fonda, quando non riesco a dormire, concedo a me stesso di sentire la sua mancanza. Lei. I nostri momenti divertenti. La sua incredibile risata. I nostri baci mozzafiato. Le sue torte e i suoi dolci deliziosi. E, sebbene fossimo diversi l’uno dall’altra, stavamo molto bene insieme. E questi ricordi suscitano in me una certa malinconia e mi spingono a chiedermi se ho fatto la scelta giusta preferendo la carriera invece della nostra relazione.

Quando la nostalgia ha iniziato a mettere in discussione le mie scelte di vita e mi sono ritrovato con il telefono in mano, chiedendomi se dovessi chiamarla…almeno per sapere se stesse bene, mi sono tuffato nel lavoro per togliermela dalla testa. Non era giusto sognare e sperare in qualcosa che non sarebbe successo. Vivevamo in due parti opposte del paese e, forse, era già sposata e aveva dei figli.

Questo pensiero mi fa storcere il naso per l’avversione. Prendo un altro bicchiere di champagne dal vassoio di un cameriere che sta passando davanti a me e bevo velocemente il liquido frizzante prima di chiamarla e di intromettermi nella sua vita.

Dall’altra parte della stanza, un vecchio compagno di scuola mi saluta. Sorrido e vado da lui per parlargli. Era proprio quello di cui avevo bisogno, qualcosa per fuggire dai ricordi del passato.

“Tieni i tuoi pensieri al sicuro, Alex,” dico tra me, “e i piedi per terra.”


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