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Non che lui si lamenti.
“Becca.”
“È un vero piacere conoscerti, Becca. Come fai a conoscere Megan?” Mi tiene ancora la mano. Sembra felice di mantenere il contatto quanto lo sono io.
“Quella zoccola malefica è la mia migliore amica. E tu?”
Inarca le sopracciglia. “Lavoro. C’è un qualche motivo particolare per cui sembra che tu voglia farle un occhio nero?”
“Nella mia versione c’è più sangue. E un coltello.” Alzo gli occhi al cielo e reclamo la mia mano. “Mi ha fatto venire qui, stasera.”
“E non ti stai affatto divertendo.” Fa una smorfia con le labbra, divertito. Non male, Simon. I fragili ego di molti ragazzi non potrebbero cogliere la benché minima allusione al fatto di non essere il queso e le patatine del mondo di ogni donna.
A proposito… “Hai visto il queso? Mi erano stati promessi formaggio piccante e un sacco di patatine. E dei margarita. Dove diavolo sono i margarita?” Ma poi mi rendo conto che lui avrebbe sottinteso, se non apertamente fatto, una domanda. Interrompo la scansione a lunga distanza del banchetto nella cucina di Megan (non mi sono spinta oltre il soggiorno) e mi volto verso Simon. Concentrando tutta l’attenzione su di lui, dico, “No, per niente. Dick mi sta addosso e non ho drink in mano.”
“Dick?”
“Jon Snow, stile vampiro.”
Simon ridacchia di nuovo. “Cavolo, è strano. Vuoi dire Robert. È l’unico Jon Snow qui, ma mi sfugge la parte vampiresca. Quel tipo…”
“Meglio sia single, altrimenti stasera perderà un testicolo.”
“Davvero. Non che sia una scusa per comportarsi male, ma normalmente è un uomo moderatamente rispettoso.” Guarda oltre la mia spalla, in prossimità dell’ultimo posto in cui Dick è stato avvistato. “Quando non è ubriaco.”
Prima che possa affermare che Dick – apparentemente un collega di lavoro di Simon e Megan, di nome Robert – stasera è effettivamente ubriaco, Simon mi prende per il gomito con la sua grossa, calda mano. Maledizione. Sono in arretrato col sesso, perché è del tutto innaturale per me desiderare un umano, e ancora più strano avere pensieri porno sulle sue mani.
“Temo che tu ti sia persa il queso, ma posso accompagnarti alle scorte segrete di margarita.”
Nessun segreto. L’imponente e ben fornito bar si trova fuori, sul patio, e c’è anche una barista dedicata. A fine ottobre, ad Austin, difficilmente fa freddo, e stasera, a dire il vero, il clima è perfetto per attardarsi sul patio. Non riesco ad arrivare molto lontano perché vengo abbordata da Dick. A parte la scarsità di queso e la lista degli ospiti – che comprende persone, su cui c’è poco da fare – Megan sa come organizzare una bella festa. Scambiamo qualche parola sulla mancanza di queso.
Simon indica il bar con la mano tesa. “Suppongo che non vieni a molte di queste feste, perché non ti ho mai vista e il bar si trova sempre sul retro, all’aperto, anche col tempo incerto.”
“No, detesto le persone.”
Inclina la testa, come se fosse confuso – non dovrebbe esserlo; non ho nascosto nulla della mia personalità e relative peculiarità – poi dice, “Soltanto in senso collettivo o anche individualmente?”
“Oh, bella domanda, Simon.” Non riesco a fare a meno di pronunciare il suo nome. Mi piace, dà una sensazione vecchio stile. Non ho mai conosciuto un Simon, per quanto mi ricordi. “Sono disillusa sia dagli individui sia dai gruppi, ma per ragioni diverse.”
Le sue labbra si contraggono quando ordina due margarita alla barista e chiede due shot di tequila, anche. Quando la venti(e-qualche-cos)enne dietro il banco gli toglie gli occhi di dosso e comincia a preparare i nostri drink, lui dice, “Fammi capire. Dammi le prime tre per i gruppi e per gli individui.”
“Le prime tre?”
“Certo. Le tre cose che detesti di più nelle persone, sia singolarmente che collettivamente.”
Questo tizio è pericoloso. Non batte ciglio di fronte alle mie tendenze da misantropa, e fa sì che le mie parti femminili lo notino. Calma, tigre.
“Solo tre, huh? Detesto le persone che in gruppo si comportano come Dick.”
“Robert.”
“Sì, lui. Forse soffre di un certo grado di ansia sociale e sente il bisogno di lubrificarsi a questi eventi, o forse sa che gli standard sociali si allentano in grandi gruppi e semplicemente trova la scusa per fare il coglione.”
Un punto a favore di Simon è che non si è messo a ridacchiare quando la parola “lubrificarsi” è sfuggita dalle mie labbra rosso acceso. “Ci sono tanti coglioni al mondo, lui è uno dei tanti.”
D’altronde, Simon non è proprio il tipo che ridacchia. È più da “risatina in quel modo intensamente sexy che mi fa fremere”. Oh, sì, e bagnare. I toni suadenti della sua voce causano decisamente agitazione nelle mie mutande.
“Ah, non preoccuparti. Ce ne sono altre.” Do un’occhiata ai due shot comparsi durante la chiacchierata. I margarita sono ancora in fase di mescolamento. La nostra barista fa multitasking, serve birra e vino mentre prepara i nostri drink. Abbastanza giusto. C’è un bel viavai da Megan, stasera.
Seguendo il mio sguardo, Simon si accorge degli shot e compare un sorriso sexy. Offrendomene uno, tiene l’altro in mano e lo alza. “All’evitare i coglioni del mondo.”
Finalmente qualcosa a cui posso brindare anch’io.
Accolgo con piacere il bruciore del liquore. Magari affoga qualcuno dei pensieri ridicoli che sto avendo sull’umano in piedi a trenta centimetri da me.
Perché la tequila quello fa: scaccia le brutte decisioni. Questo merita un’alzata d’occhi. Ma la consapevolezza dei mali della tequila e del suo impatto sulla mia capacità di pensare in maniera critica non mi impediscono di brindare alle altre cinque cose che detesto nelle persone, singolarmente e collettivamente.
E bam! Sono ubriaca. Così, all’improvviso.
Ad essere sincera, dopo sei shot e tre margarita non si può parlare esattamente di ubriachezza improvvisa. Ma il tempo, con Simon, è volato. Tuttavia, per quanto tempo ci metta un’eccitata vampira misantropa a bere sei shot e tre margarita, quello è stato il tempo che mi ci è voluto per cadere in preda al desiderio di Simon Fullerton, ingegnere, podista, camicia nei pantaloni, e tizio la cui presenza non mi infastidisce oltre la soglia di tolleranza.
L’ultimo aspetto è stato un po’ uno shock.
Continuo ad aspettarmi che le parole successive che usciranno dalla sua bocca siano quelle che fanno pendere l’ago della bilancia verso “e adesso voglio baciarti”.
Ma continua a non succedere.
E questo da parte di uno che indossa una camicia stirata a una festa di Halloween. Devo chiederglielo. “Non sei in costume, vero?”
“No.” Il suo sorriso diventa imbarazzato. “Mi vesto così.”
Jeans in buone condizioni che calzano molto bene sul suo culo sodo, una camicia stirata, tesa sul petto robusto e infilata ordinatamente dentro i jeans, cintura abbinata alle scarpe e l’occasionale capolino dei calzini coordinati con la camicia. Non è un tipo alla moda. Sta bene, ma ho l’impressione che sia uno che non si preoccupa molto dell’abbigliamento. I vestiti gli stanno bene, sono in buone condizioni e tutti abbinati tra loro, in un certo senso.
Simon ha sorprendentemente messo in chiaro che mi circondo di uomini immaturi. Ho compiuto trent’anni e, a livello subconscio, mi aspetto che gli uomini che mi circondano agiscano in maniera differente. Rivelazione: non è così. Molti di loro continuano a indossare logore magliette a strisce e jeans sbiaditi. Oppure jeans aderenti. Oppure pantaloncini con le infradito. Benvenuti nella vita di un creativo, piena di altri creativi.
Ma Simon non corrisponde a quell’immagine. Non è un creativo. Indossa abiti da adulto… che apparentemente stira da sé. E io continuo a non trovarlo fastidioso.
È colpa del sorriso imbarazzato di Simon quello che sta per succedere.
Anche degli alcolici, ma è il sorriso che in realtà preme i miei pulsanti.
Attenzione, attenzione. Pericolo in vista. Vampira ubriaca a una festa con un ragazzo umano sexy.
L’avviso è per gli altri.
Mi sporgo, avvolgo la sua nuca con la mano (non semplicemente per evitare di cadere) e alzo il mento.
Due occhi blu molto interessanti guardano in giù verso di me.
E poi lui mi bacia.
2
Scopro che sei shot e tre margarita - o per lui è stato soltanto un margarita? - non rappresentano tequila sufficiente per Simon per dimenticarsi di essere a una festa circondato da colleghi di lavoro.
E questo di lui mi piace. Non è un coglione, non è Dick.
Dea, cos’altro c’è da scoprire, che mi piace, di questo tizio? Ho bisogno che mi infastidisca, e presto.
Ma dopo un banale bacio, una toccatina molto bella e poi avermi mordicchiato le labbra, Simon mi sussurra vicino all’orecchio, “C’è un posto dove possiamo andare senza imbatterci nella moglie del mio capo vestita da diavolo sexy?”
Mi piace il fatto che sia stato ad alcune feste in casa di Megan e non sappia dove trovare un po’ di intimità. Potrei far finta che lui non sia il tipo di ragazzo che fa sesso occasionale con estranei alle feste.
Il che è strano, perché, senza giudicare, se a un ragazzo o a una ragazza piace fare sesso con degli estranei, che lo facciano. Usate precauzioni, ottenete il consenso e tutto il resto, ma fondamentalmente io sono a favore di voi che vi fate da soli o di lui che si fa lei o di lui che si fa lui o di lei che si fa lei. Quello che vi pare, a me non importa.
Quindi perché dovrei preoccuparmi se Simon, abitualmente, si fa o non si fa qualcuno alle feste aziendali?
Anziché rispondere alla sua domanda, gli afferro la mano e me lo trascino dietro. Fino alla camera di Megan. Perché qualunque cosa mi stia passando per la mente, il resto di me dice, “Sì!” e “Subito!” e anche “Dea, spero che il suo uccello sia carino quanto il resto di lui.”
Apparentemente, il resto di me è un po’ sciatto.
Poco dopo aver cominciato a dirigermi lungo il corridoio che porta alle camere da letto, Simon mi mette un braccio intorno. È una bellissima sensazione. Mi sembra di percepire la definizione del suo torace. Ma non ci riesco. Tutto ciò che percepisco è la sensazione di un uomo saldo, muscoloso che mi stringe a sé. Il resto – pettorali gonfi e addominali scolpiti – è solo frutto della mia immaginazione.
Sono quasi sicura che quello non è il tipo di festa per la quale Megan si aspetta che i partecipanti finiscano nudi per scopare sul suo letto, ma, hey, io vivo per stupire i miei amici, tutti e tre, per cui ci sto.
Non appena lui chiude la porta dietro di noi, mi blocca contro il muro e preme l’intera lunghezza del suo sexy e duro corpo contro di me. Il calore del suo respiro sul mio collo mi fa venire i brividi e mi strofino contro di lui.
Mentre le sue labbra disseminano piccoli baci lungo la colonna del mio collo, muovendosi verso l’orecchio, mi aspetto di sentire a seguire dolci cose da niente sussurrate. Okay, non esattamente. Mi aspetto di sentire sconcezze oppure mordicchiare l’orecchio.
Quello che ricevo è… “Non possiamo fare sesso.”
Aspetta – cosa? Io sto facendo sesso. Sei mesi di inazione non aiutano la situazione, ma oltretutto sono follemente, improbabilmente attratta da un uomo le cui labbra, al momento, stanno percorrendo il padiglione del mio orecchio. Spinge i suoi fianchi contro i miei. L’uomo il cui fallo rigido mi strofina proprio… nel… posto… giusto.
Gemo.
Mi sciolgo.
Mi strofino contro quel grosso cazzo.
Un attimo. Tolgo la mano dalla natica che sto palpeggiando e lo picchietto tra le costole.
“Ow.”
Non gli ho fatto male. Sono abbastanza brava nel valutare il dolore, con tutta l’esperienza che ho a bucare la carne. Deriva dal mio background vampiresco. Ma se mai ci fosse qualche dubbio, la piega divertita delle sue labbra li ha messi a tacere.
“Perché non possiamo fare sesso? Perché, per essere chiari, ci sto. Ci sto completamente.” Quando lui non coglie al volo l’occasione di passare ai fatti, perché, diciamo le cose come stanno, sono calda, aggiungo, “Con ‘completamente’, intendo che voglio il tuo uccello. Adesso.”
Quella piega divertita delle labbra si trasforma in un sorriso sexy totale. Poi lui strofina l’uccello contro di me, facendomi guaire. Mi viene da riconsiderare qualunque pensiero positivo possa avere avuto precedentemente sul caro Simon, perché comincio a pensare che possa essere sotto tortura.
Ancora una volta, comunica la brutta notizia con un roco sussurro proprio vicino al mio orecchio. “Nove drink.”
“Fanculo, cazzo, vaffancazzo.”
Questo lo fa ridere, ma va bene, perché succede che contemporaneamente mi dà un abbraccio integrale. “Penso di avere la soluzione al tuo problema.”
Occorrono alcuni secondi alle sue parole per registrarsi, perché vengo circondata dal suo pungente odore di maschio pulito e dalle sue forti braccia, entrambi i quali mi fanno strofinare il seno contro il suo petto. I miei capezzoli sono contenti, ma il mio cervello non sta funzionando.
Stare così vicina all’uomo più eccitante con cui potrei fare sesso mi scombina i pensieri. Inoltre, l’incombente privazione e la stimolazione dei capezzoli non aiutano il pensiero logico.
Quando, alla fine, le sue parole si districano nella mia testa, mi rendo conto che Simon non è sotto tortura.
Simon è uno che dà.
“Hmm.” Fingo di prendere in considerazione la sua proposta (mentre continuo furtivamente a sbattermi a secco la sua erezione). Ma non fingo a lungo, perché le sue dita scivolano sotto la vita dei miei pantaloni in finta pelle e mi stringono il sedere.
Non essendo una che resta in ozio quando c’è un lavoro importante da fare, allento il bottone dei pantaloni, abbasso la lampo e ondeggiando me ne libero.
Simon mi aiuta.
Le sue mani calde mi sfiorano il corpo, dalle costole giù fino al culo, per poi risalire fino alle tette. Mi palpeggiano i seni sopra il pizzo della bralette, mi pizzicano i capezzoli e in generale fanno sentire le mie piccole coppe misura B adorate prima di scomparire sotto la camicetta e la bralette.
È così che mi sento. Un momento esse fanno la loro magia sulla camicetta e il reggiseno, e il momento dopo sono scomparse, sostituite dalle sue labbra e dalla sua lingua.
Lui si alterna tra pizzicare un capezzolo con le dita e succhiarlo delicatamente con quelle labbra perfette e quella bocca meravigliosa.
E nel mio cervello, a dire il vero, non dimorano così tanti aggettivi positivi tutti insieme da… mai.
Mi massaggia un seno con la sua manona mentre si occupa dell’altro con quella sua bocca sexy. E parlando di mani, io ansimo e cerco di fare qualcosa di più che stringere la stoffa della sua camicia. Tipo slacciargli la cintura. Alla fine riesco a farmi strada verso l’oro. Spingendo da parte i jeans e i corti boxer neri, le mie dita si avvinghiano a lui.
Lo accarezzo dalla radice alla punta, facendo scorrere il palmo sul suo glande. Dall’orifizio esce del precum e io lo spalmo col pollice. La lubrificazione extra permette al mio palmo di scivolare più agevolmente mentre lo masturbo.
Ed è in questo momento che la sua bocca torna sulla mia. Con la testa inclinata, in modo da poter esplorare, saccheggia la mia bocca e fa scivolare una mano sullo stomaco e poi giù, tra i riccioli umidi. Le sue abili dita continuano a percorrere la strada verso il mio centro bagnato, librandosi intorno, ma senza toccarlo, al mio sensibile clitoride.
“Oh, Simon.”
Ho appena pronunciato il suo nome con un gemito in stile porno? Spero proprio di no, ma con due dita dentro di me e il pollice che compie il primo, dolce passaggio sul mio clitoride, è altamente probabile che lo abbia fatto.
Per tutto il tempo continuo, senza pensarci, a masturbargli l’uccello, ma mentre Simon lavora sul mio corpo, io lo accarezzo con lo stesso ritmo. Non mormora una parola di lamentele. A dire il vero, i suoi fianchi si muovono con un crescente e frenetico entusiasmo.
E, Dea, quanto mi piace lo scivolamento delle sue dita dentro e fuori la mia passera.
Con quella sua voce profonda, e tutto il velluto andato, sostituito da un tono roco, dice, “Voglio sentirti venire intorno alle mie dita.”
E quelle poche, sconce parole sussurrate al mio orecchio mi fanno oltrepassare il limite.
Vengo sulle sue dita mentre lui geme per la sua liberazione.
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