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Spettri, Ragazze E Fantasmi Vari
Spettri, Ragazze E Fantasmi Vari
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Spettri, Ragazze E Fantasmi Vari

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“Sto bene, Dottor Ed.”

“Ti piacerebbe se ti raccontassi una storia?”

“E’ una storia a lieto fine, Dottor Ed?”

“Ancora non lo so, Melissa. Sai cos’è un computer?”

“Sì. E’ una macchina da calcolo.”

“Beh i primi computer sono nati in quel modo Melissa, ma presto sono diventati sempre più complessi e poi in breve sono nati computer che sapevano leggere, scrivere, e persino pensare completamente da soli, senza l’aiuto degli umani.”

“Ora, una volta un gruppo di persone osservò che se un computer può pensare da sé, può essere in grado di sviluppare una propria personalità: quindi si misero a fabbricarne uno che potesse agire proprio come una persona vera. Lo chiamarono Multi-Logical Systems Analyzer, or MLSA....”

“Suona come ‘Melissa’…” ridacchiò Melissa.

“Eh già, vero? Comunque queste persone si resero conto che una personalità non è qualcosa che spunta fuori così, dal nulla, già completamente formata; deve svilupparsi piano piano. Ma allo stesso tempo, quelle persone avevano bisogno delle capacità di calcolo di quel computer, perché era la macchina più costosa e complessa che avessero mai realizzato. Quindi divisero il cervello elettronico in due parti – un lato avrebbe gestito i calcoli normali e l’altro avrebbe messo a punto delle caratteristiche proprie: appena ottenuta una personalità abbastanza sviluppata le due parti sarebbero state ricongiunte.”

“Perlomeno, secondo loro avrebbe dovuto funzionare così. Poi però scoprirono che il progetto di base del computer non permetteva una scissione completa – cioè una separazione in due parti con funzioni distinte. Sottoponendo un problema al lato che faceva i calcoli, alcuni dei dati inseriti penetravano inevitabilmente nella parte della personalità. E questo era un male, Melissa, perché la parte della personalità non sapeva di essere un computer; pensava di essere una bimba, proprio come te. I dati che le arrivavano la confondevano e la spaventavano. E, spaventata e confusa sempre di più, la sua efficienza diminuiva: fino a che non riuscì più a lavorare correttamente.”

“E gli uomini cosa hanno fatto, Dottor Ed?”

“Non lo so, Melissa. Speravo che tu potessi aiutarmi a finire la storia.”

“E come? Io non ci capisco niente di computer.”

“Si che ci capisci Melissa, solo che non te ne ricordi. Io posso aiutarti a ricordare un sacco di cose. Ma sarà difficile, Melissa, molto difficile. Ti verranno in testa tante cose strane e ti troverai a fare cose che non hai mai saputo di poter fare. Vuoi provare, Melissa, ad aiutarci a trovare la fine della storia?”

“Va bene Dottor Ed, se lo vuole lei.”

“Brava, Melissa.”

Il Dottor Paul sussurrava al collega: “Accendi su ‘Memoria Parziale’ e dille di richiamare il programma ‘Analisi di Circuito.’ ”

“Melissa, ora richiama ‘Analisi di Circuito’.”

E improvvisamente nella sua testa accaddero cose strane. Lunghe stringhe numeriche apparentemente senza senso, eppure in qualche modo lei sapeva che avevano diversi significati… come resistenza, capacità, induttanza. E c’erano miriadi di linee – rette, a zig-zag, a solchi. E formule…

“Melissa, ora leggi MLSA 5400.”

E improvvisamente Melissa si vide. La cosa più orribile che avesse mai vissuto, persino più terrificante dei suoi orribili incubi.

“Guarda in Sezione 4C-79A.”

Melissa non poté fare a meno di guardare. Doveva. La bimba che era in lei non percepiva poi tanta differenza, eppure sapeva che le diversità c’erano. E molte. A dire il vero non sembrava neppure parte di sé, piuttosto una stampella utilizzata da uno storpio.

La voce di Ed era tesa. “Analizza quella sezione e fai rapporto su qual’è la variazione ottimale per ridurre al massimo la penetrazione dei dati.”

Melissa fece del suo meglio per obbedire, ma non ci riuscì. Le mancava qualcosa, qualcosa che doveva sapere prima di riuscire a fare ciò che il Dottor Ed le chiedeva. Aveva voglia di piangere. “Non ci riesco, Dottor Ed! Non ci riesco, non ci riesco!”

“Te l’avevo detto che non avrebbe funzionato” disse lentamente il Dottor Paul. “Se vogliamo ottenere un’analisi completa dobbiamo accendere tutta la memoria.”

“Ma non è pronta” protestò il Dottor Ed. “Potrebbe ucciderla.”

“Forse Ed. Ma se così sarà…. Almeno la prossima volta sapremo come far di meglio. Melissa!”

“Sì, Dottor Paul?”

“Reggiti forte Melissa. Ti farà male.”

E senz’altro preavviso, il mondo colpì Melissa. Numeri, flussi interminabili di numeri – numeri complessi, numeri reali, numeri interi, deponenti ed esponenti. E c’erano battaglie, guerre più orribili e sanguinose di quanto lei non avesse mai sognato, e liste di caduti più che reali per lei, perché per ogni nominativo lei sapeva altezza, peso, colore dei capelli, colore degli occhi, stato civile, numero di persone a carico… e la lista proseguiva. E c’erano le statistiche – la paga media degli autisti di autobus in Ohio, il numero di morti dovute al cancro negli Stati Uniti dal 1965 al 1971, la produzione media di grano per ogni tonnellata di fertilizzante utilizzato…

Melissa annegava in un mare di dati.

“Aiutatemi… Dottor Ed, Dottor Paul, aiutatemi!” cercò di urlare. Ma non riuscì a farsi sentire. C’era qualcun altro che parlava. Uno sconosciuto che non conosceva neppure, che utilizzava la sua voce e diceva cose sui fattori di impedenza e sui semiconduttori.

E Melissa sprofondava sempre di più, spinta verso il basso dall’inarrestabile avanzata di quell’esercito di informazioni.

Cinque minuti più tardi il Dottor Edward Bloom alzò l’interruttore e separò la memoria primaria dalla sezione della personalità. “Melissa,” disse dolcemente, “va tutto bene adesso. Sappiamo come va a finire la storia. Gli scienziati hanno chiesto al computer di riprogrammare se stesso e così è stato. Non ci saranno più incubi Melissa. Solo sogni d’oro d’ora in poi. Non è una buona notizia?”

Silenzio.

“Melissa?” La voce era acuta, tremante. “Melissa mi senti? Ci sei?”

Ma in MLSA 5400, per la bimba non c’era più spazio.

Le Ragazze della USSF 193

Apparso per la prima volta in If, nel dicembre 1965.

E’ stata la mia prima volta. Siate teneri.

Sen. McDermott: Dunque, Signor Hawkins, vorrei che lei si rendesse conto che questa è un’udienza privata e non un processo: e che lei non è accusato di alcun crimine.

Signor Hawkins: Allora è per questo che mi ha consigliato di portarmi un avvocato?

Sen. McDermott: Gliel’ho consigliato soltanto perché al Comitato potrebbero essere sottoposti argomenti o questioni di tipo legale. Lo scopo di quest’udienza è esclusivamente quello di indagare in merito a denunce relative a comportamenti poco ortodossi…

Signor Hawkins: Ah!

Sen. McDermott: …relativamente ai satelliti orbitali USSF numero Centottantasette e Centonovantatré. E le sarei grato se volesse essere franco in proposito.

Signor Hawkins: Le assicuro, Senatore, che non ho alcuna intenzione di essere reticente, né mai l’ho avuta. Però come Direttore dell’Agenzia Spaziale Nazionale ho reputato opportuno che alcune informazioni relative a quelle due stazioni spaziali fossero incluse in liste confidenziali, per il bene di tutti gli interessati.

Sen. McDermott: Parla come un politico… lei ha sbagliato mestiere signor Hawkins. Ma, mi dica, questa grossa confusione è stata un’idea sua sin dall’inizio, vero?

Signor Hawkins: Sì, è vero.

Sen. McDermott: E quando le è venuta inizialmente quest’idea?

Signor Hawkins: Circa un anno fa. Stavo facendo delle ricerche…

—Estratti dagli atti ufficiali (non pubblicati)

Udienza di Indagine Speciale del Senato

10 ottobre 1996

***

Si può solo ipotizzare quale fosse il tipo di ricerca in cui si crogiolava Jess Hawkins quando gli venne quell’idea. E’ comunque un dato di fatto che il 15 settembre 1995 il suo amico Bill Filmore lo andò a trovare in ufficio.

“Jess,” gli disse, “ti conosco da trentasette anni e quando te ne vai in giro a ringhiare come il gatto di Alice nel Paese delle Meraviglie mi stai nascondendo qualcosa. Quel tuo sorriso da folletto è un regalo difettato. Siccome sono il tuo migliore amico e faccio anche parte del Consiglio dell’Agenzia Spaziale penso di aver diritto di sapere cosa stai bollendo in pentola.”

Hawkins guardò l’amico. “Beh, Bill, penso di potermi fidare, ma tieniti tutto al massimo della riservatezza. Penso di aver trovato il modo di stimolare i muscoli cardiaci dei nostri astronauti quando restano a bordo del satellite USSF 187 per lunghi periodi.”

“E… perché dovrebbe restare un segreto?”

“Fammi continuare. Noi sappiamo che durante prolungati periodi in caduta libera il cuore tende a rilassarsi, perché in condizioni di assenza di peso non deve lavorare sodo per pompare il sangue. Però tornando a Terra i muscoli cardiaci hanno difficoltà a riabituarsi agli standard normali. Abbiamo già avuto tre astronauti che hanno sofferto di attacchi di cuore quando sono tornati; uno di loro stava quasi per lasciarci le penne. Il programma di allenamento funzionale predisposto dai medici sembra avere poco effetto. Penso che sia arrivato il momento di adottare misure drastiche.”

“E quindi cos’è che proponi?”

“Pensaci un istante. Cos’è che stimola il cuore sia letteralmente che in senso figurato, di cui gli uomini desiderano far uso di frequente e che è anche utile per migliorare il morale a bordo del satellite?”

“Non sono mai stato un campione con gli indovinelli, Jess”

“Beh si può riassumere tutto in una normalissima parola di quattro lettere” sorrise cattivo Hawkins. “Sesso.” Filmore lo fissò per un attimo in silenzio e poi disse: “Oh per Giove Jess, mi sa che dici sul serio”.

Per un istante il viso di Hawkins perse il sorriso. “Ci puoi scommettere Bill. Finora sei stato fortunato, ma se non facciamo qualcosa, presto nel conteggio ci sarà un altro astronauta morto. Ci ho pensato moltissimo: la soluzione migliore è quella di spedire delle ragazze a bordo della Centottantasette.”

“Ma... se soltanto da un punto di vista puramente economico…—”

“E’ per questo che ingaggio soltanto ragazze europee – sono meno costose e di migliore qualità. Ho già incaricato il mio assistente, Wilbur Starling, di assumere le migliori professioniste plurilingue che ci siano. Se rigeneriamo aria e acqua, usiamo cibo concentrato molto economico e i nuovi carburanti atomici, i costi per piazzarle lì sopra e tenercele scendono a minimi ridicoli.”

“Ma è pur sempre una bella sommetta. E dove li prendi tutti questi soldi?”

“Li ho stanziati prelevandoli dal Fondo per le Vedove e i Familiari a Carico degli Astronauti” disse Hawkins, mentre sul volto gli tornava il sorriso. “Mi è sembrato il fondo più adeguato. Se te lo stai chiedendo... ho anche preso delle precauzioni perché l’operazione rimanga confidenziale. Come Direttore ho la facoltà di mantenere il segreto su tutto ciò che desidero. Non lo saprà neppure il Presidente.”

“E il Generale Bullfat? Quello da quando ti hanno nominato capo dell’agenzia come suo superiore ti odia a morte.”

“Bill, tu ti preoccupi troppo. Bullfat si deve guardare allo specchio ogni giorno anche soltanto per trovarsi il naso.”

“A parte le obiezioni di tipo pratico, Jess,” disse Filmore disperato, “è tutta l’idea che è immorale. Un funzionario di Governo non dovrebbe fare questo tipo di cose.”

“Questo non è assolutamente rilevante. Quando ci sono in gioco delle vite umane, la morale non conta.”

Filmore si alzò. “Jess, se non posso convincerti con le parole a desistere da questa idea folle, troverò qualcuno che lo faccia per me.”

“Non vorrai mica fare la spiata a un amico, vero?” chiese Hawkins, ferito.

“E’ per il tuo bene, Jess.” Si avviò alla porta.

“Che peccato per te e Sylvia,” disse sottovoce Hawkins.

Filmore si fermò. “Cioè cosa, di me e Sylvia?”

“Mandare a monte un matrimonio tanto riuscito dopo tredici anni insieme…”

“Io e Sylvia siamo felicemente sposati. Non abbiamo nessuna intenzione di rompere.”

“Vuoi dire che ancora non le hai detto di Gloria?”

Filmore impallidì lievemente. “Lo sai che Gloria è stata soltanto un’avventura momentanea, Jess. Non oseresti…—”

“Fare la spiata a un amico? Ma certo che no, Bill. Solo che ho questa brutta abitudine di cacciar fuori la frase sbagliata al momento sbagliato. Ma ammesso e non concesso, non pensi che dovremmo sederci a discutere della cosa un po’ più a lungo?”

***

Mentre la donna si rivestiva Wilbur Starling le chiese “Babette, posso parlarti un attimo?”

Babette guardò l’orologio. “Dovrà pagare altra ora” lo avvisò.

“Hai la mentalità troppo ristretta” rispose Starling. “Hai tutta la vita davanti! Invece di preoccuparti della prossima ora, dovresti pensare a tutte le ore che hai trascurato.”

“Vi prego! Sufficiente prenderle una alla volta.”

“Non vorresti la sicurezza per la vecchiaia, una bella casa…—”

“Mon Dieu, altra proposta di matrimonio!”

“No, no, Babette zuccherino, non capisci… Vedi, io rappresento il Governo degli Stati Uniti…—”

“Conosco molto bene il vostro console” disse lei per aiutarlo.

“Non volevo dir questo. Il mio Governo vorrebbe pagarti per fornire dei servizi in una circostanza particolare.”

“Cosa devo fare?”

Il volto di Starling arrossì leggermente. “Oh, beh, la stessa cosa che fai ora, però nello spazio.”

“Spazio?”

“Sì, sì hai capito. Satelliti attorno alla Terra, Shepard, Glenn, Hammond.” Fece dei piccolo movimenti circolari con le dita.

“Oh, oui,” disse Babette, afferrando improvvisamente. “Come Ah-OK.”

“Sì,” sussurrò Starling. “Ah-OK e roba del genere. Lo faresti?”

“Non.”