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Omicidi Alieni
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Omicidi Alieni

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Omicidi Alieni
Stephen Goldin

Deborah Rabinowitz è una broker letteraria. Viaggia in mondi alieni tramite la realtà virtuale e vende su altri pianeti i diritti editoriali dei libri della Terra. Ma quando un alieno viene assassinato proprio davanti ai suoi occhi, non c’è modo per lei di non essere coinvolta e cercherà di risolvere il delitto. Poi, quando un vecchio amico viene accusato di un omicidio in un mondo diverso, Deborah dovrà risolvere anche quello.

I viaggi fisici fra le stelle sono impossibili a causa delle grandi distanze, ma la comunicazione è istantanea. Esistono due modi diversi per visitare i mondi alieni: il veering (vale a dire l’uso della realtà virtuale per proiettare le immagini), e il teeping (l’uso della telepresenza per comandare corpi robotici sull’altro pianeta). È anche possibile cimentarsi nel commercio, concedendo le licenze dei diritti per libri, arte, invenzioni ed altre proprietà intellettuali. Deborah Rabinowitz è una broker letteraria. Viaggia con il veering in mondi alieni e vende su altri pianeti i diritti editoriali dei libri della Terra. Ma quando un alieno viene assassinato proprio davanti ai suoi occhi, non c’è modo per lei di non essere coinvolta e cercherà di risolvere il delitto. Poi, quando un vecchio amico viene accusato di un omicidio in un mondo diverso, Deborah dovrà diventare avvocato e difendere il suo amico durante un processo farsa, risolvendo anche quel delitto.

OMICIDI ALIENI

di Stephen Goldin

Pubblicato da Parsina Press (http://www.parsina.com/)

Versione in Italiano pubblicata da Tektime

Alien Murders, (Omicidi Alieni) Copyright © 2009 di Stephen Goldin. Tutti i diritti riservati.

The Height of Intrigue (L’apice dell’intrigo) Copyright © 1994 di Stephen Goldin. Tutti i diritti riservati. Originariamente pubblicato in Analog Magazine.

The Sword Unswayed (La Spada non impugnata), Copyright © 1998 di Stephen Goldin. Tutti i diritti riservati. Originariamente pubblicato in Analog Magazine.

Immagine di copertina Copyright Steve Johnson | Dreamstime Stock Photos.

Traduzione dall’Inglese - Paola Ligabue.

Indice

L’apice dell’intrigo (#ubfa8e8e1-8418-53c1-8a39-4ebd205207d2)

La spada non impugnata (#litres_trial_promo)

Stephen Goldin (#litres_trial_promo)

Collegati con Stephen Goldin (#litres_trial_promo)

L’APICE DELL’INTRIGO

Rabinowitz non aprì nemmeno gli occhi quando squillò il telefono. “Qualcuno è dannatamente maleducato” borbotto, poi ad alta voce “Telefono: solo suono. Pronto?”

Una voce sconosciuta le rispose “Parlo con la signorina Debra Rabinowitz?”

“De-bor´-ah,” disse istintivamente. “La defunta Deborah Rabinowitz. È qualcosa di importante Ispettore?”

Ci fu una pausa. “Come ha fatto a sapere...oh, perché ho digitato il suo codice personale. Davvero astuta, signora!”

“I complimenti vanno fatti solo all’ingresso dei domestici. Spero che sia valsa la pena superare il codice della privacy di un comune contribuente per questa telefonata!”

“Beh, credo di sì, signora. Le dispiace se passo da lei?”

“Fisicamente?”

“In persona, sì, è proprio quello che pensavo di fare.”

“Mi richiami fra dodici ore. Sono sicura che per quell’ora il cadavere sarà resuscitato.”

“Veramente pensavo più a qualcosa del tipo fra cinque minuti. Sto attraversando la Baia proprio ora.”

“Cinque minuti? Ha un mandato?”

“Beh, vede, speravo di evitare un rapporto conflittuale in questa prima fase.” Fece una pausa. “Mi serve un mandato?”

“Cinque minuti,” sospirò Rabinowitz. “Telefono: spegniti.”

Si strofinò gli occhi nel tentativo di farli aprire, poi si girò per guardare l’orologio: 14:14. Un orario non insensato per gente che si atteneva all’ora terrestre. “Lo zombie si stira”, disse con un altro sospiro rotolando fuori dal letto ad acqua, incurante delle proteste del proprio corpo.

Barcollò nuda fino al bagno, pisciò, e si passò una spazzola fra i capelli castani, per fortuna corti. Diede un’occhiata al contenitore dei cosmetici e fece una smorfia. “Niente trucco. Gli zombie non si truccano: è contro le regole sindacali.”

Tornò sempre barcollando nella camera da letto. Aprì lo sportello dell’armadio. Restò a fissare l’interno dell’armadio con lo sguardo assente per tre minuti, senza muoversi. Il campanello suonò.

Puntualità. Il folletto delle piccole menti. No, questa è coerenza. Intercom: solo suono, porta d’ingresso. Solo un minuto. Sono subito da lei. Intercom: spegniti.”

Afferrò un semplice copricostume giallo e bianco e se lo fece scivolare sul corpo nudo. Quasi nuda, scese le scale appoggiandosi pesantemente sulla ringhiera, borbottando, “Eh, questo sì che si chiama bussare. Un cristiano che fosse, putacaso, a custodir la porta dell'inferno, starebbe bene a girare la chiave!” Quando arrivò in fondo alla scala, aveva recuperato una buona parvenza di coscienza.

Aprì la porta, e si trovò di fronte ad un uomo eccessivamente curato, in un costoso completo di sartoria. Poteva avere appena passato la trentina, ma è difficile da dire con gli orientali. Nonostante la brezza pomeridiana, non aveva un capello fuori posto.

“Signorina Rabinowitz?” chiese, guardandola con uno sguardo di apprezzamento.

“Sì. E questo definisce una delle nostre identità.”

“Scusi, signora. Sono il Detective William Hoy. Posso entrare?”

“Sarebbe inopportuno insistere per un’identificazione formale, prima?”

“Assolutamente no. È stato maleducato da parte mia non farlo subito.” Fece scivolare la mano in modo naturale nella tasca interna della giacca e ne estrasse un documento di identità e il distintivo. Rabinowitz dovette strizzare gli occhi per leggerla alla luce accecante del sole pomeridiano.

“Interpol?” alzò le sopracciglia con curiosità.

“Esatto, signora. Posso entrare?”

“Solo se mi promette di non chiamarmi più signora. Mi sento abbastanza vecchia questa matt …. Questo pomeriggio.”

“Andata.” Il Detective Hoy entrò. “Vorrei davvero ringraziarla moltissimo per avere accettato di vedermi con un così breve preavviso.”

“Mi ha dato la sottile impressione che avessi ben poca alternativa. Mi segua, prego. Spero che scuserà il disordine. Ricevo veramente pochissime visite.”

“Non sono di House Glamorous. Anche se la sua casa da fuori è abbastanza pretenziosa.”

“Grazie. Ha più di duecento anni. L’élite della San Francisco Vittoriana amava costruire le case estive qui, su Alameda.”

Gli fece strada verso il salotto e lo invitò a sedersi. Lui si sedette sulla poltrona di sinistra, mentre lei prese posizione alla grande scrivania antica. Il ripiano, almeno, non era troppo in disordine.

Ammirò gli scaffali intorno a lui. “Non penso di avere mai visto tanti libri stampati tutti insieme in un unico posto.”

“La chiami ostentazione…. Senta, normalmente sono bravissima nei convenevoli, ma la stanchezza mi rende stranamente impaziente. Ho dormito solamente due ore dopo avere viaggiato virtualmente in tutta la galassia per le precedenti trentasei. Lei comunque non è venuto qui per discutere della mia casa o della mia libreria. Non sono affari dell’Interpol. Avanti, mi dica perché è qui.”

Hoy sorrise. “E mi dicevano che lei sarebbe stata un tipo difficile. ‘È la figlia di un diplomatico, evasiva, e piena di mezze verità.” Mi piace una persona che dice quello che pensa.”

“Lo farò molto di più se non arriva al punto.”

“Secondo la compagnia telefonica, lei ha virtualvagato un bel po’ verso il pianeta Jenithar negli ultimi quattro mesi. In particolare all’ufficio di Path–Reynik Levexitor.” Scosse la testa. “Diamine, quello è veramente un soggetto particolare.”

Guardò Rabinowitz. “Beh, è vero, no?”

“Statista, e al contempo amico della verità. Lungi da me l’idea di mettere in dubbio l’attendibilità della compagnia telefonica. Levexitor ed io abbiamo negoziato un affare a più controparti per dei diritti editoriali su Jenithar. Tutto perfettamente legale, posso aggiungere. Levexitor è un cittadino che occupa un’alta posizione nel suo mondo.”

“È già successo che cittadini che occupavano alte posizioni cadessero.” sottolineò Hoy.

“Sia come sia,” disse Rabinowitz. “I miei affari con lui sono sempre stati onesti.”

“Lei vende solo opere protette da copyright?”

“Principalmente sì. Mi piace essere il capo di me stessa, e non un’impiegata dell’ONU. Mi è capitato di fare da intermediario per il WLO—”

“Il suo dovere patriottico, naturalmente.”

“Per una commissione—ma la Terra ha beneficiato di ognuna delle trattative.”

“Quindi i pirati letterari non le piacciono?”

“È una domanda o un’affermazione?”

“Mi prende in giro, signorina Rabinowitz?”

“La risposta è no. L’arte e le idee sono la nostra sola valuta nei mercati interstellari. Se boicottassi questo concetto sarebbe come tagliarmi la gola da sola.”

“Suona come un’altissima forma pratica di patriottismo.”

“Oh, mi spiace, penso che lei cercasse Deborah Rabinowitz l’Idealista. Beh, lei vive a circa dodici ore di sonno da qui. Le farò sapere che è passato.”

Hoy rise. Era una bella risata, una risata sincera. “Lei è divertente, lo sa? Sono contento di essere venuto fin qui.”

“Almeno uno di noi è soddisfatto. Il mio “pratico patriottismo” è liso e consunto e io non mi diverto nemmeno un po’

“Andrò diritto al punto, allora. Ho ragione di credere che il suo amico Levexitor stia cercando di acquistare del materiale di dominio mondiale attraverso il mercato nero.”

Rabinowitz si sporse verso di lui. “E la questione non dovrebbe essere di competenza dell’IPC piuttosto che dell’Interpol?”

“Beh, in un secondo momento, sì. Stiamo cercando di evitare che ci si arrivi.”

“Fate tutto in famiglia all’ONU,” suggerì Rabinowitz.

“Qualcosa del genere,” concordò Hoy allegramente. “Non ha mai avuto a che fare con l’IPC?”

Rabinowitz fece una smorfia. “Un paio di volte.”

“Allora sa di cosa si tratta.” Si alzò dalla sedia e iniziò ad esaminare accuratamente gli scaffali di libri. “Ma va, penso di aver letto alcuni di questi libri a scuola.”

“Sono considerata ufficialmente una sospettata, detective?”

Lui si girò per guardarla. “Oh, odio usare la parola “sospettata” così all’inizio di un caso. Trasmette un’idea sbagliata alla gente.” Riprese a guardare attentamente la libreria, poi prese un libro dal suo posto e lo riposizionò prima di altri due titoli a destra. “Scusi, quello non era al suo posto. È una cosa che non sopporto. Lei li mette in ordine alfabetico, giusto?”

“Grazie. Venga a spolverarli quando vuole. Se non sono una sospettata. —”

“Diciamo solamente che lei è qualcuno che volevo veramente incontrare e con cui volevo parlare. Non sono deluso, d’altronde. Lei è tanto bella quanto affascinante. Anche più bella che nella foto della sua scheda.”

“Bene, ora la mia giornata è perfetta. Adesso se vuole…—”

“Alcune persone possono essere una tale delusione, sa? Tu pensi che dovrebbero affascinarti e invece ti annoiano terribilmente. Ma lei no. Lei —”

Rabinowitz si alzò dalla scrivania. “Se non ha altre domande—”

Hoy rifiutò il suggerimento. “Beh, una o due. Non c’era nessun altro della Terra coinvolto nel suo affare con Levexitor?”

Rabinowitz si risedette. “No. Stavo lavorando per conto dell’Agenzia Adler, ma ero la sola a rappresentare interessi umani in questa trattativa.”

Hoy annuì. “Levexitor ha fatto riferimento ad altri nomi, contatti umani?”

“Non che mi ricordi.”

“Altre trattative che aveva in corso?”

“No, perché dovrebbe? Non sono la sua socia. Nemmeno io gli ho detto di altre trattative che ho in corso.”

“Capisco. Bene, è praticamente tutto quello che mi interessa per il momento.” Hoy si alzò e le sorrise. “È stato bello incontrarla, signorina Rabinowitz. Un vero piacere. Se ricorda qualcos’altro, mi può raggiungere tramite l’ufficio locale, proprio al di là della Baia.”

Rabinowitz si alzò dalla sedia per accompagnarlo verso l’uscita. “Naturalmente, se dovesse saltare fuori che lei è coinvolta nella vendita al mercato nero,” continuò Hoy, “le assicuro che la metterò dentro per molto tempo. Ma se non è quella che sto cercando, verrebbe a cena con me? Dopo che il caso sarà risolto, ovviamente.”

“Mi dispiace. Io non mangio mai,” disse lei nel chiudergli la porta alle spalle.

***

Mentre la porta si chiudeva, lei si girò, si accasciò contro di essa, chiuse gli occhi e sospirò, “Così infastidita da un damerino.” Poi si rese conto di essere sveglia e di muoversi scatti, mentre il mento le colpiva il petto. Si raddrizzò e spalancò volutamente gli occhi. Proprio di fronte a lei c’era la scala, che portava su alla camera da letto. Di fianco alla scala, il corridoio portava alla cucina sul retro della casa. I commenti di Hoy sulla cena avevano suscitato l’interesse del suo stomaco.

“Ho più bisogno di dormire,” mormorò, “ma ci sono tutti quei gradini.”

Si diresse lentamente verso la cucina, sicura che se si fosse mossa troppo velocemente avrebbe inciampato e si sarebbe addormentata prima di toccare il pavimento. Trovò due lastre inamidate che erano probabilmente pane, le farcì con qualcosa di non identificabile e divorò l’ammasso prima di guardarlo troppo da vicino. Sfortunatamente, mentre le si riempiva lo stomaco, le si riaccesero i sensi, troppo per tornare a dormire. E c’era una trappola in attesa prima che potesse tornare alla scala.

Si fermò di fianco alla porta aperta della stanza dei Viaggi Virtuali. Guardò all’interno. “Domani lo rimpiangerò,” mormorò. “Cavoli, lo rimpiango già adesso.” E così dicendo, entrò. “Viaggi Virtuali: Jenithar, Ufficio di Path–Reynik Levexitor”.

“Se sono fortunata,” aggiunse, parlando a sé stessa, “non lo troverò.”