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“Scusa Ulisse, ho fatto cadere la linea e ti ho richiamato in modalità protetta, perché quelli dell'Autorità ultimamente stanno registrando ed archiviando tutto quanto passa sui collegamenti standard. Da adesso in poi certi tipi di problemi li discuteremo in questo modo, per evitare noie più gravi sia a te che a noi. E credo di aver già capito che problema hai incontrato. Ma tu sei arrivato solo oggi su Deltoide? Da piano di volo avresti dovuto arrivarci quasi tre settimane fa.”
“Lo so, Pedro, ma visto che ci passavo vicino ho fatto una sosta prolungata su Trituzio. Mettiamola così, diciamo che ho avuto un guasto serio ai propulsori.”
“Siamo su linea protetta, Ulisse, e puoi dirmi la verità. Lo so che quando passi per Trituzio ti ci fermi sempre più del dovuto. È il tuo pianeta natale, se non sbaglio.”
“Sì, lì c'è mia madre, qualche cugino e anche un'amichetta. Mi sono preso un anticipo delle vacanze, che male c'é?”
“Niente, se non fosse che non hai rispettato il contratto che hai stipulato con noi, e non ce ne hai dato comunicazione ufficiale. Adesso sono problemi tuoi.”
“Ma … voi siete sempre in grado di sapere dove mi trovo!”
“Sicuro. Ma non possiamo certo stare lì a tirarti le orecchie da anni luce di distanza; e per quanto ci riguarda tu hai già portato a termine l'incarico che ti avevamo affidato. Adesso il problema è tutto tuo, e te la devi vedere per conto tuo.”
L'immagine di Pedro sparì, e Ulisse rimase come una statua di sale, interdetto e sorpreso per la risposta ricevuta tanto da non riuscire neanche a dire nulla. Una reazione del genere da Pedro davvero non se l'aspettava.
Un paio di secondi e il volto di Pedro ritornò a video.
“Scusa lo scherzetto, ma volevo proprio vedere la faccia che avresti fatto. Guàrdati.” E così dicendo gliela ripropose a velocità rallentata. Ecco, pensò Ulisse: invece una cosa del genere da lui te la devi sempre aspettare.
“Ma non è che prima ti abbia detto una balla”, proseguì Pedro. “la situazione sta esattamente in quei termini. Però, se mi prometti che non dici a nessuno chi te le ha date e che appena puoi le fai sparire, ti posso mandare le traiettorie spaziali delle navicelle di perlustrazione confederali nel tuo quadrante. In genere non le cambiano per dei mesi, e dovresti stare tranquillo. Relativamente tranquillo, perché con alcuni modelli hanno aumentato il raggio di sorveglianza. Ma è riportato tutto nelle mappe mobili che ti sto mandando. Beh, adesso vèditela tu, la nave è tua.”
“Già, e devo anche fare il pieno di energia. A navi grandi come la mia non lo fanno dappertutto. Speriamo di non trovare altri pianeti che mi chiudano le porte in faccia. Se continua così dovrò cambiare mestiere, o almeno astronave”, commentò Ulisse.
“Io fossi in te farei un pensierino anche alla Via Ferrea”, proseguì l'altro. “È un po' pericolosa, ma proprio per questo … beh, in bocca al lupo. E mi raccomando: naturalmente noi due non ci siamo mai detti niente. Ciao, e fatti sentire quando torni disponibile.”
Già. La Via Ferrea. Quante volte ci aveva pensato, per evitare trafile burocratiche e ingranaggi da ungere per convincere questo o quello. Se non fosse stato per la grande distanza e per i suoi pericoli intrinseci… Ma certo in questo caso poteva essere una soluzione valida.
Prima però bisognava pensare all'energia. Inserì a sistema i dati necessari e attese che l'elaboratore gli restituisse alcune sue ipotesi di percorso, con tempi e distanze. Ulisse le studiò un pochino e poi scelse quella che ritenne migliore.
“Chissà a che punto sono di sotto”, pensò. “A quest'ora il pranzo dovrebbe essere già pronto.”
Attivò il collegamento interno.
“Lucrezia, Gisella. Ciao. È già tutto pronto per mangiare?”
“Sì, dacci solo il tempo di salire. Anche se qui abbiamo poca energia.”
“Tranquilli, la situazione è sotto controllo. Ma quando sarete su abbasserò il livello energetico della nave. Poi vi spiego tutto”.
“Allora ci vediamo tra cinque minuti in sala da pranzo. Anzi, facciamo dieci.”
“A dopo allora. Chiudo.”
Schiacciò l'altro bottone.
“Ciao Augusto, e anche Vittorio. Ho due domande da farvi. Sono terminate le analisi del carico? E, se sì, pensate che potremo azionare i generatori di energia endogeni, e con che risultati?”
La risposta arrivò un po' disturbata, ma comunque chiara.
“Tutto a posto, anche di più. Come energia ne potremmo anche riuscire a vendere, a lavorarci un pochino.”
Era già da qualche tempo che Augusto gli suggeriva di sfruttare meglio dal punto di vista energetico il carico imbarcato, soprattutto quello organico. Sosteneva che con un certo investimento avrebbero potuto trasformare quella che ora era semplicemente una nave da trasporto in una stazione di vendita e di ricarica ambulante, con discreti ulteriori profitti e con l'ulteriore vantaggio di non doversi spostare senza sosta e a velocità folli da un settore all'altro dell'Universo. L'idea era buona, ma bisognava lavorarci su ed investirci. E, soprattutto, forse il capitano non era ancora pronto, dopo una vita passata a fare il corriere, a trasformarsi dall'oggi al domani in produttore di energia e venditore autonomo.
“Benissimo, grazie. Ci vediamo a pranzo fra un po'.”
Ulisse non poté fare a meno di pensare che il suo era davvero un bell'equipaggio. Un quartetto in gamba, ben assortito, che in tanti anni non gli aveva dato proprio nessun problema. Solo Lucrezia e Augusto l'avevano messo in difficoltà una volta, di recente, quando gli avevano chiesto di unirli in matrimonio. Più che altro la richiesta l'aveva colto di sorpresa e impreparato. Aveva acconsentito volentieri, pur consapevole che quello avrebbe potuto essere l'ultimo viaggio insieme a loro e che probabilmente avrebbe dovuto cominciare a pensare a come poterli sostituire. Mah, un problema alla volta, pensò. Comunque, beati loro.
Appena le spie dell'ascensore e dei cercapersone segnalarono che tutto l'equipaggio era radunato sul suo stesso piano, Ulisse abbassò il livello energetico della nave, ed anche la sua cabina cadde in una specie di penombra. In compenso, i finestroni affacciati sul mondo acquistarono risalto, le luci delle stelle e dei pianeti diventarono brillanti puntini luminosi nel buio dando spettacolo, quello spettacolo meraviglioso che in fondo lo aveva convinto a scegliere di intraprendere quel tipo di vita. Ed egli rimase lì fermo qualche minuto a gustarselo, assorto in silenziosa contemplazione.
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Erano trascorse diverse settimane da quel giorno a ridosso di Deltoide: giusto il tempo di fare un rabbocco di energia - così per precauzione visto che, a detta di Augusto, anche solo i generatori endogeni sarebbero stati sufficienti – e di avvicinarsi alla Via Ferrea senza transitare troppo in prossimità di nessuna delle navicelle di perlustrazione confederali.
Il comandante radunò in cabina il suo piccolo equipaggio.
“Stiamo per affrontare una situazione davvero molto difficile per un'astronave della nostra stazza, e mi serve il massimo aiuto da tutti voi. In qualcosa di molto diverso dal solito, voglio dire. La Via Ferrea è una zona relativamente ricca di microcorpi cosmici di diverse forme e composizione. Anche i meno grandi di loro, se trascurati e non affrontati nel modo giusto, potrebbero mandarci ko. Come già vi ho accennato, noi abbiamo essenzialmente due modi per fronteggiarli: il migliore è evitarli. L'altro modo è di sminuzzarli e disintegrarli con le nostre armi. I normali sistemi automatici di navigazione non sono sufficienti: serve anche l'occhio umano, anzi tanti occhi; molta, molta attenzione, e buoni riflessi. È per questo che da qualche settimana vi ho chiesto di impratichirvi con Asteroids, un videogioco in cui le problematiche sono più o meno le stesse.”
“E la cosa durerà non poco”, proseguì Ulisse. “Da quando quella luce diventerà rossa o arancione fino a quando ritornerà verde, potrebbero trascorrere anche tre o quattro giorni. Dormiremo a turni di sei ore. Mentre uno riposa, due degli altri staranno alle finestre laterali, ed uno mi affiancherà sempre ai comandi centrali. Io probabilmente dormirò qui, forse un po' meno degli altri. Cominciamo già da adesso, ognuno alla sua postazione.”
Passò quasi un'oretta, durante la quale il capitano continuò a dare spiegazioni e a rispondere a domande e dubbi di vario genere, prima che la famosa spia diventasse arancione. E da quel momento furono quasi tre giorni di continua lotta e di guerra estenuante, al limite delle loro possibilità e della loro resistenza fisica, contro corpuscoli e detriti di ogni genere. Molti di essi, pur essendo estremamente piccoli e vicini gli uni agli altri, dovevano essere davvero recenti se la gravitazione universale non era ancora riuscita a farli avvicinare tanto da farli unire e compattare tra loro. Alcuni, tra cui un foglio di lamiera di qualche metro quadrato, sfuggirono completamente al controllo di radar e sensori e non si riuscì a fermarli in tempo, ma fortunatamente non apportarono danni rilevanti alla struttura esterna. Moltissimi furono i piccoli detriti metallici catturati dalle apposite mega-calamite di cui la nave disponeva. Vennero utilizzati questi e, per la prima volta, anche altri dispositivi in dotazione all'astronave e mai usati prima: i potentissimi fari sia a luce normale che a infrarossi; il dispositivo di protezione a rete per il ponte di comando e per altre zone della nave; i sensori di radioattività e di raggi beta e gamma. Alcuni altri, purtroppo, risultarono inutilizzabili, perché dopo anni senza manutenzione si rivelarono non funzionanti.
In quei tre giorni terribili la famosa spia rimase rossa per buona parte del tempo, e ben pochi furono i periodi arancioni di relativa tranquillità, durante l'ultimo dei quali il capitano annunciò a tutti: “Coraggio ce l'abbiamo quasi fatta!”. Ed infatti di lì a neanche un'ora la spia arancione ritornò verde.
“Ragazzi, ci siamo. È il momento. Sto per aprire i portelloni di carico. Augusto, Vittorio: controllate che non ci siano intoppi e tutto sia a posto. Anche il reparto organico: ora non ci serve altra energia, ma solo di essere leggeri e veloci il più possibile. Al mio tre: uno, due … tre!”
Fu allora che l'Ulisse Volante, per la prima volta nella sua lunga, umile ma onesta carriera, scaricò nello spazio il suo carico di milioni di teragrammi di eterogenea spazzatura. Una trasgressione alle leggi fderali; ma a mali estremi, estremi rimedi, pensò il comandante sentendosi alleggerito dentro non meno della sua nave.
“E adesso via, direzione Trituzio. Ci spetta a tutti una lunga e meritata vacanza prima di pensare al prossimo carico, o quello che sarà, magari un'altra attività. E stasera a cena mi raccomando, non fate mancare lo spumante per festeggiare.”
L'AVARIA
Il giovane comandante Colombo non aveva avuto, fino a quel momento, un compito difficile. Il pilota automatico, inserito già pochi minuti dopo la partenza, si era preso in carico le attività di routine, lasciando alla responsabilità umana solo l'onere della supervisione e del controllo. E neanche questo era gran che difficile: la strumentazione di bordo, estremamente sofisticata, era tra le più complete e costose, soprattutto in rapporto all'esiguo numero di passeggeri. Aveva richiesto un lungo periodo di addestramento, questo è vero, ma il risultato era che adesso gli sembrava di essere alla console di un videogioco, e neanche dei più difficili.
Sopra di lui il cielo si stendeva azzurro e limpido a perdita d'occhio, cordiale e senza insidie. Non una nuvola all'orizzonte. Ogni dettaglio, anche in lontananza, si presentava con una nitidezza quasi irreale, senza la minima possibilità di nascondere la sua vera natura.
Sotto di lui una striscia di asfalto attraversava come un serpente la verde pianura, incrociando di tanto in tanto altre strade partite chissà da dove e chissà dove dirette.
Difficile non rimanere affascinato da un simile spettacolo. Difficile, da quella comoda poltrona, pensare che quel giorno qualcosa avrebbe potuto non andare per il verso giusto. Eppure…
Vedendo quella lucetta gialla palpitare, agitandosi nel quadro comandi e cercando di attirare l'attenzione con il suo flebile beep elettronico, il comandante Colombo capì immediatamente che quello non sarebbe stato un giorno come un altro. Era la spia della pressione, e segnalava un allarme di primo livello. Una piccola perdita. Niente di così grave, in fondo. Meglio però non perdere tempo e attivarsi subito. Chiamò con l'apposito pulsante il resto dell'equipaggio, mentre cercava di decifrare qualcosa di più su quanto stava avvenendo. La perdita di pressione sembrava riguardare la parte posteriore destra, ma la strumentazione segnalava un assetto generale ancora perfettamente stabile.
Schiacciò di nuovo, più volte e nervosamente, il pulsante equipaggio.
“Maledizione”, pensò, “ma quanto tempo gli ci vuole per venire!”
“Buongiorno, capo.” Entrò in cabina Santino: fiero di essere stato il primo steward italiano su un volo turistico lunare, vantava venti anni di variegata esperienza che includevano persino gli elicotteri e lo Shuttle. Il capitano faceva molto affidamento sulla lunghissima esperienza del suo collega; ma quanto al carattere ed ai modi di fare di Santino - la sua divisa sempre impeccabile, la sua abituale allegria artefatta, il suo solito sorriso finto - prima o poi una di quelle caratteristiche avrebbe involontariamente potuto liberare di scatto nel capitano Colombo l'istinto di mollargli una sberla o di scaricargli contro una raffica di insulti.
“Ti dice niente quella spia gialla accesa?”
“Io sono solo uno steward, non un pilota: non vorrei intromettermi in affari che non mi competono. Ma ad occhio e croce, per quanto me ne pare, direi che si tratta di una perdita di pressione.”
“Fin lì c'ero arrivato anch'io, ma dal grande Santino mi sarei aspettato qualcosa di più”, pensò il capitano Colombo.
“Qualche suggerimento?”, gli chiese.
“Secondo me niente di preoccupante. Niente che possa costringerci a cambiare i programmi di viaggio. Sicuramente è una situazione prevista nei manuali operativi, ma nel dubbio si può chiamare la base e sentire cosa ne dicono.”
“Grazie Santino. Dai sempre buoni consigli.”
“Con il suo permesso, proseguo col giro del thè. Anche perché la prima regola, con qualunque problema, è quella di non mettere mai in allarme i passeggeri.”
Al capitano Colombo dispiaceva ammetterlo, ma Santino era davvero in gamba. Aveva doppiamente ragione: niente allarmismi, e consultare il manuale operativo, prima di avvisare la base.
Il manuale lo tranquillizzò: gli allarmi di primo livello, pur necessitando di una immediata verifica alla successiva revisione meccanica, non pregiudicavano il buon esito della missione. Ad ogni buon conto si ripassò tutti i comportamenti raccomandati nella malaugurata ipotesi in cui il grado di allarme fosse salito nella scala dei cinque livelli previsti.
Mentre si documentava sul livello quattro, gli venne giusto da pensare che quel flebile beep di sottofondo era proprio fastidioso. In una vera emergenza, con diversi allarmi attivati, ci sarebbe stato da diventare pazzi. Altro che niente panico. Ne avrebbe parlato con qualcuno della compagnia. Magari era possibile disinserire l'audio dopo qualche minuto (“Se no mi infilo le cuffie, metto un po' di buona musica, e via”, pensò). Così mise un segnalibro nella pagina che stava leggendo, e cominciò a cercare nel manuale il nuovo argomento.
Proprio allora il livello di allarme passò rapidamente da uno a due, e poi a tre, quattro e cinque. Il lampeggiare della spia, che nel mentre cambiò colore passando dal giallo all'arancio fino ad un rosso deciso, divenne sempre più frequente. Il beep aumentò di volume, fino a sembrare quasi una specie di sirena. La cabina di guida doveva essere ben isolata acusticamente, sennò altro che panico tra i passeggeri!
Colombo, mentre con la radio cercava di mettersi in contatto con la sala base, si attaccò letteralmente al pulsante di chiamata dell'equipaggio.
“Pronto sala base, rispondete.”
Dall'altra parte rispondeva un fruscio spernacchiante. Doveva esserci qualcosa in disordine anche nell'apparato trasmissivo.
“Sala base, sala base, rispondete.”
Per fortuna stavolta Santino fu molto più celere ad accorrere. Appena aprì la porta, la sirena magicamente ammutolì, dando così al capitano una risposta ormai inutile. Ma la luce continuava a lampeggiare al suo ritmo da panico.
“Santino, nel posteriore destro la pressione è a zero. Serve assolutamente un intervento di emergenza: avremo sì e no cinque minuti di autonomia. Conto su di te: rassicura i passeggeri, dato che, come tu mi insegni, la prima regola è NIENTE PANICO.”
“Certamente, capitano”.
Dalla strumentazione rilevò la loro posizione attuale. Poi rapidamente consultò la mappa di bordo. Con la stessa tranquillità che si apprestava ad infondere ai passeggeri si accomodò nella sua poltrona, aprì il microfono e cominciò con la sua consueta voce, falsa ma molto professionale:
“Avvertiamo i signori passeggeri che tra breve effettueremo una sosta non prevista di qualche minuto nell'area di servizio “I tre Pini”, per consentire la sostituzione di uno pneumatico in avaria. Vi ricordiamo che nel luogo di sosta vi è un negozio di souvenir molto fornito, e per chi volesse rimanere sul pullman verrà proiettato un cartone animato di Topolino. Buon divertimento.”
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