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— Mio Dio, stasera in quell’arena c’erano migliaia di persone, — mormorò, angosciata.
In TV un medico stava rilasciando un’intervista.
— I pazienti infetti possono manifestare fiato corto, tosse, febbre… — Babi si passò una mano sulla fronte. Non sembrava calda. Non aveva la tosse ma…, sicuramente, aveva il fiato corto. Vedeva il suo petto sollevarsi e abbassarsi con difficoltà e si agitò di più. Le sudavano le mani e iniziò a tremare. Fino a quando, in un lampo di lucidità, sentì risuonare nella sua testa: calmati, è solo l’ansia che cerca di controllarti. Non sei malata. Non morirai. Calmati.
Spense la TV. Sentire tutti quegli esperti e i giornalisti, non le sarebbe servito a nulla. In altre circostanze, avrebbe aperto i suoi social, avrebbe fatto un video, parlato del concerto e delle persone che aveva incontrato, pubblicato foto e guardato le reazioni. Ma in quel momento, tutto quello che voleva fare, era raggomitolarsi e andare a dormire.
***
I giorni seguenti, tutti i discorsi nel paese vertevano sulla terribile pandemia. Il numero dei contagi era aumentato, così come i decessi. Babi era rimasta isolata, al chiuso, come raccomandato dalle autorità sanitarie, ma si sentiva sempre più sola. Contrariamente a quanto immaginasse, aveva firmato più contratti pubblicitari. Aveva deciso di licenziare Renata per quello che aveva fatto, ma Sandro l’aveva convinta a ripensarci. Era una persona di fiducia e in quel momento aveva cercato di proteggerla. Anche se con i mezzi sbagliati.
E quella paura che lei provava, e che la gente diceva fosse infondata, sembrava essersi impadronita di tutti a giudicare da quello che vedeva in TV e che leggeva su internet. Sui social media, l’hashtag #stayhome era diventato virale. Si chiedeva a tutti coloro che non avevano bisogno di non uscire da casa per evitare affollamenti.
Ovviamente, Babi non sarebbe uscita per nessun motivo. Il frigorifero era pieno e, per il momento, non aveva bisogno di nulla. Da sola nell’appartamento, trascorreva le sue giornate a guardare programmi televisivi sul coronavirus. Non riusciva a smettere di guardare tutto quello che veniva detto a riguardo. Gli unici post che scriveva sui suoi social erano quelli relativi al lavoro. Renata le aveva fatto un programma di video da registrare e per farlo le aveva organizzato un pomeriggio intero. Aveva lasciato tutto pronto e i post programmati in modo da non doverli fare tutti i giorni.
Fino al momento in cui Babi iniziò ad avvertire dolori alla schiena e un forte mal di testa. Poi comparve la mancanza di respiro. La difficoltà a respirare divenne tale che dovette chiamare il dottor Luiz e chiedergli aiuto.
Tennero una visita in videoconferenza e lui le consigliò di sottoporsi al tampone per sapere se fosse stata contagiata. Non lo disse a nessuno. Sapeva che se ne avesse parlato con qualcuno del suo team, l’informazione sarebbe trapelata alla stampa e non era pronta a vedere sui giornali la notizia che era malata. Fissò un appuntamento a domicilio con il laboratorio consigliato dal suo medico e fece il tampone.
Quelli furono i due giorni peggiori della sua vita. Quando ricevette il risultato e vide che era negativo, che non era malata, fu come se qualcuno le avesse rimosso un peso enorme dalla schiena. Ma i sintomi erano ancora presenti. Sempre più intensi.
Attacchi di ansia, le diagnosticò il medico. Di nuovo.
Non riusciva a gestire tutto. La malattia. Le persone che soffrivano. I morti. La perdita della libertà. La solitudine. Sapeva quanto fosse privilegiata sotto molti aspetti, ma quel dolore che provava nell’anima era troppo da sopportare.
Quella sera, prima di andare a letto, parlò con sua madre e con suo fratello. Stavano bene e in salute. La madre viveva temporaneamente con il figlio maggiore a Belo Horizonte per non restare da sola. Dopo aver riattaccato, Babi pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Cercava di essere forte, di rispettare un programma e di affrontare l’isolamento, ma tutto a spese del suo cuore spezzato. Non riusciva a capire come potesse accadere tutto ciò. Era il 2020, dopotutto. Era inimmaginabile una cosa del genere.
Seduta in salotto, si guardò intorno nella stanza ammobiliata con gusto. Era come se tutto fosse immutato. Come se il suo mondo – e probabilmente quello di milioni di persone – non fosse cambiato. Come se continuasse come sempre.
Ma tutto era cambiato.
Guardandosi di nuovo intorno, sentì come se le pareti si stessero richiudendo lentamente su di lei. Fu in quel momento che le venne in mente uno dei sogni ricorrenti delle sue notti trascorse quasi insonne. Chiudendo gli occhi, ricordò chiaramente la casetta alla periferia della città in cui era nata, nelle campagne del Minas Gerais, dove lei, sua madre e suo fratello maggiore erano soliti trascorrere le serate di Capodanno.
Nella sua mente iniziò a prendere forma un’idea. Dovrei…?
Con gli occhi chiusi, poteva quasi sentire il profumo dei fiori del giardino di casa, che veniva curato dal signor Antonio, il custode che vi si recava una volta a settimana. Amava quel posto. Ogni volta che ci andava, era come ricaricarsi le batterie e rigenerarsi.
— Adesso basta — ripeté fra sé. Si alzò dal divano e andò direttamente all’armadio per preparare le valigie. Era da sola in quell’appartamento, almeno sarebbe stata da sola nel posto che amava di più al mondo. Aveva bisogno di un po’ di tempo per se stessa, lontano da tutti. Da quel mondo in cui stava vivendo.
Prese il suo cellulare e premette il tasto di selezione rapida. Quando dall’altro capo del telefono risposero, andò dritta al punto.
— Sospendi tutte le attività. Tranne quelle che hai già fissato e che devo postare sui social, per ora non voglio pubblicare altri post.
—Ma, Babi... — protestò Renata, ma la ragazza non la lasciò finire.
— Dì al contabile di continuare a pagare normalmente tutta la squadra e fai sapere a tutti che manterranno il lavoro, ma ci prendiamo una pausa.
Aveva investito la maggior parte di quello che aveva guadagnato ed era in grado di poter continuare a pagare tutta la squadra.
Signore ti ringrazio per i piccoli miracoli. Non voleva neanche pensare alla possibilità di dover licenziare qualcuno nel bel mezzo di una pandemia.
— Ma questo è un ottimo momento per fare soldi. Ci sono sponsor interessati a promuovere delle dirette streaming con te.
— Basta così, Renata. Non mi interessano le dirette streaming. Sono stanca di sentirne parlare. Non sono una cantante, un’attrice o una persona che può intrattenere qualcuno. Questo è un momento serio. Stiamo vivendo una pandemia. La gente ha bisogno di nutrire la propria anima con cose buone, non con frivolezze. E anch’io. Vado a Minas. Ho bisogno di un po’ di tempo.
Avrebbe potuto quasi vedere Renata che si portava il dito medio alla fronte, per cercare un po’ di autocontrollo e di argomenti per dissuaderla da quell’idea. Ma Babi era determinata a riprendere il controllo della propria vita.
— Va bene — disse la manager, riluttante. — Mi arrendo. Forse ti farà bene stare via per un po’. In quel luogo sperduto dove vuoi andare, le cose devono essere un po’ più tranquille per quanto riguarda la pandemia.
Per la prima volta, dopo tanti giorni, Babi sorrise. Aveva ancora paura della malattia, era angosciata e provava incertezza e solitudine. Ma stava tornando a casa. Finalmente qualcosa sembrava tornare al proprio posto.
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