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Tramonto Al Lago Delle Tartarughe
Tramonto Al Lago Delle Tartarughe
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Tramonto Al Lago Delle Tartarughe

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Si chiese se tornare là sarebbe stato davvero un bene, per sua madre. Di certo sarebbe stata felice di ritrovare l’ambiente familiare e le sue vecchie cose, ma poi si sarebbe scontrata anche con i ricordi che la legavano al marito defunto, l’uomo che aveva amato per una vita e perduto troppo presto. Diavolo, erano passati quasi otto anni dalla morte prematura di suo padre, e Sam non aveva ancora elaborato la sua perdita! Forse era questo il problema.

E se fosse una mia incapacità, non riuscire a elaborare le emozioni? Come farò ad accettare la morte di…” rifletté.

Paula, una delle assistenti legali dello studio, fece capolino dalla sua porta aperta.

"Ho i documenti che mi hai chiesto sul caso Young; vuoi dargli un’occhiata?”

Merda. Sam scosse la testa. “Scusa, Paula. Ma devo parlare urgentemente con il signor Chessler. Ho intenzione di prendermi un periodo di ferie, quindi questo caso verrà riassegnato.”

La ragazza si morse il labbro inferiore. "Tua madre?" "Sì." Era stato difficile per Sam mantenere nascosta la malattia di sua madre ai suoi più stretti collaboratori, quindi non si stupì della sua domanda.

"Voglio trascorrere con lei le vacanze di Natale nella nostra vecchia casa."

"Bello." disse Paula. Forse. Sam non ne era così sicuro. Aprì l’ultimo cassetto della scrivania e ne tirò fuori un pacco incartato. "Nel caso non ci vedessimo prima che me ne vado, ti avevo comprato un pensierino per Natale."

Paula appoggiò sulla scrivania i fascicoli che aveva ancora tra le braccia e allungò una mano a prendere il pacchetto. "Grazie, ma lo sai che non dovevi farlo."

"Sapevamo entrambi che lo avrei fatto. Mi hai fatto risparmiare ore di lavoro negli ultimi tempi, e questo regalo è un modo per dimostrarti la mia gratitudine.”

”Vuoi che lo scarto adesso?” chiese Paula, ma Sam scosse la testa. Si sentiva sempre in difficoltà quando si trattava di scartare regali, soprattutto se erano destinati a delle femmine. A parte sua madre, non le conosceva abbastanza per capire i loro gusti e aveva sempre paura di sbagliare. Aveva comprato una sciarpetta firmata per Paula solo perché aveva notato che era solita portarne. "Meglio di no.” rispose.

Paula prese la scatola e la mise insieme ai fascicoli. "Bene, grazie allora. Ti auguro un Natale sereno.”

“Anche a te.” disse Sam.

* * * *

Mentre Gloria dormiva serena al lato opposto della stanza, Ian cominciò tranquillamente a fare i bagagli. Quando Sam l'aveva trasferita a Miami, aveva lasciato intenzionalmente la maggior parte dei suoi vestiti nella vecchia casa, quindi una volta lì avrebbe avuto a disposizione un guardaroba completo per cambiarsi. Guardò l'orologio prima di riporre le valigie nell'armadio. Sam era in ritardo. Ian non aveva ancora parlato a Gloria del viaggio, perché sapeva che a Sam avrebbe fatto piacere dirglielo lui e vedere il viso della sua vecchia madre illuminarsi di gioia, ma lei era crollata prima che lui arrivasse.

Sentendo dei rumori in cucina, uscì nel lungo corridoio dell’attico. Sam era in piedi, con le mani appoggiate sull'isola e la testa china ad ammirare il piano luccicante. Sembrava morto dalla fatica. "Giornata dura?"

Sam alzò la testa. "Si. Il mio capo non è stato molto contento, quando gli ho detto che mi sarei assentato per un po’. Ha fatto delle velate minacce sul mio futuro allo studio.”

Ian aprì il forno a microonde e tirò fuori la cena che aveva preparato prima per Sam. "Che schifo." esclamò. Mise il vassoio col cibo davanti all’amico. "Cos’ hai intenzione di fare?"

Sam scrollò le spalle. "Non lo so. Oltre quel venerdì libero per portare la mamma qui, non mi sono mai preso un giorno di vacanza in due anni. Il mio contratto di lavoro dice che ho diritto a tre settimane di ferie all'anno, quindi, secondo la mia stima, mi sono dovute almeno sei settimane. Se volessi fare lo stronzo, mi rivolgerei all’assessorato per il lavoro e mi farei dare dodici settimane di ferie pagate senza il pericolo di essere licenziato.”

“E questo secondo te sarebbe fare lo stronzo? Se ti sono dovute per legge è un tuo diritto, e basta.” esclamò Ian. Tirò fuori una birra dal frigo. “Ne vuoi una?”

Sam lanciò un'occhiata a Ian prima di scuotere la testa. "Ho bisogno di qualcosa di più forte."

"Vino o bourbon?"

"Bourbon." rispose Sam. "Se chiedo le ferie le otterrò senza problemi, ma al mio ritorno allo studio me la faranno pagare. Diavolo, probabilmente mi costringeranno a occuparmi di cause di serie B per almeno tre anni! Sarò condannato a sorbirmi bancarotte fraudolente e divorzi!”

"Sei un buon avvocato civilista. Se in quello studio non ti rispettano, riuscirai a trovare qualcosa di meglio.”

Ian fece cadere quattro cubetti di ghiaccio in un bicchiere, e due dita abbondanti di bourbon. Sam posizionò il suo vassoio al centro dell’isola, per stare più comodo mentre mangiava, e si accomodò su uno degli sgabelli da bar.

"Grazie, per avermi preparato la cena.”

"Te l'ho detto, devo comunque prepararla per me e per Gloria, quindi non è un problema." Ian si sedette sul bancone, proprio di fronte all’isola. Aveva notato in più di un'occasione che Sam si innervosiva se si sedeva troppo vicino a lui. “Hai già preso accordi con la compagnia aerea o preferisci che lo faccia io?”

“Se ne è occupata la mia segretaria. Partiremo giovedì mattina sul presto. Così avrò il tempo di sistemare le cose e dare un’ultima occhiata alle mie pratiche.”

Sam tagliò un pezzo di roast beef e Ian rimase a fissare la sua bocca mentre lo masticava. Vederlo mangiare lo eccitava, e lo distraeva da tutto il resto. Quante notti era rimasto a letto a pensare a come sarebbe stato sentirsi quella bocca carnosa intorno al suo pene! Aveva goduto con lui una volta sola, mesi prima; poi Sam aveva troncato la loro relazione sul nascere. Da quel giorno, anzi, lo aveva guardato a malapena.

"Ian?" lo chiamò Sam, mentre si metteva un altro pezzo di carne in bocca. Ian sbatté le palpebre.

"Sì?"

"Per favore, non fissarmi in quel modo. Te l'ho già detto, non posso avere una relazione con te.”

" Hai ragione. " Ian saltò giù dal bancone. "Comunque, non ho ancora detto niente a Gloria, del viaggio.” Afferrò una bottiglia di birra e uscì dalla cucina. "Ci vediamo domani." "Ian?" lo chiamò Sam.

"Sì?"

"Non c’è niente di personale. Solo, che non mi sembra una buona idea. Mia madre ha troppo bisogno di te per rischiare di far saltare tutto.”

Ian fece un sorso di birra. Avrebbe voluto dire a Sam che l’unica cosa di cui Gloria aveva davvero bisogno era l'amore del suo unico figlio, ma tacque: non erano affari suoi. Sam aveva ragione su una cosa: se si fossero messi insieme e qualcosa fosse andato storto, lui non avrebbe avuto altra scelta che andarsene e mollare sua madre. Sarebbe stato troppo difficile continuare a occuparsi di lei.

Salutò Sam con un cenno del capo e si diresse verso la sua piccola camera da letto. Aveva telefonato a sua sorella la sera prima per informarla che non avrebbe passato con lei le feste di Natale, e per sapere come stava papà.

Maria era sembrata sconvolta all'idea di non vedere Ian per Natale e aveva cercato di convincerlo ad andare dicendogli che i suoi nipoti, Kyle e Patrick, si sarebbero messi a piangere, quando lo avessero saputo. Lui aveva promesso che, una volta che fosse riuscito a liberarsi, avrebbe portato loro un bellissimo regalo dal Minnesota e poi aveva chiesto di nuovo come stava papà. Maria gli aveva detto che non era cambiato molto, era scontroso e taciturno come sempre. La cosa non lo sorprese affatto, ma si sentiva molto in colpa nei confronti di sua sorella maggiore.

La morte della loro madre, Claudia, quattro anni prima, era stata uno shock per tutti; e ancor più assistere al tracollo dell’attivo cinquantenne che conoscevano, divenuto di colpo una larva umana. Nessuno poteva prevedere quell’ictus, mentre lui era al lavoro. Chissà perché, ma suo padre Joe si era sentito ingiustamente in colpa, per la morte della moglie. In famiglia nessuno si era mai sognato di accusarlo di qualcosa, eppure suo padre non era riuscito a farsene una ragione. Non era mai stato un padre particolarmente affettuoso, ma la vedovanza lo aveva reso ancora più taciturno e solitario, fino a quando…

Ian finì la sua birra. Posò la bottiglia vuota sulla mensola della tv prima di tirare fuori la valigia da sotto il letto. Aveva sperato di poter tenere compagnia alla sorella e ai nipoti durante le feste ma…pazienza. A Sam avrebbe fatto bene prendersi cura di sua madre per un po’ e Gloria sarebbe morta in pace. Ian non aveva mai tollerato il comportamento da stronzo di Sam nei confronti di quella povera donna, ma non aveva mai pensato di costringerlo a fare il suo dovere di figlio, anche se era profondamente convinto che sarebbe stato suo dovere scambiare quattro chiacchiere con lui, a riguardo.

Ian non sapeva con sicurezza quanto a Gloria restasse da vivere, ma intuiva che Sam aveva poco tempo per regolare i conti con se stesso. Quando pensava alla propria madre, non faceva che tormentarsi per non averle potuto dire addio un’ultima volta, e si augurava che Sam non provasse mai un simile dolore.

Meccanicamente, tirò fuori dal cassetto un paio di pantaloni da pigiama nuovi e si preparò per farsi una doccia. La sua camera da letto era accanto a quella di Sam, e quello era l'unico momento della giornata in cui poteva toccarsi senza il timore che nessuno l’ascoltasse. Uscì un attimo fuori al corridoio per controllare Gloria e vide Sam, sulla soglia della porta e con le mani in tasca, che la guardava dormire in silenzio.

"Tutto bene?" A Ian non sembrava che il monitor di emergenza avesse segnalato qualcosa, ma poteva non aver sentito.

Sam si voltò di scatto. “Tutto ok. Le sto solo dando un’occhiata, prima di andare a dormire. " Il suo sguardo si posò sul pigiama verde che Ian aveva in mano. "Vai a farti una doccia?" Ian annuì. "Mi dispiace per prima." disse Sam, voltandogli di nuovo le spalle. "Ho molti problemi, per la testa, e non sono dell’umore giusto."

"Non fa niente.” rispose Ian. Gli dispiaceva, ma non poteva biasimarlo per la sua decisione di rimanere distanti, fin quando Gloria fosse rimasta in vita. "Ci vediamo domattina."

"Probabilmente uscirò di casa presto, quindi se non ci sono, ci vediamo domani sera." "Okay," mormorò Ian, avviandosi verso il bagno.

Di solito, quando Sam veniva a trovarli, non trascorreva mai con lui tanto tempo. Non aveva la più pallida idea di come sarebbe stato trovarselo sempre intorno, una volta arrivati in Minnesota. Chiuse la porta del bagno, e fissò la sua erezione traditrice.

"Qualcosa mi dice che sono in arrivo dei guai.” mormorò.


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