скачать книгу бесплатно
Mac annuì, guardando di nuovo il toro. “È stato tutto orchestrato per fargli avere un alibi. Vi dico una cosa, quell’uomo non mi è sempre stato indifferente, ma chiunque possa mandare a fare una cosa come questa dev’essere malato”.
“Sì, penso che su questo siamo tutti d’accordo. Il problema è riuscire a trovare un elemento che lo colleghi al crimine” disse Rwaley, facendosi avanti. “Qui è tutto secco e non ci sono impronte. Comunque continuerò a cercare”. Poi indicò il toro morto. “Che ci farai, con Buford?”.
“Shelby è nella parte est del pascolo orientale a scavare una buca proprio adesso. Verrà a prenderlo con il trattore quando ha finito”.
Rawley si passò le dita tra i corti capelli neri e guardò Mac. “Il proiettile è ancora dentro?”.
Mac guardò l’animale. “Non c’è ferita d’uscita, quindi sì. Vuoi che provi a tirarlo fuori?”.
“Se ci riesci senza danneggiare il proiettile. Lo manderò al laboratorio della scientifica di Lincoln per far fare una perizia balistica. È un po’ un azzardo, ma è probabile che sia l’unica prova che abbiamo”.
Garron guardò Rawley. “Hai fatto qualche foto? Di certo la compagni di assicurazioni vorraà vedere anche quelle, oltre che hai rapporti che farete tu e Mac”.
“Sì, le ho fatte. Non è la mia prima volta, sai” sottolineò Rawley.
“Scusa, mi è uscito male. Volevo solo assicurarmi che fosse tutto apposto, prima di portare Sonny a casa”.
“Portacelo pure, qui finiamo noi”.
Garron guardò Sonny. “Dov’è il furgone?”.
“L’ha preso Shelby. Immagino che dovrò venire con te sul fuoristrada” gli strizzò l’occhio. “Che peccato”.
Con uno schiaffo sul culo a Sonny, Garron salutò Mac, Jeb e Rawley.
* * * *
Quando arrivarono a casa, entrambi erano già arrapati da morire. Entrando in cucina, Garron si attaccò alle sue labbra. “Ho bisogno di te”.
“Sì” disse Sonny, togliendo i vestiti a Garron. Riuscì a sollevargli la maglietta sopra la testa, prima di iniziare a dedicarsi alla sua patta. Non appena ebbe finito di sbottonare e tirare giù la zip, Sonny si inginocchiò. Passò la lingua sulla punta del cazzo di Garron e gemette quando assaggiò il liquido preseminale. “Hai un sapore che adoro” disse, prima di prendergli in bocca la cappella.
Tirandogli giù i jeans morbidi, fece scorrere le mani sulle sfere sode del culo di Garron. Sentì i suo muscoli tendersi mentre iniziava a darsi delle spinte. Sonny si perse in quell’atto appassionato, facendo scivolre un dito tra le chiappe di Garron e premendo contro il suo buco. Non aveva ancora fatto l’amore con questo culo. Vista la differenza di statura tra i due, Sonny aveva automaticamente assunto il ruolo di passivo, nella relazione. E la cosa era andata benissimo a entrambi. Ora però, voleva entrare dentro Garron con una necessità che non aveva mai sentito prima.
Sonny lasciò andare il cazzo di Garron e lo guardò. “Ti voglio”.
Garron doveva aver capito cosa gli stava chiedendo, perché annuì e lo fece alzare prendendolo per un braccio. “Sarà meglio farlo in camera da letto”. Garron si tirò su i Levi e condusse Sonny per le scale.
Mentre si spogliavano in tutta fretta, Sonny si sentiva nervoso. Non capiva perché. Si era scopato un sacco di uomini, perché questa paura improvvisa di non essere abbastanza bravo?
Quando furono entrambi nudi, al centro del letto, avvolti l’uno nelle braccia dell’altro, finalmente capì. Era la prima volta che faceva l’amore così con un altro uomo. E l’opinione che Garron aveva di lui era importante. Interrompendo il loro bacio, Sonny guardò Garron nei suoi occhi scuri. “Per te va bene?”.
Garron sorrise e tirò su le gambe contro il petto, facendo vedere a Sonny il più bel buco che avesse mai visto. “Ti amo” gli disse. “Non aspettavo altro che tu prendessi l’iniziativa”.
Sonny si rese conto che non importava se faceva tutto alla perfezione. Importava solo il fatto che così poteva esprimere il suo amore per Garron. Il fatto che potesse esprimere il suo amore per Garron amandolo lo faceva. Andando a prendere il lubrificante, Sonny cercò di controllare il proprio respiro. Doveva darsi una calmata. Chissà da quanto tempo Garron non lo faceva e, visto come si sentiva, in questo modo non sarebbe certo durato a lungo.
Dopo essersi leccato le dita, Sonny diede a Garron un bacio profondo, poi ne infilò lentamente uno nella sua apertura. Interrompendo il contatto tra le labbra, sorrise all’uomo che amava.”Tra un paio di settimane è il tuo compleanno”.
Gemendo, Garron mosse il sedere. “Non me lo ricordare”.
“Pensavo di fare una festa. Niente di speciale, possiamo solo affittare la stanza sul retro del Dead Zone. Qualche amico, del buon cibo,” gli strizzò l’occhio “magari quattro salti in pista?”.
Garron si fermò per guardare Sonny negli occhi. “Dici sul serio?”.
Sonny annuì e mise dentro un altro dito. “Certo che dico sul serio. Se poi dovessimo aver voglia di dire qualche parola per impegnarci l’uno con l’altro, davanti ai nostri amici e alle nostre famiglie, ben venga.”
“Mi stai forse chiedendo di sposarti?” ansimò Garron, mentre Sonnyt raggiungeva la sua ghiandola prostatica.
“Lo so che non possiamo sposarci veramente, ma per me ci andrebbe molto vicino”. Lo guardò a lungo negli occhi. “Mi prometti che ci penserai?”.
“Non ho bisogno di pensarci, la risposta è sì”. Garron si dimenò ancora un po’. “Ora fai l’amore con me”.
Sonny tolse le dita e applicò una bella quantità di lubrificante sul suo arnese ingrossato. Poi scivolò tra le cosce aperte di Garron e si posizionò davanti al buco rilassato. “Ti amo” disse, invadendo lentamente il suo corpo.
Una volta dentro fino alla radice, chiuse gli occhi e appoggiò la testa sul suo petto. “Cazzo, non è stata una buona idea”.
Sentì Garron irrigidirsi intorno al suo cazzo. “Non ti piace?”.
Scuotendo la testa, Sonny gli baciò il petto. “Tutto il contrario. Non so se mi andrà mai più di essere passivo”.
Garron ridacchiò e gli diede uno schiaffetto sul culo. “Beh, non abituartici troppo, però una relazione con dei turni equi mi può andare bene. Basta che ti muovi, qui sto impazzendo”.
Sonny gli diede un morso giocoso sul collo e poi iniziò a spingere dentro e fuori. Più Garron gemeva forte, più i suoi fianchi si muovevano velocemente, finchè non si ritrovò a battere come un martello dentro il suo buco caldo. Guardò la sua faccia mentre il sudore iniziava a colargli sul petto e sullo stomaco. “Ti amo” ringhiò.
Stretto dentro la mano di Garron, il suo cazzò esplose in tanti flussi perlati di seme bianco. I movimenti involontari che fece mentre veniva, diedero il via anche a Sonny. Si spinse dentro di lui un’ultima volta e lo riempì con la sua essenza. Crollato sopra Garron, il corpo di Sonny continuava a tremare per l’intensità dell’orgasmo.
Era sudato, affamato, assonnato e appagato. Cosa poteva chiedere di più? Sorrise, mentre Garron lo avvolgeva con le sue gambe. A quanto pare non era l’unico a volere che quel momento non finisse. “Dobbiamo comprare delle fedi?” chiese Garron, accarezzandogli la schiena.
Sonny non aveva pensato agli anelli ma, più lo faceva, più l’immagine di Garron con una fascetta d’oro al dito lo intrigava. Alzò la testa per guardarlo in faccia. “Puoi mettertela, mentre lavori?”.
“La maggior parte delle volte sì. Di sicuro lo dovrò togliere per qualche operazione speciale, ma è così anche per tutti gli altri poliziotti del reparto”.
“Allora sì, anelli per due”. Si stesero di nuovo e si lasciarono andare a un breve pisolino.
* * * *
Quando si misero a tavola per una cena sul tardi, Sonny alzò lo sguardo su Rawley, seduto dall’altra parte del tavolo. “Sto organizzando una grande festa per i 36 anni di Garron, tra due settimane”. Diede un morso al suo hamburger prima di continuare. “Pensavamo di approfittarne per pronunciare qualche parola di impegno l’uno con l’altro”. Apettò l’esplosione che, era certo sarebbe arrivata, mentre dava un altro morso.
“Come hai detto, scusa?” Rawley mise giù il suo tè freddo.
“Ho detto che io e Garron ci scambieremo delle promesse”. Sonny guardò suo fratello negli occhi, sfidandolo a contraddirlo.
“E ti sembra la cosa più saggia da fare? Finora hai ottenuto un occhio nero e un toro morto. Cosa pensi che succederà, quando si spargerà la voce anche di questo?”.
Sonny spinse via il piatto per appoggiarsi al tavolo. “Sono cresciuto in questa città, secondo me la maggior parte della gente mi accetta per quello che sono. Se un gruppetto di bigotti ha deciso di odiarmi solo per via di chi amo, che vadano a fanculo”.
Rawley guardò Garron, rimasto i silenzio fino a quel momento. “E tu? Sei pronto a fare questo passo?”.
Garron fece correre lo sguardo tra i due fratelli. “Credo che Sonny sia quello che ha più da perdere, con questa decisione. E se lui è disposto ad avermi nonostante tutta questa storia, io non mi lascio fuggire l’occasione”.
Rawley si alzò e si diresse verso la porta, abbandonando la sua cena sul tavolo. “Siete due pazzi”. Indossò il cappello ma, quando fece per andarsene, Sonny parlò.
“Almeno non facciamo finta di non provare quello che proviamo. Non puoi nasconderti dietro quel distintivo per sempre. Non ti sarà molto di conforto, quando sarai vecchio”.
Rawley se ne andò senza neanche guardarsi indietro. Garron osservò Sonny con gli occhi sgranati. “Che c’è? È la verità. C’è così tanta tensione sessuale, tra Rawley e Jeb, che è un miracolo che la stanza non prenda fuoco, quando stanno insieme”.
“Magari hai ragione,” disse Garron, allungando una mano per prendere quella di Sonny “ma non sta a te dirlo. Forse, se la smettessi di stargli tanto addosso, si lascerebbe andare di più”. Poi lo tirò per farlo sedere in braccio a lui.
“È che mi dispiace vederlo così infelice”. Sonny sapeva benissimo che non avrebbe dovuto dire quelle cose a Rawley, ma ormai era tardi per rimangiarsele. Appoggiò la testa su quella di Garron e lo baciò. “Sono uno stronzo”.
“No, cowboy, non lo sei. Devi solo lasciare che tuo fratello capisca da solo chi è veramente”. Gemette, perché Garron aveva iniziato ad accarezzargli il cazzo da sopra i jeans. “Vogliamo sbrigarci a lavare i piatti e tornare subito di sopra?”.
Guardando il tavolo, Sonny non si sorprese a trovarci quasi tutto il cibo ancora sopra. “Peccato che non abbiamo un cane. Sarebbe bastato semplicemente mettere tutti i piatti sul pavimento”.
Ridendo, Garron si alzò e mise in piedi anche Sonny. “Dai, prima facciamo, prima possiamo salire su”. Impilò i piatti e li portò al lavandino. Poi si voltò per fargli l’occhiolino. “E questa volta tocca a me guidare/guido io”.
Capitolo Due
Il giorno dopo, prima di andare al lavoro, Garron si fermò da suo fratello Jeb. Passando sotto la vecchia insegna del ranch, si ricordò di una cosa. Doveva parlargli del fatto di dargli un nuovo nome, perché Il Grande A non andava più bene. Parcheggiò la moto e poi salì i gradini del portico due alla volta. Aprì la porta d’ingresso e chiamo Jeb. Quando non ricevette risposta, tornò fuori e guardò il fienile. Se fosse stato nei paraggi, si sarebbe fatto vedere non appena avesse sentito la sua moto.
Scuotendo la testa, si incamminò verso il fienile. “Jeb?”. Raggiunse l’enorme costruzione rossa e infilò dentro la testa. “Jeb?” disse di nuovo.
“Arrivo tra un minuto” rispose suo fratello.
Garron seguì la voce fino alla selleria. Jeb era seduto su uno sgabello e parlava al telefono. Dall’espressione un po’ tonta che aveva, capì che stava parlando con Rawley.
“Ok, sì, ti chiamo se vedo qualcosa. Ci sentiamo”. Jeb attaccò e si rimise il telefono in tasca. “Ehi, fratellone”.
Garron indicò con un sorriso la tasca. “Che dice il tuo amore?”.
“Falla finita. Rawley ha chiamato per dirmi che sta portando Lionel in centrale per interrogarlo. Ha fatto fare una perizia balistica al proiettile, ma dice che di solito ci vuole un po’. Mi ha chiesto di tenere gli occhi aperti”. Incrociò le braccia e guardò il fratello. “Allora, che ci fai qui?”.
“Sono passato solo per dirti che mi sposo. O mi impegno. Non so bene come chiamarlo, ma la cosa succederà il giorno del mio compleanno. Sonny affitterà la stanza sul retro del Dead Zone, volevo chiederti se ti andava di stare al mio fianco”. Garron sentì il suo viso avvampare, cosa che lo fece sentire alquanto incazzato. Non c’era assolutamente alcun motivo per imbarazzarsi, quindi perché stava arrossendo? Guardo Jeb in attesa del commento che sapeva stava per arrivare.
Ma invece di una ramanzina come quella di Rawley, Jeb si tuffò tra le sue braccia. “Sono davvero felice per te”. Gli diede un bacio sulla guancia, prima di lasciarlo andare. “Naturalmente, penso che siate più fuori del balcone della zia May. Ma, ehi, chi sono io per giudicare?”.
“Secondo te sono fuori solo perché voglio sposarmi?”. Garron si sentiva destabilizzato, sia per l’abbraccio inaspettato che per la storia del balcone della zia.
“No, però secondo me se volete sposarvi dovreste andare alle Hawaii e portarmi con voi”. Jeb smise di sorridere e gli appoggiò una mano sulla spalla. “Sai che questo farà agitare la città, vero?”
“Non tutta la città, solo Lionel e i suoi tirapiedi”. Guardò suo fratello negli occhi. “Lo amo. Sonny lo desidera davvero, e io farei qualsiasi cosa per lui”.
Jeb lo guardò ancora per qualche secondo, prima di annuire. “Bene, allora faremo in modo che con voi ci siano solo quelli che vi vogliono bene”.
“Grazie, fratellino”. Garron scompigliò i ricci biondi di Jeb, come faceva quando erano piccoli.
Lui gli spinse via la mano. “Ora è meglio che tu vada a Lincoln. Non vorrai perderti qualche grossa operazione di droga o di altra roba del genere, mister Buoncostume”.
Garron sorrise e lo salutò mentre usciva. Salì sulla Harley sentendosi bene, meglio di quanto non gli accadesse da molto tempo. Non riusciva ancora a credere che Sonny Good avrebbe finalmente fatto di lui un uomo onesto.
* * * *
Rawley spense il motore e si passò una mano tra i folti capelli neri con aria afflitta. Era stato un pomeriggio infernale destinato a peggiorare. Guardò l’insegna dell’”R&R”, l’allevamento dei suoi fratelli, e pensò che fosse ora che parlassero un po’. Le cose in città si erano un po’ complicate, aveva bisogno che almeno i suoi fratelli tenessero un profilo basso. Non era sicuro che l’avrebbero ascoltato, però doveva almeno provarci.
Ranger e Ryker avevano sempre avuto un rapporto particolare. Era come se un legame inscindibile li avesse uniti nella pancia della madre, proprio come quei gemelli che Rawley aveva visto in TV. Il fatto che comunicassero con una lingua segreta era solo una delle loro tante stranezze.
Da bambini si rifiutavano di dormire separati. Non importa quante volte i loro genitori avevano provato a dividerli, alla fine si risvegliavano sempre nello stesso letto. E finché erano piccoli, andava bene. Ma una volta diventati adulti il padre si era impuntato. I gemelli, quindi, avevano fatto l’unica cosa possibile: appena compiuti i diciotto anni, se n’erano andati via di casa. E visto che entrambi avevano lavorato in quell’allevamento durante tutte le scuole superiori, quando il Vecchio Zook era andato in pensione, aveva deciso di venderlo a loro. Per fortuna che avevano fatto pace con il padre, per allora, così lui aveva accettato di farsi cointestare un prestito. E questo era successo quasi sette anni prima.
Scendendo dalla macchina da sceriffo, Rawley andò verso la piccola costruzione che ospitava il loro ufficio. Da quando avevano iniziato a gestire quel posto, gli affari erano più che raddoppiati. Era evidente che, quando si trattava di far ingrassare mucche, a nessuno importava che tipo di relazione avessero Ryker e Ranger. Di certo aiutava il fatto che i gemelli non ostentassero mai niente davanti agli altri. I vari pettegolezzi, in città, non facevano altro che supporre che i due fossero amanti. Nessuno aveva mai visto qualcosa. Non si tenevano nemmeno per mano, in pubblico.
Una volta o due aveva sentito di alcune donne con cui erano andati a letto. Ma a dirla tutta, queste donne non avevano mai parlato con nessuno delle serate passate con i gemelli Good. Aprì la porta e la campanella in cima annunciò la sua presenza. Sapeva benissimo che era meglio non andarli a cercare, quindi si mise seduto ad aspettarli lì all’ingresso. Osservando le sedie dorate di vinile, la cui pelle era tutta screpolata, Rawley scosse la testa.
“Che c’è che non va?” disse Ryker, entrando nella stanza seguito da Ranger.
“Secondo me avete fatto abbastanza soldi da potervi permettere di cambiare queste sedie vecchie di trent’anni”. Rawley raschiò via un po’ del materiale crepato.
“E perché mai dovremmo farlo? Qui vengono quasi solo allevatori di bestiame. Se rinnovassimo questo posto, potrebbero pensare che ci stiamo arricchendo troppo a spese loro”. Ryker guardò Ranger e gli fece l’occhiolino. “Ovviamente è vero, ma loro non devono mica saperlo”.
“Beh, allora non invitare mai nessuno di loro a casa vostra”. Rawley pensò all’enorme casa in legno e pietra che i gemelli avevano costruito qualche anno prima sul limitare della proprietà di famiglia. Tutta circondata dagli alberi, la casa era una meraviglia di cui Rawley era sempre stato un po’ geloso.
Ranger prese posto accanto a lui. “Infatti non ne abbiamo affatto intenzione. La nostra casa è un tempio. Lì non c’è spazio per gli affari, mai”. Guardò prima Ranger e poi Rawley. “Allora, vuoi dirci cosa ci fai qui? Se è per raccontarci del toro e della festa, ci ha già chiamato Sonny”. Strinse appena gli occhi. “C’è forse qualcos’altro?”.
Con un sonoro sospiro, Rawley si passò una mano dietro il collo. “Ho chiamato Lionel in centrale per interrogarlo. So che è lui il responsabile, e lui sa che io lo so. Ma non ho niente contro di lui. Ho richiesto dei test per il proiettile, ma potrebbe volerci tempo. È una situazione davvero troppo frustrante. Come posso proteggere Sonny, se lui ha intenzione di sbandierare ai quattro venti che sta per sposarsi? Pensa che la gente in città non lo verrà a sapere?”.
Ryker si morse il labbro inferiore, facendo spallucce. “Magari non gli importa chi lo verrà a sapere qualcuno. Se tu amassi qualcuno tanto da volerci passare insieme il resto della tua vita, non lo faresti anche tu? Secondo me, quando finalmente ti innamorerai sul serio, sarai pronto a sacrificare ogni cosa per stare insieme a quella persona. È che ancora non ti è capitato”.
“Amo Meg. Stiamo insieme da più di due anni” disse Rawley sulla difensiva.
Ranger si girò verso di lui e lo afferrò per le spalle. “Tu non sei innamorato di Meg. Non dico che non le vuoi bene, ma non sarà mai abbastanza per te”.
Irrigidendosi, Rawley si alzò di scatto e guardò i suoi fratelli. “Non voglio più parlare di Meg con voi. Siete proprio uguali a Sonny”.
Fece per andarsene, ma Ryker gli mise una mano sul braccio. “Una cosa in comune con Sonny ce l’abbiamo di certo. Ti vogliamo bene e ci piacerebbe che tu fossi felice”.
“Sarò felice solo quando voi tre la smetterete di ficcare il naso nella mia vita sentimentale”. Li guardò entrambi, poi scosse la testa dirigendosi verso la porta. “Tenete gli occhi aperti. La mia ipotesi è che tutta questa storia con Lionel sia solo all’inizio, e secondo me i prossimi sarete voi due. Lasciate fuori dalla città qualsiasi cosa stia succedendo”.
Ranger si alzò in piedi e si mise accanto a Ryker, stringendo gli occhi. “Ci fa piacere che ti preoccupi per noi, fratellone, ma facci il favore di stare fuori dai nostri affari e di non dirci come vivere. Non lasciavamo che lo facesse papà, figurati se lo lasciamo fare a te”.
Lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla, Rawley annuì. “Mi pare giusto. Voi allora state attenti e fatemi il favore di non intromettervi nella mia vita amorosa”.
Rawley uscì e risalì sulla macchina della polizia. Dopo essersi allacciato la cintura, si passò le mani sul viso. Era davvero stanco di doversi sempre difendere, con i suoi fratelli. Era da quando era un ragazzo che non desiderava altro che diventare poliziotto. E aveva addirittura superato quel sogno quando era stato nominato sceriffo. Col cavolo che avrebbe messo tutto a repentaglio per una stupida fantasia romantica.
* * * *
Garron parcheggiò nel cortile del ranch bagnato come un pulcino. Era stato colto da un improvviso temporale estivo che lo aveva accompagnato e inzuppato per quasi tutto il tragitto verso casa. Scese dalla moto e fu contento di vedere Sonny sul portico, seduto sulla sua sedia preferita. Gli sorrise quando lui gli porse un asciugamano e una birra fredda.
“Pensavo che ne avresti avuto bisogno, una volta tornato a casa” disse Sonny, mentre lui saliva i gradini.
“Hai pensato bene, ma quello che mi serve davvero subito è un bacio”. Mise le sue labbra su quelle di Sonny, aprendogliele piano. Infilandoci dentro la lingua, Garron gemette sia per il sapore della birra fredda che per quello di Sonny stesso. “È di te che ho sempre bisogno per primo”.