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Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5)
Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5)
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Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5)

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“Amico, ci stai facendo preoccupare. Dicci cosa succede” disse Lash, alzandosi.

“Non so come farlo.” Uri si strofinò il collo nervosamente.

Rachel gli accarezzò un braccio e poi si diresse verso Naomi, atterrando delicatamente al suo fianco. “Sai una cosa? Mi piacerebbe una tazza di tè.”

“Non ti piace il tè” disse Naomi mentre Rachel la metteva in piedi. Le notizie dovevano proprio essere molto brutte. Rachel la stava praticamente trascinando in cucina.

“Uh, è vero, ma mi piace il modo in cui lo fai tu con la cannella e il—”

“Rachel . . .” la avvisò Naomi.

“Va bene, va bene. Scusa.” Rachel lasciò andare il braccio di Naomi. “Diglielo, Uri.”

“Dobbiamo riportare indietro Jeremy.”

Lash guardò nervosamente verso Naomi prima di girarsi verso Uri.

“Ci stiamo lavorando.”

“Deve tornare. Adesso.” Uri sembrava agitato.

Naomi sbatté le palpebre, sorpresa. Lash sembrava esserlo tanto quanto lei. Uri di solito era estremamente rilassato.

“Metteranno Jeremy sotto processo!” sbottò Rachel.

“Sotto processo? Perché?” Naomi non poteva credere a quello che stava sentendo. E se Jeremy non fosse tornato? Le cose si sarebbero messe peggio per lui?

“Per aver disubbidito a quello che gli era stato ordinato, giusto?” disse Lash, scuotendo la testa. “Non preoccupatevi. Non è niente di che. Sono stato sotto processo dozzine di volte. Maledizione, Uri, mi avevi fatto prendere un colpo.”

“Non capisci” disse Rachel sottovoce.

“Ma mi conosci?” disse Lash ridendo. “Sto parlando per esperienza. A Jeremy andrà tutto bene. È la sua prima volta, per cui saranno clementi. Davvero, voi due dovete rilassarvi.”

“Ho paura che ti sbagli, amico mio” disse Uri con voce profonda e seria. “Qui è tutto diverso, perché si tratta di Jeremy.”

Uri fece una pausa, prendendo fiato. Occhi azzurri pieni di dolcezza si posarono su Naomi per un attimo. Non c’era rimprovero nel suo sguardo, ma lei non poté fare a meno di sentire il senso di colpa ribollirle dentro.

“Gli arcangeli devono seguire un codice di condotta più rigido degli altri” disse Uri. “Siamo modelli di comportamento per gli altri ranghi. Non solo Jeremy ha disubbidito ad un superiore, ma l’ha fatto davanti a dei subordinati.”

Oh, no. Cosa ho fatto? La vergogna si impossessò di Naomi. Se Welita avesse potuto vederla adesso, si sarebbe sentita mortificata. Non era questo il modo di trattare la famiglia.

Rachel le strinse la mano. Anche senza che dicesse una parola, Rachel sapeva a cosa stava pensando.

“E allora lo riportiamo indietro. Super facile” disse Lash. “Se chiederà perdono, non ci sarà nemmeno bisogno di un processo. Sono certo che Raphael convincerà Michael ad essere clemente.”

“Si è già incontrato con Michael” disse Rachel.

Lash si irrigidì. “E?”

Uri scosse il capo tristemente.

“Non è possibile! State scherzando, vero? Forza, Uri. Devi stare scherzando!” Il viso di Lash divenne paonazzo.

“Come vorrei fosse così, amico mio. Anch’io ho pregato Michael. È stato irremovibile. Gli arcangeli giudicheranno Jeremy per i suoi misfatti.”

Naomi scoppiò in singhiozzi mentre Lash colpiva con forza il muro, inanellando una sfilza di parolacce. Doveva fare qualcosa per rimediare.

“Capisco la tua rabbia. La sento anch’io. Ho convinto Michael a lasciarmi andare a prendere Jeremy. Ha accettato che venissi con me.”

“Vengo io con te!” gridò Naomi. Era per colpa sua che Jeremy se n’era andato. Poteva convincerlo a tornare.

“Non puoi” disse Uri. “Michael ha specificatamente proibito che tu facessi parte di questa operazione.”

Naomi guardò verso Rachel, che adesso stava piangendo, con le lacrime che le scendevano a fiotti lungo le guance.

“Pensavi di potermi distrarre con del tè?” singhiozzò Naomi insieme a lei.

“Non sapevo che altro fare. Mi dispiace.”

“Shh, Naomi.” Lash la prese fra le braccia. “Uri ed io abbiamo la situazione sotto controllo. Riporteremo Jeremy a casa e troveremo il modo di perorare la sua causa. È il miglior arcangelo che ci sia. Tutti lo amano qui. Tutto andrà bene. Vedrai.”

5

Jeremy era tornato.

Leilani non voleva pensare al fatto che fosse tornato sull’isola. Era stanca e sudaticcia.

Scostò il lenzuolo umido, alzandosi lentamente dal letto. La casa era calda come un forno. Non riusciva a dormire, e ogni volta che chiudeva gli occhi tutto quello che vedeva era Jeremy.

Attraversò la cucina e si diresse verso la porta sul retro. Dopo averla aperta, si appoggiò allo stipite, guardando il cortile. Una leggera brezza le colpì il viso sudato.

Perché sei tornato?

E perché non riusciva a toglierselo dalla testa?

Aveva cose più importanti a cui pensare, per esempio a come far funzionare il condizionatore. Avrebbe dovuto lavorare un weekend extra per avere il denaro sufficiente per aggiustarlo. O magari Kai poteva fare un'altra magia e rimetterlo di nuovo a posto.

Perché sei tornato? E perché devi essere così bello?

Guardò verso la luna, ricordando i suoi sogni infantili in cui Jeremy la teneva stretta e la baciava. Era tutto ciò a cui aveva pensato dal giorno in cui l’aveva incontrato.

Perché non era il coglione pieno di sé che aveva pensato che fosse quando l’aveva visto per la prima volta? La vita sarebbe stata molto più semplice. Ma no, la vita voleva torturarla ed aveva reso Jeremy bello dentro tanto quanto lo era fuori.

Era gentile, dolce, e premuroso. Tutto ciò che aveva fatto, dal cercare di metterla di buon umore quando Candy le aveva rubato il lavoro al diventare amico di Sammy, l’aveva portata ad innamorarsi di lui, e senza via di scampo.

Jeremy non era cambiato per niente. Era ancora bellissimo ed incredibilmente forte. E quegli occhi. Oddio, quegli occhi. Le parlavano, la ammaliavano fino a farla annegare in un mare blu.

Fece un sospiro, chiudendo gli occhi. Quelle labbra. Oh, come ricordava quei sogni e la sensazione di sentirle premere contro le proprie. Soffici, decise, sensuali. Il cuore le si strinse per il desiderio.

Bah! Batté la testa contro lo stipite varie volte.

Fattela passare. Fattela passare. Finiscila!

Smettila.

Non era più una bambina. Non aveva tempo per queste stupidaggini da ragazzina.

Aprì gli occhi di scatto sentendo il suono di qualcuno che si lamentava.

Sammy stava avendo un altro dei suoi incubi.

Era colpa di Jeremy, che aveva fatto riaffiorare i ricordi. Leilani sapeva che Sammy stava sognando quel giorno. Era lo stesso suono lamentoso che aveva prodotto ogni notte per un anno dopo la morte dei loro genitori. Non era una coincidenza che avesse ricominciato nello stesso momento in cui era riapparso Jeremy.

Leilani non era certa di ciò che era successo dopo aver perso conoscenza, e non poteva credere a tutto ciò che le aveva raccontato Sammy. Il bambino aveva trasformato Jeremy in un supereroe che si introduceva fra le fiamme e strappava le portiere dai cardini. Non era riuscito a parlare d’altro per giorni. Quando i ragazzini a scuola l’avevano preso in giro sul suo amico immaginario supereroe, l’aveva trascinata su tutte le spiagge dell’isola alla ricerca di Jeremy per poter provare la sua esistenza. Dopo settimane, si era finalmente reso conto della situazione. Il suo cosiddetto amico se ne era andato. Aveva smesso di parlare di Jeremy e i lamenti notturni erano iniziati.

Maledetto Jeremy!

Figo o no, ormai le era passata. Esatto, basta sprecare neuroni pensando a quel coglione. Quello che doveva fare era focalizzare l’attenzione su Kai.

Kai era maturato nell’esatto momento in cui aveva saputo che i genitori di Leilani erano morti. A Leilani piaceva. Col tempo, avrebbe anche potuto arrivare ad amarlo. Dopo tutto, lui era rimasto. Lui si era occupato di Sammy quando Leilani o la zia Anela non potevano farlo.

Che importanza poteva avere se il loro unico bacio non le aveva fatto venire i brividi? Era successo al ballo di fine anno. Quei baci non contavano.

Ricordava ancora quanto Kai sembrasse dolce quella sera con i capelli neri pettinati all’indietro e il pomo di Adamo che andava su e giù nervosamente mentre stavano insieme sulla veranda. Lui si era avvicinato lentamente, incerto su come lei avrebbe reagito. Lei aveva inclinato la testa all’indietro, invitandolo a baciarla. E poi lui l’aveva fatto—un bacio dolce e profondo.

Lei gli aveva appoggiato le mani sul petto ed era rimasta in attesa.

Ad aspettare.

Ad aspettare che la Terra si muovesse. Ad aspettare che le ginocchia si rammollissero o che le farfalle cominciassero a svolazzarle nello stomaco.

Niente. Se avesse baciato un sasso avrebbe provato la stessa emozione.

“Bella luna! Bella luna!”

Leilani venne distolta dai suoi pensieri da risatine acute.

“Oh, sei ancora sveglia. Non volevo spaventarti. Stavo rimettendo Giggles nella sua gabbia” disse la zia Anela dirigendosi verso la gabbia per uccelli vicino alla porta. Un pappagallo bianco le stava appollaiato sulla spalla, dondolando la testa con eccitazione.

“Bella luna! Bella luna!”

“Sì, Giggles. C’è una bella luna stasera.”

“Me ne occupo io.” Leilani tese la mano verso l’uccello.

Giggles sbatté le ali e emise un verso acuto. Leilani ritrasse velocemente la mano.

Il pappagallo si mise a ridere.

“Non sei carina, Giggles” la sgridò la zia Anela.

Leilani alzò gli occhi al cielo. Amava il fatto che la zia Anela fosse andata a vivere con loro. Ma quell’uccello la stava facendo uscire di testa. Non era un segreto che Giggles volesse farla fuori. Era stata guerra fin dal primo giorno.

La zia Anela l’aveva avvisata che Giggles era intelligente e amava ripetere tutto ciò che udiva. Non aveva esagerato. Leilani l’aveva imparato a proprie spese.

Quando lei e Sammy avevano aiutato la zia a trasferirsi, lei aveva sbattuto con il gomito contro il bancone della cucina. Aveva inanellato una serie di parolacce che l’avrebbero fatta mettere in castigo per un mese se i suoi genitori fossero stati lì a sentirla. Giggles era nella sua gabbia in quel momento, e si gingillava con uno dei suoi giocattoli, comportandosi come se non avesse sentito niente. Non aveva detto una parola, non aveva nemmeno riso, finché la zia Anela non era entrata in cucina, e allora bam! Quelle parolacce erano volate fuori, una dopo l’altra, da quel maledetto uccello.

“C’è qualcosa che non va?” La zia le passò Giggles.

Leilani la guardò, osservando gli occhi castani, saggi e grinzosi. I capelli corti e neri erano punteggiati di grigio, fornendo una cornice sale-e-pepe al suo viso pieno di rughe.

“Va tutto bene. Fa solo un po’ caldo.” Leilani si girò, mettendo Giggles nella gabbia.

Non si trattava proprio di una bugia. Faceva davvero caldo.

Mani soffici le toccarono le spalle, girandola. Leilani abbassò gli occhi. Non poteva guardarla in faccia. La zia era una sensitiva o qualcosa del genere, ed era in grado di leggere la mente. A volte sapeva le parole che Leilani avrebbe pronunciato prima ancora che lei le pensasse.

Sebbene la zia non fosse imparentata con lei e Sammy, era `ohana—famiglia. Aveva praticamente allevato sua mamma e poi anche la stessa Leilani quando era piccola. Aveva vissuto e condiviso tutto insieme alla famiglia—quando il padre se n’era andato a Los Angeles, quando la madre si era risposata, quando era nato Sammy, e quando i genitori erano morti. Aveva persino venduto la propria casa per saldare l’ipoteca dei genitori di Sammy e Leilani per fare in modo che potessero rimanere nella casa in cui erano cresciuti. Leilani le doveva tutto.

“È successo qualcosa. Sammy stava parlando di nuovo nel sonno, chiamando un certo Jeremy.”

Un groppo le si formò in gola nel sentire quel nome. Voleva dimenticarsi di lui. La zia lo stava rendendo difficile.

Sforzandosi di sorridere, Leilani andò al frigorifero e tirò fuori una brocca.

“Jeremy? Oh, non è niente. È solo un turista con cui Sammy passava del tempo qualche anno fa.”

“Non c’è altro?”

Nella stanza si fece silenzio mentre Leilani versava la limonata in due bicchieri. Quando ne passò uno alla zia, questa le afferrò la mano.

“Sicura di avermi detto tutto?”

Leilani strinse con forza il proprio bicchiere. Avrebbe dovuto parlare alla zia di Jeremy. Magari lei le avrebbe spiegato come smettere di sognare un uomo che non avrebbe mai potuto avere.

Non posso. Non doveva far preoccupare la zia con i suoi drammi. Aveva già fatto troppo per loro.

“Sì” rispose, mantenendo un tono leggero. “Oh, a proposito, hai sempre intenzione di aiutarmi nella coreografia di un nuovo hula, vero?”

Deglutì un sorso di bibita mentre la zia la studiava.

“Non sei ancora pronta per parlare. Va bene. Magari domani.”

“Sì, domani.”

“Stai andando a letto?”

“Fra un attimo.” Diede un bacio sulla guancia alla zia prima di uscire dalla cucina.