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Le Cacciatrici Di Mostri
Le Cacciatrici Di Mostri
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Le Cacciatrici Di Mostri

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Come se i mostri partecipassero abitualmente ad attività affettive come i gruppi di supporto.

A parte il fatto che lui non era un mostro. Non ancora.

“Mi stai infinocchiando.”

“No.” Si era girato di nuovo verso il marciapiede e aveva continuato a camminare.

Avevo alzato gli occhi al cielo – perché un gruppo di supporto? – e lo avevo seguito. “D’accordo, sei entrato in questo… gruppo per mettere la testa a posto, lo hai consigliato a Mark e poi?”

“E poi lui li ha uccisi tutti. Tutti tranne uno.”

Cos’era quella strana sensazione? Indigestione?

No, perché non avevamo ancora mangiato.

Merda, sapevo cos’era.

Figlio di una fottuta puttana. Questo tizio mi aveva decisamente destabilizzata, perché quella sensazione? Era compassione.

Stavo provando della fottuta compassione.

Avevo mandato giù i miei sentimenti – porca merda, ero così scombussolata – e fatto il mio lavoro. “Perché cazzo avrebbe dovuto farlo?”

Barrett Miller si era fermato e mi aveva guardata. “Penso che, probabilmente, non volesse mettere la testa a posto.”

Barrett fottuto Miller mi aveva piantata.

Mi aveva detto che l’ultimo membro del gruppo di supporto era nascosto da qualche parte, e pensava che il prossimo bersaglio probabilmente sarebbe stato lui.

Poi aveva detto non importa riguardo al pranzo, e poi si era tolto dalle palle per andare chissà dove.

Beh, in realtà non chissà dove. Era andato a casa. Aveva detto che non era preoccupato di essere aggredito durante il giorno, perché la bestia era più forte di notte. Quella era la notte in cui il suo buon amico Mark sarebbe stato più sensibile agli impulsi bestiali.

Avevo il suo indirizzo, e si presumeva che mi facessi vedere a casa sua prima che fosse buio.

A me quello sembrava un mucchio di stronzate.

Dovevo scavare un po’ in questo gruppo di supporto, ma non appena avessi finito con quello, avevo pianificato di andare a casa di Barrett Miller per assicurarmi che non si facesse uccidere.

Oppure Barrett Miller diceva cazzate e non aveva messo affatto la testa a posto. Se era così,il killer poteva essere lui.

Oppure poteva essere pericoloso quanto Mark Jared se i due avessero regolato i conti, soccombendo alla sua bestia e uccidendo chiunque lo avesse fatto incazzare – o avesse anche solo incrociato il suo cammino – mentre lui era in preda al desiderio di sangue.

Dopo aver preso il mio panino – perché, fanculo Barrett Miller, ero ancora affamata – lo avevo mangiato mentre rientravo in ufficio.

E non avevo pensato al fatto che Barrett non stava causando un ritardo non necessario nella mia indagine, perché sapeva chi sarebbe stata la prossima vittima (lui stesso) e aveva già preparato una trappola.

E non avevo pensato al fatto che se fosse successo che aveva messo la testa a posto, quello significava che lui non era uno dei mostri.

E sicuramente non avevo pensato al fatto che all’improvviso potesse fare parte di una categoria del tutto nuova: l’imminentemente scopabile.

Una volta tornata in ufficio, Eric e io ci eravamo messi al lavoro.

Avevamo scoperto che le tre persone morte non erano affatto umane. Rafe si sarebbe incazzato quando lo avesse saputo. Primo, l’amministrazione gli avrebbe fatto una lavata di testa per aver fatto un lavoro di merda con i fascicoli, e secondo, Rafe avrebbe odiato a vita il fatto che eravamo stati coinvolti in un crimine mostro-contro-mostro.

Rafe poteva andare a farsi fottere. Le persone che erano state uccise avevano fatto tutto il possibile per restare aggrappate alla loro umanità. Per contenere e controllare la bestia che avevano dentro.

E da quello che potevo vedere, avevano fatto un lavoro fottutamente decente.

Un succubo aveva aperto un centro di meditazione. Lei si nutriva, a piccole dosi, dai clienti in meditazione. E in realtà non potevo biasimarla, perché aveva bisogno di energia per vivere e da qualche parte doveva pur prenderla. Le sue azioni non erano così diverse da quelle dei vampiri, che sorseggiavano e non uccidevano mai, e ormai avevano ottenuto un lasciapassare sociale da decenni.

Una sirena e un kappa si erano auto-isolati, limitando quindi il loro accesso alle vittime.

E il gatto mannaro scomparso. Non c’erano stati attacchi da parte di grossi gatti nel raggio di quattro ore d’auto nel corso degli ultimi sei mesi, quindi o lui era andato più lontano oppure si teneva sotto controllo.

Avevo sospirato.

“Già, è abbastanza pazzesco che fossero tutti insieme in un gruppo di supporto, eh?”

Avevo annuito.

“Ma sembrava che, forse, funzionasse, giusto?” Eric sembrava sconcertato da quel pensiero, come lo ero io.

“Già.”

Le implicazioni erano… interessanti. Promettenti. Ma quali che fossero le ramificazioni a lungo termine – e il potenziale cambiamento verso la mia visione del mondo – le prove supportavano la conclusione che Barrett, probabilmente, stava dicendo la verità.

Un’altra vittoria per il mio rilevatore di bugie interno. Perché per quanto non gli credessi, non pensavo nemmeno che stesse mentendo.

C’erano voluti alcuni secondi prima che la mia accettazione si facesse strada tra alcuni anelli logici.

Barrett Miller non era il killer.

L’idiota si era preparato a fare da esca.

Peggio, Jared avrebbe trovato uno scoglio particolare nell’uccidere Miller se si fosse reso conto che il suo amico lo braccava e aveva tolto la sua prossima vittima dalla strada del pericolo.

Uno scoglio probabilmente abbastanza difficile da spingerlo a rompere il suo schema e attaccare durante il giorno.

“Merda. Devo andare a casa di Barrett.”

“Già. È una buona idea. Quel tipo è un bersaglio facile.”

Avevo guidato velocemente, perché Barrett fottuto Miller mi preoccupava.

Era solo metà pomeriggio quand’ero arrivata.

Molto prima delle altre aggressioni, eppure ancora…

Barrett viveva in un vecchio quartiere con strade dove c’erano parcheggi sul davanti e non molti parcheggi sul retro.

Avevo appena chiuso l’auto e mi stavo dirigendo alla porta principale quando l’avevo percepito. Un formicolio alla nuca. Simile a quello che avevo percepito quando prima Barrett mi aveva seguita fuori dal mio edificio… ma diverso.

Malevolo.

Huh. Suppongo che prima mi fosse sfuggita con Barrett. La mancanza di intento malevolo. Quel tizio mi aveva davvero mandato fuori fase.

Ma ora avevo percepito il distinto formicolio del presentimento del pericolo.

Ero pronta per Mark Jared.

Piuttosto pronta.

Ero pronta nel senso che ero sempre pronta per un po’ di corpo a corpo, per quattro salti.

Ma… non mi aspettavo esattamente che questo coglione mi attaccasse in pieno giorno, sul prato anteriore di Barrett, in totale modalità mostro.

I mostri sapevano che, per sopravvivere, dovevano nascondersi.

A Mark Jared mancava quel particolare promemoria per mostri.

Aveva assunto la sua forma bestiale per attaccare, e quello voleva dire artigli e zanne. Ma aveva anche un coltello, quindi per me sarebbe stato un fottuto divertimento.

Con un attacco a tre punte – zanne, artigli e coltello – avevo bisogno di distanza e di una pistola.

Fortunatamente per me – fottuta fortuna, più che pianificazione – avevo una pistola con me. Non così fortunatamente; sebbene un licantropo in forma bestiale avesse riflessi più lenti dei miei, poteva coprire una distanza maggiore.

Avevo estratto la mia arma mentre indietreggiavo, poi avevo fatto fuoco, ma ero riuscita soltanto a sparare tre colpi prima che lui fosse su di me e mi strappasse via l’arma, allontanandola.

Tre colpi non letali. Avevo bisogno di un’arma da fuoco fottutamente più grossa.

Avevo intrappolato vicino al suo corpo la mano con il coltello, ma potevo soltanto evitare per un po’ l’altra mano con l’artiglio e le zanne. Aveva un vantaggio su di me, di stazza e di forza.

Stavamo facendo una danza, lui usando i denti, gli artigli e il coltello, mentre io evitavo tutti e tre e puntavo alle sue ferite, quando avevo sentito la voce di Barrett che aveva gridato, “Mark!”

Con la bestia distratta per una frazione di secondo, ero riuscita a dargli un robusto colpo su una ferita gocciolante sul torso.

Poi se n’era andato.

Più interessato a fare a pezzi l’uomo che aveva cercato di aiutarlo che preoccupato di una come me.

Con un occhio al confronto in corso soltanto a pochi metri da me, ero scattata verso l’auto per prendere l’arma di riserva.

Ero riuscita a malapena a sbloccare la portiera quando lo avevo sentito. Il caratteristico suono scricchiolante di un collo spezzato.

La vista e l’udito non erano d’accordo. Le prove fornite dai miei occhi e dalle mie orecchie erano in diretto conflitto l’una con l’altra.

I miei occhi avevano visto il corpo umano intero di Barrett ancora in piedi. I suoi vestiti erano ancora intatti, e lui non sembrava ferito.

E i miei occhi avevano visto il corpo floscio di Jared cadere a terra. Poiché era ritornato in forma umana, sapevo che era morto.

Ma le mie orecchie avevano sentito il caratteristico suono scricchiolante di un osso che si spezzava. Un collo che si spezzava. Nient’altro avrebbe spiegato sia il suono sia il risultato finale della morte di Mark Jared.

Ma quei pezzi di prova non si incastravano tra loro. Un maschio umano non poteva spezzare il collo pesantemente muscoloso di un licantropo in forma bestiale.

La logica diceva che non era possibile.

A meno che… Barrett non fosse umano.

Sembrava umano, perché non aveva mai cambiato forma.

La sua bestia restava nella gabbia.

Lui era in piedi davanti a me – letteralmente, proprio di fronte a me – come un uomo. La sua fottuta camicia non era nemmeno sgualcita.

Porca merda. Avevo appena visto un licantropo imbrigliare la forza della bestia sotto forma di uomo.

Figlio di puttana. Quello era eccitante.

Maledizione. Non potevo essere attratta da un mostro.

Dopo un rapido controllo del mio corpo – capezzoli turgidi, battito accelerato, mutandine bagnate – sì, ero decisamente attratta… il che significava che quest’uomo non era un mostro.

“Stai bene?” aveva domandato Barrett. I suoi occhi nocciola scaldavano.

Avevo annuito.

“Eccellente. Devo occuparmi di un corpo morto. Dammi un secondo.”

Certo, che sarà mai? Capita che ci siano corpi morti. Fa parte del lavoro di un cacciatore di mostri.

E proprio in quel momento mi ero sentita un po’ strana. Probabilmente a causa del mio sangue che scorreva verso sud.

“Garage,” avevo detto alla sua schiena che si allontanava.

Anche con un afflusso limitato di sangue al cervello, sapevo cosa fare con i corpi.

Avevo mandato un messaggio a Eric con una richiesta di pulizia. Avevo incluso il luogo in cui si trovava il corpo e anche le circostanze, cosicché lui potesse far sì che la squadra di pulizia si assicurasse che non ci fossero testimoni che ci avessero visti lottare sul prato – e uccidere un tizio.

Oppure, come la storia sarebbe girata, provare una scena di un film horror. Era quasi scioccante sapere a cosa poteva credere la gente applicando un po’ di magica persuasione.

Portato a termine quel compito, avevo marciato fino alla porta e mi ero auto-invitata ad entrare.

C’era un’altra cosa che dovevo fare prima di potermene andare.

Meno di un minuto dopo, era entrato Barrett.

Sesso con Barrett Miller. Quella era la cosa che dovevo fare.