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Incantata Dal Capitano
Incantata Dal Capitano
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Incantata Dal Capitano

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Incantata Dal Capitano
Amanda Mariel

Possono due persone i cui destini sono del tutto diversi, avere qualcosa in comune? Miss Prudence Drake non desidera niente di più che tornare in America e raccogliere i cocci della propria vita. Dopo essere stata tenuta prigioniera sulla Black Dawn ed avere assistito all'assassinio di suo padre, l'ultima cosa che desidera è ritrovarsi nelle mani di un altro pirata- anche se è bello ed è un uomo d'onore. Il capitano Jasper Blackmore ha ripudiato il proprio passato, allontanandosi dalle coste dell'Inghilterra alla ricerca di nuove avventure, dopo che la guerra gli aveva lasciato delle cicatrici fisiche ed era stato tradito dall'unica donna che avesse mai osato amare, Una fanciulla americana di buona famiglia non potrebbe mai adattarsi al suo mondo, nonostante l'attrazione che prova per lei. Possono due persone i cui destini sono del tutto diversi, avere qualcosa in comune?

Amanda Mariel

Incantata dal Capitano

INCANTATA DAL CAPITANO

AMANDA MARIEL

Traduzione di VALENTINA GIGLIO

Incantata dal capitano

Amori da favola libro 2

di

Amanda Mariel

Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, organizzazioni, luoghi, eventi ed accadimenti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore o sono usati in modo fittizio.

Copyright © 2016 Amanda Mariel Tutti i diritti sono riservati

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o salvata in un sistema di conservazione delle informazioni, o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, tramite fotocopie o registrazioni, senza il permesso scritto dell'editore.

Pubblicato da Tektime

Traduzione di Valentina Giglio

Aaron, questo è per te! Non preoccuparti: sono ancora al lavoro sul Medioevo. Per ora, eccoti un pirata. Non ti piacciono le sorelline? LOL!

Grazie al mio editor ed ai miei beta lettori per avermi aiutata a dare forma e a migliorare la storia di Prudence. Anche la mia famiglia merita un grande grazie. Il vostro sostegno ed entusiasmo significano moltissimo per me. Mamma, sei sempre la prima a leggere i miei manoscritti e le tue note e suggerimenti sono inestimabili. E un enorme grazie va ai miei lettori che continuano ad incoraggiarmi ed a leggere i miei libri. Vi adoro tutti!

PROLOGO

Boston, Massachusetts, 1818

Prudence Drake chinò la testa da un lato, fissando il padre oltre il bordo della sua tazza di tè. “Non potete partire così presto. Sono passate solo due settimane dal vostro ultimo viaggio.” Detestava rimanere da sola mentre suo papà andava per mare. Non c'erano nuove avventure da vivere lì a Boston e, anche se le piaceva la sua casa, non aveva la testa per governarla. Avrebbe semplicemente dovuto convincere suo padre a portarla con sé.

Lui si appoggiò allo schienale della sedia foderata di broccato ed incrociò le gambe, tenendo in mano la tazza di tè. “Si tratta di affari, Poppet. Tornerò molto presto. Non ti accorgerai nemmeno della mia assenza.” A ventun anni, si sentiva troppo vecchia per quel soprannome, eppure le piaceva quando suo padre la chiamava affettuosamente in quel modo. Un leggero sorriso le increspò le labbra. “Portatemi con voi.”

“Andrò fino a Londra. Potrebbe essere un viaggio pericoloso, molto diverso dal navigare su e giù lungo la costa come sei abituata a fare.”

“Per favore”, disse lei persuasiva, rivolgendogli il suo migliore sguardo imbronciato. “Non vi darò fastidio. Lo prometto.”

Durante quei ventun anni, erano stati solo lei e suo padre. Sua madre era morta dandola alla luce e, anche se lei a volte aveva desiderato avere una madre, tutto ciò che voleva era stare con il papà. Alcuni tra i suoi ricordi più belli erano legati a quando andava per mare con lui. Forse il loro legame era ancora più forte per tutto quel tempo che passavano insieme- loro due da soli.

Lui si massaggiò la mascella. “Non mi dai mai problemi, Poppet. Comunque, il tuo posto è qui. Chi si occuperà di tutto, se vieni con me?”

“Mr Stratford è molto in gamba. Saprà occuparsi molto meglio degli affari di me.” Posò la tazza di tè sul tavolo. “Lo avete preparato per anni.”

“E' vero, ma io mi riferivo alla nostra proprietà.”

“Oh, padre, non me ne importa niente delle responsabilità casalinghe, e lo sapete bene.” Scosse la testa con aria di sfida. “La nostra servitù si occupa di tutte le questioni domestiche. Ce la faranno lo stesso, se io non sarò a casa.”

Suo padre ridacchiò, con gli occhi che brillavano. “Temevo che questa carenza ti avrebbe fatto restare zitella; siamo stato fortunati che Mr Stratford si sia invaghito di te.” Volse lo sguardo alla miniatura della madre della ragazza sulla scrivania. “Forse sarebbe stato meglio se mi fossi sposato di nuovo. La guida di una donna ti avrebbe fatto bene.”

“Non pensate al passato, padre. Non quando il futuro è luminoso.” Mr Stratford era un uomo piacevole ed anche abbastanza bello: sarebbe stato un buon marito per lei. Non c'erano state scintille ed eccitazione tra di loro, ma il tempo avrebbe potuto cambiare le cose. Le stava facendo una corte assidua e tutti si aspettavano che le facesse presto la proposta. Ma la cosa più importante, era che suo padre desiderava quel matrimonio per lei.

“Veramente luminoso. E questa è una ragione di più perché tu rimanga qui.”

Prudence si mordicchiò le labbra, mentre un'idea si formava nella sua mente. Forse…sì, poteva funzionare. “Padre, se mi portate con voi, Mr Stratford avrà il tempo di sentire la mia mancanza. Ciò potrebbe spingerlo a chiedermi di sposarlo.” Si chinò verso di lui. “Dicono che la lontananza faccia crescere gli affetti del cuore.”

Lui emise un sospiro esasperato. “Non hai intenzione di lasciar perdere.”

“No, fino a quando non direte che posso venire. Non lasciatemi qui, padre.” Natalie lo fissò negli occhi verdi ormai segnati dall'età, sollecitandolo a darle il consenso.

Suo padre si sporse in avanti, osservandola, con le dita intrecciate. “Sarà un viaggio lungo, ed a volte anche difficile.”

“Mi piace viaggiare a bordo di una nave.” Gli rivolse quello che sperava fosse un sorriso rassicurante. “E sapete bene che so come devo comportarmi. Posso persino aiutare, se necessario. Mi avete già vista arrampicarmi sulle sartie e riparare le falle. Mi sento più a mio agio su una nave, che qui a casa.”

L'idea stessa di dover dirigere la proprietà le faceva desiderare di scappare. Non era mai stata portata per dare ordini alla servitù, organizzare eventi e ordinare le provviste, tra le altre cose. La governante si era sempre occupata di tutto. Prudence aveva fatto un reale tentativo di imparare come dirigere una casa, ma non era mai stata brava in quel campo.

“Le cabine sono piccole. Molto più piccole di quelle nelle quali hai già viaggiato.” Bevve un sorso di tè.

“Non ho bisogno di molto spazio. Anch'io sono piccola.” Si portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, per dimostrarlo. Una piccola cabina era sempre meglio che essere lasciata a casa, e non stava mentendo: non aveva bisogno di una stanza molto grande, più di quanto avesse bisogno di nastri e fronzoli.

Lui posò la tazza e la osservò. “Sei pronta a condividere una cabina striminzita con la tua cameriera?”

Il suo cuore iniziò a volare: aveva vinto lo scontro. Lo scintillio in fondo agli occhi di suo padre glielo confermava. “Non vedo l'ora. Louisa è con me da talmente tanto tempo, che è diventata un'amica. Sarà una bella avventura.”

Lo sguardo corrugato di suo padre divenne più dolce. “Molto bene. Verrai con me. Avvisa Louisa di preparare il tuo baule e siate pronte a salire a bordo all'alba.”

Prudence si alzò, gli si avvicinò e lo baciò su una guancia. “Grazie. Non ve ne pentirete.”

“Spero proprio di no, Prudence.” Le picchiettò la mano guantata. “Ora, vai.”

“Buonanotte, padre.” Prudence si avviò alla porta con un passo più baldanzoso.

“Sogni d'oro, cara.”

“Solo i più belli.” Gli sorrise da sopra la spalla. “E domani mattina, inizieremo a viverli.”

CAPITOLO 1

Oceano Atlantico, 1818

“Nave all'orizzonte!” Il grido arrivava dalla coffa. Jasper Blackmore sollevò il cannocchiale per controllare. La vista che gli si presentò gli mandò brividi di eccitazione lungo la spina dorsale: una nave pirata e, a giudicare dall'attività sul ponte, aveva affrontato una battaglia di recente. “E' la Black Dawn e sembra carica.” Passò il cannocchiale al timoniere, Reed Hawkins. “Date un'occhiata.”

Sembrava essere passata un' eternità da quando Jasper aveva lasciato la proprietà ducale per combattere contro Napoleone. Allora non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe diventato un pirata e che avrebbe guidato quel mare di taglia-gole senza scrupoli, con suo cugino Hawkins come braccio destro.

“Sembra che abbiamo trovato un bersaglio, Capitano.” Hawkins abbassò il cannocchiale, rivolgendogli un sorriso astuto.

“Dovrebbero essere una facile preda. L'albero maestro sembra danneggiato.” Jasper diede un'altra occhiata. “E sembra che anche loro ci stiano osservando.”

Aveva già avuto a che fare con la Black Dawn in passato. Erano una banda disgustosa, che non si faceva scrupoli ad uccidere innocenti. Quel giorno non avrebbe permesso loro di allontanarsi. Non che gli piacesse uccidere la gente- certamente non gli piaceva- ma dopo tutto quello che aveva visto e sofferto, non avrebbe permesso all'equipaggio della Black Dawn di veder sorgere una nuova alba.

La sua mente ritornò ai giorni in cui aveva fatto il corsaro per la Corona. Alle urla dei suoi uomini feriti e in fin di vita, dopo che la Black Dawn li aveva attaccati. Erano deboli, avevano già riportato dei danni in un scontro precedente ed erano a corto di polvere da sparo per i cannoni. Gli uomini di Jasper avevano combattuto con tutte le loro forze, ma alla fine, la metà dell'equipaggio era andata incontro alla morte.

Hawkins fece un segno di assenso. “Li superiamo per numero di cannoni e di uomini. Partiamo all'inseguimento!”

Jasper si voltò per dare ordini all'equipaggio. “Tutti ai propri posti. Andiamo all'inseguimento della Black Dawn. Caricate i cannoni a dritta e mandate Styles a quello di prua!”

Styles Wither era il miglior dannato cannoniere che Jasper avesse mai avuto ai suoi comandi. Nonostante la velocità della nave e l'equipaggio esperto, dovevano comunque confrontarsi con un nemico che non erano ancora riusciti a sconfiggere. Ma quel giorno sarebbe stato diverso: avrebbero vinto la battaglia e ne avrebbero tratto vantaggio.

Strinse le dita intorno all'elsa della sciabola, mentre l'eccitazione per la battaglia gli riscaldava il sangue. Il fatto che la strada che aveva scelto irritasse suo padre, rendeva le cose ancora più dolci. Agli occhi del duca, Jasper aveva cessato di esistere quando aveva fatto a pugni con il fratello maggiore a causa della donna che stava corteggiando. Miss Anna lo aveva messo da parte a favore dell'erede ducale. Il padre aveva ordinato a Jasper di inchinarsi di fronte al fratello, dimenticare il tradimento e comportarsi da bravo figlio di scorta. Ma non sarebbe accaduto. Jasper aveva lasciato quella casa senza voltarsi indietro, anche se manteneva una corrispondenza con la madre e la sorella. Il duca doveva essere molto arrabbiato con il figlio pirata- una cosa che andava molto bene a Jasper.

Si avvicinò al parapetto del ponte principale, mentre la distanza tra la Marion e la BlackDawn si accorciava. La Black Dawn danneggiata non aveva alcuna possibilità di superarli in velocità. Proprio come era successo al suo stesso equipaggio molti anni prima. Sollevò di nuovo il cannocchiale e sorrise. Una raffica di attività e di richiami di battaglia percorreva i ponti, mentre gli uomini si affaccendavano nei preparativi. Con le sciabole che oscillavano, correvano ai loro posti, posizionandosi dietro ai cannoni, lungo i parapetti e sul sartiame. I cannoni vennero innescati, mentre la polvere da sparo veniva trasportata di corsa di qua e di là lungo i ponti. L'aria crepitava del desiderio di battaglia, che alimentava le ambizioni di ogni uomo.

Jasper rivolse l'attenzione ad Hawkins, dandogli una pacca sulla spalla. “Oggi sarà la volta buona.” Finalmente si sarebbe vendicato e nello stesso tempo, lui ed il suo equipaggio ne avrebbero tratto profitto.

“Non ne dubito, Capitano.” Hawkins si voltò per gridare nuovi ordini, prima di riportare gli occhi su Jasper. “Siamo quasi a portata di tiro.”

Un sudore freddo scese lungo la spina dorsale di Jasper. Erano passati anni dal suo ultimo incontro con la Black Dawn: cosa sarebbe successo se avesse sopravvalutato il proprio equipaggio e sottostimato quello della nave rivale? Era possibile che avesse firmato la sentenza di morte dei suoi uomini, dando inizio all'attacco? Cosa sarebbe successo agli orfani, senza il suo costante supporto? Deglutì a vuoto, scacciando via i dubbi. Il suo equipaggio era il migliore di sempre e la Marion era la nave migliore di tutti i mari. Niente sarebbe andato storto quel giorno. Avrebbero visto il sole tramontare quella sera e ciascuno avrebbe tratto benefici da quell'attacco.

Jasper strinse più forte l'elsa della sciabola. “Aspettate. Ancora qualche minuto, poi potremo spazzarli via dalla superficie dell'oceano.”

“Darò ordine a Styles di puntare a quello che resta del loro albero maestro.” Hawkins iniziò a muoversi verso il cannone di prua.

Quel suggerimento avrebbe posto fine rapidamente alla battaglia, ma sembrava fin troppo facile. Dovevano dare all'altra nave almeno una possibilità di combattere. Come avrebbe potuto guardare ancora se stesso allo specchio la mattina dopo, se li avesse colti con le braghe calate, come loro avevano fatto con lui?

“Aspettate”, Jasper lo richiamò.

Hawkins si girò, inarcando un sopracciglio. “Per quale motivo?” L'irritazione colpì Jasper alla nuca. “Non è vostro dovere mettere in dubbio i miei ordini.”

“Le mie scuse, capitano. Qual'è il vostro piano per la Black Dawn, se non spezzare l'albero maestro?”

Sarebbe stato un uomo migliore e avrebbe dato loro la possibilità di difendersi. “La nave è già danneggiata. L'albero è spezzato. Sarebbe fin troppo facile spazzarla via completamente. Voglio un po' di sfida.” Jasper aveva la reputazione di essere allo stesso tempo feroce e corretto, e voleva difenderla. Era noto per attaccare solo i pirati e concedere una tregua, se lo riteneva appropriato. Il suo equipaggio e la sua nave erano temuti e rispettati in ugual misura da quelli degli altri capitani. Non avrebbe rovinato la propria reputazione scegliendo la via più semplice con la Black Dawn. Nessuno avrebbe mai potuto chiamarlo codardo o accusarlo di essere un assassino senza cuore.

Un sorriso incise delle rughe sul volto di Hawkins. “Sono tutto orecchie.”

“Dite a Styles di continuare a sparare. Danneggeremo il ponte ed il sartiame. Dobbiamo dimostrare abbastanza forza da guadagnarci la loro resa. Voglio guardare il capitano Gregor negli occhi, prima di fargliela pagare per i suoi abusi.” Quell'uomo doveva sapere cosa aveva fatto e chi gliela stava facendo pagare per tutto ciò.

“Molto bene.” Hawkins si allontanò per dare ordini. Qualche colpo ben piazzato, e l'equipaggio di Jasper sarebbe stato pronto ad andare all'arrembaggio della Black Dawn. Gli uomini avrebbero liberato il carico, poi avrebbero spedito quella corvetta zoppicante in fondo al mare. Equipaggio e quant'altro. Gregor e i suoi uomini non avrebbero mai più fatto del male a degli innocenti né avrebbero più approfittato di qualcuno incapace di difendersi.

Prudence cercò di mettersi a sedere mentre i colpi di cannone esplodevano nell'aria. Era possibile che le stesse succedendo di nuovo? No, non era possibile. Sicuramente sarebbero venuti a salvarla. Non potevano essere degli altri pirati. Cercò di liberarsi dalle corde che la legavano, sperando che la nave che stava attaccando l'avrebbe salvata. Pregava che fosse la Marina. Che fosse il suo soccorritore.

Le bruciavano i polsi a forza di lottare contro le corde. Eppure, doveva provarci se voleva riacquistare la libertà. Un altro colpo spezzò l'aria e lei si abbassò d'istinto, con il cuore in tumulto mentre la nave tremava. Cosa sarebbe successo, se fosse affondata mentre lei era legata a quel dannato letto? Sarebbe annegata, senza che nessuno potesse sapere cosa le era successo. Chi si sarebbe occupato degli affari di famiglia? Chi avrebbe onorato la memoria di suo padre e di Louisa? Scacciò via quei pensieri: non c'era tempo per rimuginare. Li avrebbe pianti in seguito. Si sarebbe preoccupata del proprio futuro una volta libera di fare qualcosa a quel riguardo. Ora doveva solo concentrarsi per sopravvivere.

Traendo un respiro profondo, si guardò intorno nella stanza spoglia e buia. Pensa, Pru. Un rumore attirò la sua attenzione verso la scrivania, dove un bagliore metallico colpì il suo sguardo. La battaglia doveva averlo fatto cadere. Allungò le gambe in quella direzione, grata che il bastardo che l'aveva catturata non l'avesse legata al letto. Invece, l'aveva lasciata sul pavimento, legandola proprio nel punto in cui era caduta vicino alla struttura di legno. Si sforzò di allungare i piedi nudi verso quell'oggetto, ma restò fuori dalla sua portata. I suoi polsi gridarono mentre un dolore accecante li attraversava per risalire lungo le braccia, mentre cercava di girarsi sul ventre.

Ignorando i lamenti dei suoi muscoli doloranti, continuò a cercare l'oggetto a tastoni. Alla fine, riuscì ad arrivare a quella superficie fredda e dura e la afferrò con le dita dei piedi. Doveva essere un coltello e lei aggiunse ancora una ferita al proprio corpo, nel momento in cui lo afferrò. Si morse il labbro inferiore mentre cercava di spingere la lama verso di sé, ignorando il bruciore di quell'ultimo taglio. Inarcò la schiena ed afferrò il coltello con le mani, prima di riuscire a mettersi seduta.

Un altro colpo di cannone le mandò dei brividi lungo la colonna vertebrale. Il coltello sfuggì alle sue dita tremanti, sbattendo contro le assi di legno del pavimento. Strinse le labbra in una linea sottile e mosse le dita dietro di sé, cercandolo di nuovo.

Quando la lama fu di nuovo nelle sue mani, si mise al lavoro per tagliare le corde. Un rumore pesante di stivali riecheggiava sopra di lei, seguendo il ritmo del suo cuore. Segava freneticamente, spinta dalla disperazione. Infine le corde cedettero e lei balzò in piedi.

Le facevano male i polsi, ma non aveva tempo di controllare o di medicarli. Corse alla porta, con i piedi che le bruciavano ad ogni passo, e si aggrappò alla maniglia. Con sua grande sorpresa, si aprì senza resistere, facendola cadere indietro lungo la traccia del suo stesso sangue. Sembrava che quel dannato bastardo non credesse che lei potesse scappare.

Si raddrizzò, poi si avviò lungo il corridoio. Tenendo con una mano il suo corpetto strappato ed il coltello con l'altra, si fece strada nel lungo corridoio. Se fosse riuscita a sgattaiolare sul ponte, forse avrebbe avuto una possibilità di sopravvivere.

Le sue impronte insanguinate avrebbero rivelato la sua posizione, ma con un po' di fortuna, quando i pirati avessero seguito le sue tracce, lei sarebbe già stata in salvo. Doveva avere fede, doveva continuare a provare. Non c'era tempo di fasciare la ferita.

Si fermò nel vano della scala. Un uomo robusto con i capelli biondo scuro e duri occhi azzurri ostruiva l'uscita, gettando un'alta ombra su di lei. La luce brillante del sole filtrava tutto intorno a lui, facendolo sembrare un angelo oscuro. Prudence osservò per un attimo la cicatrice a forma di mezzaluna sulla guancia dell'uomo, prima di incrociare il suo sguardo.

Con il cuore in tumulto, tirò fuori il coltello e lo tenne di fronte a sé. “Vi ucciderò prima che possiate toccarmi.”

“Non voglio farvi del male, miss.” Lui iniziò a scendere dalla scala, avvicinandosi a lei. “Fermatevi lì”, gli ordinò, agitando la lama nella sua direzione.

L'uomo sorrise. “Sono il capitano Blackmore della Marion.”

Lei si trattenne dal rivolgergli un sorriso amichevole. Forse la stava ingannando perché si fidasse di lui. Prudence strinse più forte il coltello e fece un passo indietro. Qualcosa dentro di lei le diceva di fare attenzione alle sue affermazioni. Eppure, nulla di ciò che le stava dicendo aveva senso per lei. Voleva solo abbandonare quella dannata nave prima di smettere di respirare. Quell'uomo non indossava un'uniforme della Marina, tuttavia si definiva capitano…”Siete venuto a salvarmi?”

“Sì. Se volete essere salvata.” Scese un altro scalino e lei indietreggiò. “Quindi appartenete alla Marina?” Lui ridacchiò. “Dio, no. Sono un pirata.” Le si gelò il sangue nelle vene, mentre il panico si impadroniva di lei. Erano stati i pirati a causarle tutti i problemi. Avevano ucciso le persone che amava e preso la loro nave. Proprio in quel momento, era la prigioniera di un pirata e cercava di salvarsi da qualsiasi destino lui avesse in serbo per lei. Non avrebbe permesso ad un altro pirata di catturarla. Non glielo avrebbe lasciato fare. Si irrigidì, facendo un profondo respiro. “Allora potete ritornare sul ponte. Non andrò proprio da nessuna parte con un pirata.” Rinforzò la presa sulla lama. Le si rizzarono i capelli sulla nuca quando lo sguardo dell'uomo osservò i suoi piedi sanguinanti, prima di risalire lentamente ad incrociare il suo.

L'uomo saltò giù dalla scala e le afferrò il polso prima che potesse muoversi. “Non mi sventrerete oggi. E per quanto riguarda i pirati, sembra che voi vi troviate già con uno di loro.”

“Non per scelta.” Prudence si strinse nelle spalle, divincolando il braccio e prendendo l'uomo a calci. “Lasciatemi, bruto!”

Lui si chinò fino a che il suo respiro non le sfiorò la guancia. “Ho intenzione di affondare questa nave. Potete venire con me, oppure finire sul fondo dell'oceano.”

“Non farò nessuna delle due cose.” Lei scosse il braccio con tutta la forza che aveva. Niente le avrebbe fatto più piacere, che assistere alla sconfitta dei suoi aguzzini. Tuttavia, nonostante il suo desiderio di vendetta, non avrebbe seguito il pirata che le stava davanti. Avrebbe potuto saccheggiare, uccidere ed affondare tutto ciò che voleva, ma lei non sarebbe andata con lui.

La lasciò andare e Prudence cadde a terra, mentre il coltello le sfuggiva dalle mani, allontanandosi lungo il passaggio. Lei si sforzò di recuperare l'arma, ma il pirata l'afferrò, sollevandola dal pavimento ed attirandola a sé. Prudence trattenne il respiro quando sentì il suo corpo solido contro il proprio.

“Non siate sciocca, ragazzina. Cosa intendete fare? Nuotare fino alla riva più vicina? Non ce la farete mai. Sono la vostra unica possibilità di vedere una nuova alba.” Piegò la testa all'indietro e la fissò negli occhi. “Fidatevi di me.”

Quant'era irritante! Pensava davvero che lei fosse una sciocca? “La fiducia non è qualcosa che concedo tanto facilmente.” Lo guardò attentamente.

Il pirata non parlava, continuava solo a fissarla. Lei si mordicchiò il labbro inferiore, nel tentativo di schiarirsi la mente. C'era della sincerità che brillava nelle fredde profondità di quegli occhi azzurri. Anche se lo avrebbe desiderato, non poté ribattere a quell'affermazione. “Molto bene, ma ho bisogno della mia lama.”

“In modo da potermi ancora tagliare la gola? Non penso proprio.” Le rivolse un sorriso demoniaco.

“La fiducia deve essere reciproca.”

“Iniziamo senza armi.” Distolse lo sguardo da lei, volgendolo verso la scala. L'ultima cosa che Prudence desiderasse, era trovarsi indifesa nelle grinfie di un altro pirata sanguinario. Doveva cercare di convincerlo e di mantenere un certo controllo sulla propria vita. “Ho bisogno del coltello per proteggermi”, protestò.