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Il Cercatore Di Coralli
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Il Cercatore Di Coralli

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Non potendo appurare la velocit? con la quale avanzavano, Kamal credette che in poco tempo sarebbero piombate sulla citt?. Corse come un pazzo verso il palazzo dell'emiro, gridando nel frattempo per le vie che “Quei maledetti... quegli infedeli... quegli apostati” fossero alle porte. Dicendo “quei maledetti” si riferiva agli Altavilla, dicendo “quegli infedeli” ai siciliani cristiani e dicendo “quegli apostati” ai saraceni che prestavano servizio nell’esercito di Ruggero. Com’? facile immaginare si scaten? il panico.

Giorgio d’Antiochia contava di sfruttare tale trambusto per stanare gli abitanti fuori dalle mura e cos? prenderli rapidamente sull'istmo che univa Mahdia alla terraferma. Tuttavia, se non era in grado Hasan di contrastare la flotta, lo fu un poderoso vento che, soffiando in opposta direzione a quella delle navi, costrinse le galee ad ammainare le vele e a darsi da fare sui remi. Falliva cos? l'effetto sorpresa e la possibilit? di prendere rapidamente la citt? con tutte le sue ricchezze, e soprattutto di prendere prigioniero Hasan. Temendo quindi che tutti fuggissero, l'Amiratus, mentre annaspava contro la corrente, mand? un'ambasceria su una piccola imbarcazione a rassicurare l'emiro che veniva in pace e che gli accordi vigenti non sarebbero stati cancellati da atti di aggressione. Chiaramente Giorgio d’Antiochia voleva tentare l'ultima, poichе solo uno stupido non avrebbe capito che duecentocinquanta navi da guerra non erano l? per caso. Quando ad Hasan venne proposta l'alleanza e di marciare insieme verso Gabes, l? dove i ribelli avevano avuto la meglio sul governatore Jusuf e comandavano ora la citt?, rispose con un secco rifiuto. Avrebbe preferito la morte piuttosto che unirsi ad un re cristiano per combattere altri servitori di Allah. Ci? nonostante, alla morte prospettata nelle belle parole, Hasan prefer? la fuga. Si port? dietro la famiglia, i suoi uomini di fiducia e le ricchezze facilmente trasportabili. Lo seguirono in tanti pure tra i cittadini, soprattutto coloro che, essendo pi? abbienti, avevano qualcosa da perdere.

Se i restanti si fossero messi in testa di difendere la citt? in fervor di patria e religione, per certo sarebbero stati sconfitti, e al massimo avrebbero resistito all'assedio un solo mese prima di esaurire le scorte e morire di fame. Chi non fugg?, perci?, si nascose nelle chiese e nelle case dei cristiani, trovando asilo e riparo dalle veniente depredazione dei siciliani.

Nel corso della giornata Giorgio d’Antiochia sbarc? senza colpo ferire e subito si preoccup? di raffrenare la foga dei soldati per qualche ora. Fece in tempo a prendere il palazzo dell'emiro, incustodito e pieno di ricchezze... preserv? quindi le donne dell'harem e quei figli di Hasan che erano stati lasciati indietro per la fretta, e fece accampare fuori dalla citt? quanti cristiani abitassero fra le mura. Infine diede il via libera all'esercito affinchе ogni uomo in armi trovasse nel bottino una buona ragione del loro essere soldati.

I soldati del Regno erano ben conosciuti in tutta Europa per la violenza che riversavano sulla gente assoggettata. Per via del gran numero di mori che faceva parte dell'esercito, gli uomini di Ruggero erano conosciuti come i “saraceni di Sicilia”, cosa che, vista la nomea di barbari assassini che avevano gli infedeli, serviva ad aumentare il terrore nelle popolazioni nemiche. Li conoscevano bene quegli abitanti del sud Italia che ne avevano fatto le spese subendo razzie, stragi, stupri e quant'altro quando anni prima il novello Re aveva dovuto affermare con la forza la sua posizione sulle province ribelli.

Adesso toccava alla povera gente di Mahdia conoscere l'infamia della guerra. Quel 22 di giugno sarebbe stato ricordato a lungo dagli abitanti della capitale dell'Ifriqiya...

Kamal e la sua famiglia erano fuggiti via al seguito dell’emiro. Avevano perci? passato la notte accovacciati tra gli arbusti dalla sterpaglia, tenendo stretti un paio di sacchi contenenti i gioielli che erano riusciti a raccattare prima di lasciare la citt?.

Tutti disseminati nella zona se ne stavano parecchi concittadini, i quali erano scappati per lo pi? a piedi, essendo che quelli erano giorni duri e le cavalcature scarseggiavano. Di Hasan e del suo seguito invece non se ne seppe pi? nulla; le notizie sulla sua sorte cessarono del tutto con la mezzanotte.

Al mattino gli sguardi dei fuggitivi sembravano voler carpire ognuno nell'altro le prossime intenzioni, cos? da accodarsi in scelte che nessuno era in grado di prendere personalmente. La carovana riprese dunque a camminare seppure nessuno sapesse chi avesse preso l'iniziativa o dove si stesse andando. Era chiaro per? che inoltrandosi verso il deserto, con donne e bambini al seguito, non sarebbero andati lontani. Inoltre, il rischio di essere attaccati dalle bande dei tagliagole, beduini sanguinari e senza scrupoli, aumentava man mano che ci si allontanava dalla civilt?. Comunque sia, verso met? mattinata arrivarono dalla direzione di Mahdia un gruppo di uomini a cavallo. L? per l? i fuggitivi temettero di essere presi dal nemico, ma poi appurarono che i cavalieri erano persone conosciute. Si trattava di alcuni uomini della milizia di Hasan, rimasti in citt? nel momento in cui il naviglio siciliano era sbarcato.

Un certo Abdel si avvicin? a Kamal e, dall'alto del suo destriero, gli disse:

«Fratello, il capo degli infedeli ha proclamato l'aman

(#litres_trial_promo) e invita tutti i cittadini di Mahdiyya a rientrare nelle proprie case. Guarda in fondo verso la direzione da cui vengo e noterai un gran polverone... sono le bestie che il cristiano ci ha affidato affinchе donne e bambini tornino comodamente oltre le mura.»

Da tutto ci? si comprendeva quanto Giorgio d’Antiochia conoscesse le usanze di quella gente e sapesse applicare le loro consuetudini in materia di diritto islamico. Ci? che era stato decenni prima per i mori di Sicilia, adesso l'Amiratus lo estendeva anche a quelli d'Africa. Ovviamente per l'antica comunit? cristiana di Mahdia quello era un giorno memorabile, di riscatto e rivalsa sui dominatori di molti secoli. Ci? non significava, tuttavia, che i saraceni avrebbero vissuto da dominati, in quanto se fossero stati disposti a sottomettersi al nuovo ordine di cose avrebbero potuto trarne profitto e arricchirsi in funzione delle proprie capacit?. Inoltre la sharia sarebbe stata ancora vigente sui fedeli del Corano, cos? come avveniva in Sicilia, mentre i cristiani e i giudei

(#litres_trial_promo) avrebbero avuto altre leggi, basate sulla propria tradizione. Giorgio d’Antiochia, saggio e capace, estendeva quindi il Regno e la sua tolleranza pure all'altra sponda del Mediterraneo.

Kamal sapeva di aver lasciato a Mahdia molto pi? di quei due sacchi che si era portato dietro, perci? prese la palla al balzo e decise che sarebbe rientrato; forse avrebbe potuto fare affari d'oro con quegli avari cristiani di Sicilia... Guard? la sua famiglia, i suoi figli, e poi assent? col capo facendo capire che cedeva all'invito del nemico. Fu allora che si volt? e vide che migliaia di suoi concittadini marciavano in direzione di Mahdia, convinti a rientrare dalle stesse argomentazioni che avevano fatto presa su di lui.

Non ? facile elencare tutti gli atti che comp? Giorgio d’Antiochia nella settimana che era cominciata con lo sbarco. Tra le tante cose, mand? i figli e le donne dell'harem di Hasan in Sicilia, trattandoli con benevolenza... invit? molti dei nomadi dell'Ifriqiya a stanziarsi accanto alla cittadinanza in modo da compensare alla crisi demografica... permise ai parenti di riscattare i prigionieri... elarg? denaro ai poveri... fece arrivare grano siciliano in gran quantit? per supplire alla carestia... e prest? capitale ai commercianti e agli artigiani cosicchе riattivassero le loro attivit?. Ne benefici? anche Kamal, il quale, al volgere di tre giorni, credette bene che potesse inviare le sue barche al largo e riprendere a creare monili. In breve tempo i suoi affari triplicarono.

La prosperit? del Regno giungeva dunque sulle coste d'Africa. Se non fosse stato per l'imbarazzo e la proibizione coranica di servire un sovrano infedele, per certo gli abitanti di Mahdia avrebbero giurato al Re di Sicilia fedelt? senza riserve. Ci? nonostante, il mondo non conosce soltanto il colore del denaro, e accanto al tintinnio dell'argento e dell'oro si ode anche la voce della propria coscienza, addestrata secondo i precetti della propria educazione. Per gli abitanti di Mahdia, Ruggero, il suo Emiro degli Emiri, e pure tutta la soldataglia, rimanevano e sarebbero rimasti per sempre dei nemici. Avrebbero perci? goduto della prosperit? derivata dalla conquista pur senza mai ringraziare.

Al contrario, per i succitati motivi che muovono il mondo, i cristiani indigeni vedevano Ruggero come il liberatore della fede. Essi praticavano il rito greco nella messa, ma si esprimevano tra loro in una lingua sorella a quella del volgo di Sicilia, ovvero parlavano l’ultimo rimasuglio del latino d’Africa. Questi si sentivano i veri vincitori del successo dei siciliani a Mahdia.

Ad ogni modo, benchе gli affari sembrassero nuovamente in salute, Kamal sentiva che era venuto meno il prestigio che godeva presso Hasan. L'essere considerato uno degli artigiani di Mahdia, senza essere additato come il migliore nel suo ambito, lo faceva star male. Quando infatti si ? ottenuto qualcosa di mancante, spesso chi ? avido ricerca qualcos’altro, sentendo nell'animo il vuoto dell’essenziale. Kamal era gi? ricco, ma poteva esserlo ancora di pi? se fosse entrato nelle grazie dei nuovi conquistatori. Inoltre, grazie alle politiche di Re Ruggero, poteva guadagnare un prestigio maggiore di quello che godeva in precedenza. La corte di Palermo, con i suoi sfarzi e la sua opulenza, divenne da quel momento il suo principale obiettivo.

Capitolo 4

Inizio luglio 1148, Mahdia

Giorgio d’Antiochia sapeva che se avesse voluto ottenere una rapida vittoria non avrebbe dovuto permettere che le altre citt? dell'Ifriqiya si organizzassero. Sicuro quindi che la situazione a Mahdia si fosse ormai stabilizzata, spost? il grosso dell'esercito per mandarlo sia a Susa che a Sfax, o altrimenti chiamata Safaqis. Per certo sperava di sbrigare la questione in poco tempo e di ritornare al suo quartier generale in pochi giorni.

Benchе Giordano fremesse dentro e volesse partecipare all'azione, venne lasciato a Mahdia. Il nobile siciliano doveva adesso mettere da parte l'affare della spada per mettere mano a quello della penna.

Kamal aveva sentito parlare di Giordano di Rossavilla gi? al suo rientro in citt?. Sapeva che costui era una persona in grazia a Giorgio d’Antiochia e che era stato nominato ‘amil di Mahdia. Credette perci? bene che proprio l’agente del Re fosse la persona adatta per tentare la sua scalata al prestigio e ai privilegi del Regnum. D'altronde l'occasione per incontrarlo non si sarebbe fatta aspettare a lungo...

Dopo alcuni giorni venne anche per Kamal il turno di presentarsi al cospetto di Giordano per depositare la jizya; trattandosi di un testatico dovette farlo per sе e per ciascuno della sua casa. L'obiettivo dell'Amiratus era infatti quello di censire la popolazione, per cui bisognava presentarsi con tutta la famiglia, uomini, donne e bambini. Se si fosse trovato qualcuno dentro le mura non censito o insolvente riguardo alla tassa dei dhimmi

(#litres_trial_promo) avrebbe pagato il suo reato con pene severe.

Quando Kamal si rec? all'ufficio dell’‘amil, un gruppo di cristiani della citt? se ne stava sull'ingresso, insultando e gettando terra sui saraceni in fila. La sorte si era invertita e la jizya, il tributo per la protezione degli infedeli, adesso dovevano pagarla coloro che fino a qualche giorno prima la riscuotevano.

Arriv? poi il momento di Kamal, che dunque si present? al cospetto di Giordano. Quest'ultimo, seduto e chino sui registri, mostrava la lunga chioma castana dai riflessi rame a chi si avvinava, mentre Yasir, accomodato accanto, annotava e conteggiava nomi ed entrate. Era inusuale che un uomo del rango di Giordano dovesse assolvere personalmente la funzione di esattore, ma tutto era stato attentamente organizzato secondo il fine della missione.

«Come ti chiami?» domand? Yasir, intanto che Giordano, a braccia conserte, guardava il nuovo giunto.

«Kamal ibn Umar, e questi sono i miei figli: Salman e Talal. Lei ? Basma, moglie di Salman, e questi sono i loro figli, Musad, Maisa ed il piccolo Samir.»

Quindi l'attenzione di Yasir venne rivolta ad una donna, una giovane forse ventenne che se ne stava dietro a tutti gli altri. Yasir era un ragazzo, ma avvertiva pur sempre le pulsioni degli uomini; non seppe staccare gli occhi da quel viso bruno che timidamente osservava oltre le spalle degli altri.

«E lei chi ??» chiese il giovane contabile.

Kamal si volt?, vide la ragazza e, stringendola per le guance affettuosamente, la present?:

«Lei ? mia figlia Faiza... il fiore di Mahdiyya!»

La vide adesso anche Giordano, ma lui, uomo di mondo, non le diede l? per l? tanto peso.

Faiza era davvero un fiore di bellezza: occhi neri e lucenti come l'ossidiana di Cossyra, capelli crespi come le gorgonie dei fondali marini e labbra del colore dei coralli pi? preziosi. Vestiva di nero e si stringeva al capo un velo della stessa tinta... inoltre era scalza.

«Non hai moglie?» chiese piuttosto Giordano.

«Non pi? da molti anni, ma rivivo ogni giorno il ricordo della mia prediletta scrutando il viso somigliante di mia figlia Faiza.»

Effettivamente la ragazza doveva somigliare maggiormente alla defunta madre; la tonalit? della pelle e i tratti facciali erano differenti sia dal padre che dai suoi fratelli. Yasir, pur senza mai indagare, giunse alla conclusione che quell’uomo avesse avuto tutti gli altri figli da una moglie diversa.

«Qual ? il tuo mestiere?» domand? ancora Giordano.

«Vedilo tu... mio Signore!» rispose Kamal, presentandogli una stupenda collana di coralli rossi intagliata a piccoli dadi disposti in sette fili d'oro intessuti in parallelo.

«Per certo hai una signora a cui puoi regalarla.» cerc? di accattivarselo l'artigiano.

Giordano allung? una mano e afferr? la collana per osservarla meglio da vicino.

«Davvero splendida!» esclam?.

«Le fai tu queste?» chiese poi incuriosito.

«Ho due barche che i miei figli, Salman e Talal, sanno governare a dovere e condurre fino alle foreste di corallo della zona. Ma io sono anni che non prendo il largo, in quanto preferisco rimanere nella mia bottega a dar vita a questi splendidi monili.»

Dunque Kamal cambi? espressione e tono.

«Riguardo a questa collana, mio Signore, considerala un dono all'amicizia che lega da qualche giorno le nostre genti. E poi, mio Signore, se non ? troppo, vorrei mostrarti quali altre meraviglie custodisco nella mia bottega.»

«Non ? stato gi? abbastanza ricco il bottino?» rispose con sufficienza Giordano, il quale chiaramente aveva compreso lo scopo delle lusinghe dell'altro.

«Guarda nel tuo bottino allora, e vedi se riesci a trovare qualcosa come ci? che tieni in mano. Non credere, mio Signore, che le mani dei soldati siano arrivati dovunque... io ho saputo ben custodire i gioielli della mia bottega.»

«Il prossimo!» url? Yasir, comprendendo che la presenza dell'artigiano stesse diventando molesta.

Kamal sconfortato guard? per l'ultima volta Giordano e gli disse:

«La collana che tieni in mano, mio Signore... sappi che era destinata ad una donna che tu conoscevi bene, e che le doveva essere consegnata per mano di un uomo che conoscevi altrettanto bene.»

Giordano valut? immediatamente l'ipotesi che quel tizio fosse chi cercavano, quindi chiese:

«A cosa ti riferisci?»

«Non era tuo padre Rabel di Rossavilla?»

Giordano si alz? e domand? ancora:

«Come fai a sapere il suo nome?»

E Kamal, sorridendo e cambiando il tono della voce, rispose:

«Te ne parler? se sarai mio ospite.»

Giordano non seppe proferire altro, impietrito da quelle parole lo vide andarsene senza poter ricevere spiegazioni.

«Credete che sia lui?» domand? Yasir, fissando dal basso il volto inquieto dell’altro.

«Oppure ? solo uno che sa il fatto suo e che vuole ottenere prestigio per mezzo del regalo e della lusinga.»

«Conosceva il nome di vostro padre per?...»

«Quanto ci metteresti tu a conoscere l'ascendenza di uno qualsiasi dei nostri baroni?»

«Beh... non ? una cosa difficile. A questo punto mi chiedo se non sarebbe meglio bandire il nome di ibn Abbad e promettere lauti compensi ai suoi discendenti.»

«Se lo facessimo saremmo circondati da gente che si spaccia per chi cerchiamo... e quel tale Kamal sarebbe il primo a ripresentarsi, vantando un sangue che non ? il suo.»

Giordano allora riprese a guardare il dono lasciato sul tavolo.

«A Corcira ho acquistato una schiava molto bella... una fanciulla che era la figlia di un notaio dell'isola. Una ragazzina talmente intelligente da sapere leggere e scrivere, e che ha imparato il latino di Sicilia in pochissimi mesi. Sono sicuro che questa collana le star? d'incanto!»

«E di quel Kamal che ne facciamo?»

«Accettiamo il suo invito. D'altronde per adesso non abbiamo altre strade da percorrere.»

«Non temete che uno sconosciuto possa rivelarsi un nemico?»

«Lo temo, Yasir... Mander? perci? questo pomeriggio stesso un manipolo di soldati a perquisire la sua abitazione e a spogliare la sua bottega di questi magnifici gioielli. Vedremo se gli star? ancora a cuore la mia amicizia!»

«? questo che vogliamo, Signore?» chiese il ragazzo, pi? perplesso che mai.

«Giovane Yasir, non sempre ci? che ? saggio ? anche la cosa giusta da fare. Lascia la pratica del bene ai religiosi e scegli quello che ? risolutivo per la causa.»

Con quella lezione di pragmatico cinismo, Giordano concludeva la questione dell’intagliatore di coralli. L’avrebbe rimandata a quando si sarebbe presentato al suo cospetto dicendogli di aver accettato l'invito.

Intanto Kamal aveva lasciato il segno, un tarlo nella mente di Giordano che non l'avrebbe reso sereno. Dal momento che conosceva suo padre, era davvero lui l'uomo che cercavano? Oppure tutto era solo dovuto al fatto che l'artigiano cercasse una comoda via per il successo? La stessa sera il nobile siciliano si convinse che non avrebbe aspettato altro tempo e che l'indomani avrebbe bussato alla porta di Kamal... proprio a quella dimora che tanto si era preoccupato di far devastare dai suoi sottoposti.

Capitolo 5

Inizio luglio 1148, Mahdia

Il due del mese i siciliani entravano a Susa senza colpo ferire. La citt? era stata abbandonata al proprio destino dal suo governatore, uno dei figli di Hasan, e, non avendo pi? nе guida nе anima, i cittadini avevano aperto le porte ai conquistatori. La fortuna di Giorgio d’Antiochia sembrava non conoscere fine!

Chi probabilmente avrebbe faticato ad aprire le sue porte era Kamal. Quando Giordano, la mattina successiva al primo incontro, si present? in casa dell'artigiano vestito alla maniera dei funzionari reali, trov? la porta spalancata e ogni cosa rivoltata per aria come se l? dentro vi fosse entrata la burrasca. Era comunque lampante, nonostante il disordine e la devastazione, che Kamal fosse un uomo benestante. La casa era ben pavimentata e le mura erano intonacate e perfino affrescate con motivi floreali l? dov'erano pi? in vista. Il palazzo, tutto imbiancato a calce, era strutturato su due livelli e insieme alla bottega occupava un intero isolato. Le ante delle finestre erano di un azzurro intenso e la porta, avente la forma di un arco a ferro di cavallo, era proprio del colore dei coralli. Dal momento che l? attorno le altre abitazioni avevano simili caratteristiche, si evinceva che la dimora di Kamal fosse ubicata nella parte di citt? abitata dalla gente pi? ricca. Una splendida terrazza, per met? coperta, rendeva pi? attraente ci? che gi? era piacevole alla vista; da l? si potevano osservare le fronde delle palme e il vicino mare.

La bottega accanto era divisa in due ambienti, uno sul retro funzionale al tipo di mestiere e all’ingresso il negozio in cui esporre la merce. Anche qui i soldati inviati da Giordano non avevano avuto rispetto per niente e nessuno.

L’‘amil, com’? facile immaginare, si present? scortato da un manipolo di soldati; una decina per l'esattezza. Quando giunse sull'uscio della bottega potе osservare che dentro si affaticavano Kamal e la sua famiglia nel tentativo di recuperare quello che non era andato completamente distrutto.

Salman, il figlio maggiore, non appena vide Giordano, incurante degli uomini armati al suo fianco, gli si scagli? contro, gridando mentre si avvicinava minaccioso:

«Vile maledetto... vile maledetto!»

Ma prontamente Kamal lo placc? con un braccio attorno al collo quando gli pass? a lato.

«Sta’ calmo!» lo invit?, e dunque fece cenno a Basma e Talal di portarlo sul retro.

Salman sbuff?, fulmin? per l'ultima volta lo straniero e si fece accompagnare dall'altra parte.

Kamal invece, attore capace com'era, fece un grosso sorriso e apr? le braccia in segno di accoglienza.

«Benvenuto nella mia povera dimora, mio Signore!»

«Dove sono finiti i tanto decantati monili di cui mi parlavi ieri?» lo provoc? Giordano.

«Spero nelle mani di gente pi? degna di me...»

Al che l'altro, comprendendo che non sarebbe riuscito a smuovere i sensi dell’artigiano, and? al dunque:

«Quella cosa che dicevi su mio padre... convincimi che in virt? del passato non avrei dovuto far saccheggiare casa tua e io far? in modo di risarcirti il doppio di quanto ti ? stato sottratto.»

Yasir, finora nascosto dietro le guardie, sorrise capendo la scaltrezza del suo signore.

«In tre mesi riotterr? con le mie sole forze quello che i tuoi uomini mi hanno preso!» rispose quasi spavaldo Kamal, intendendo chiaramente far cuocere il suo interlocutore nel desiderio di sapere la verit? riguardo a quella menzione su suo padre.

Di fronte alle angherie di Giordano un’altra persona avrebbe reagito come aveva fatto Salman, tuttavia Kamal non era un uomo convenzionale; egli intendeva far alzare la posta al nemico che aveva osato fargli cos? tanto male.

«I miei uomini hanno trovato delle armi nella vostra abitazione. Sai a cosa va incontro un maomettano che in questi giorni viene trovato in possesso di armi?»

«Cinque scimitarre, due spade lunghe e dodici pugnali di varia grandezza e foggia...» elenc? uno dei soldati.

Ma Kamal, sorridendo pi? di quanto non stesse gi? facendo, contest?: