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Un Bacio Audace
Dawn Brower
A volte certi inizi sono contrastanti A volte certi inizi sono contrastanti. Nel 1814, un giovane mette in salvo una donna durante una bufera di neve e scatta subito il colpo di fulmine. Ma la donna sta fuggendo da un matrimonio di convenienza con un uomo malvagio. Riusciranno ad affrontare il pericolo o il loro amore appena nato svanirà prima ancora di sbocciare?
Dawn Brower
Un Bacio Audace – Intellettuali Contro Libertini Vol. 3
UN BACIO AUDACE
INTELLETTUALI CONTRO LIBERTINI, VOL. 3
DAWN BROWER
TRADUZIONE DI: ANTONELLA MASTROPIERI
MONARCHAL GLENN PRESS
UN BACIO AUDACE (INTELLETTUALI CONTRO LIBERTINI VOL. 3)
Copyright ©2019 di Dawn Brower
website:http://www.authordawnbrower.com/ (http://www.authordawnbrower.com/)
English Edition: January 2019
Traduzione: Antonella Mastropieri
Editore: Monarchal Glenn Press
Ditributore: Tektime
website:https://www.traduzionelibri.it/ (https://www.traduzionelibri.it/)
Questa è un’opera di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e organizzazioni citate sono frutto dell’immaginazione dell’autore e utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a persone reali, viventi o defunte, o eventi realmente accaduti, è puramente casuale.
A volte certi inizi sono contrastanti…
Per tutti coloro che credono nell’amore a prima vista… A chi è così tanto fortunato nel trovare la persona giusta su cui poter fare sempre affidamento. Questo libro è per tutti coloro che hanno il privilegio di essere benedetti dall’amore della loro vita.
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio Elizabeth Evans, come sempre il tuo supporto e il tuo impegno significano tanto per me. Sono felice che tu sia al mio fianco e che tu sia disponibile a leggere qualsiasi cosa io scriva. Sei la migliore e non ci sono parole che possano descrivere quanto apprezzi tutto quello che fai per me.
CAPITOLO 1
Dicembre 1814
In un cielo blu brillante volteggiavano dei piccoli fiocchi di neve, ricoprendo il suolo di bianco infinito. Miss Natalia Benson li fissava cadere per terra dalla finestra della biblioteca. Suo padre si era rinchiuso nello studio con Louis Fornier, il Conte Foix. Un uomo che detestava e che temeva; in un paio di occasioni, era riuscito ad avvicinarsi troppo a lei e questo comportamento l’aveva fatta sentire a disagio. Sperava che suo padre non volesse fare affari con lui e Natalia non aveva ben compreso perché pensasse che il Conte lo avrebbe potuto aiutare. Sì, la ricchezza dell’uomo era ben nota in Francia; tuttavia, egli nascondeva un lato oscuro. Nero come i suoi capelli e gli occhi di cobalto che, a volte, apparivano così tanto scuri quanto le piume di un corvo.
Il Visconte Atherton era il padre di Natalia. E non aveva mai fatto mistero che la figlia fosse nata da un legame illegittimo. Se la madre non fosse morta dandola alla luce, forse lui non si sarebbe minimamente scomodato a rivendicarla. L’apatia che la Viscontessa Atherton provava nei suoi confronti era un misto di disprezzo e distacco. Natalia era stata cresciuta dalle balie e, successivamente, da un’istitutrice. Non si erano disturbati a mandarla in un collegio. Lei stessa nemmeno dubitava più che suo padre le avesse messo da parte una dote. Il suo era un destino sconosciuto e a diciotto anni avrebbe dovuto capire cosa farsene della sua vita. Il matrimonio era in fondo alla lista. Non aveva nessun pretendente, nessuna prospettiva e nemmeno una reputazione da difendere: suo padre non ne avrebbe mai preso atto a causa del suo stato di nascita. In verità, si sentiva fortunata perché almeno si era preso la briga di provvedere alla sua istruzione.
Il Conte Foix la fissava in un modo così tanto licenzioso che credeva inopportune le intenzioni che mostrava nei suoi confronti. Questa era un’altra ragione che la rendeva nervosa per l’incontro dei due uomini. Se avesse avuto a che fare con lei… Sarebbe fuggita via e non si sarebbe più voltata indietro. Forse si sarebbe dovuta preparare per l’inevitabile. Dubitava che il Conte volesse offrire un matrimonio, non che questo avrebbe fatto molta differenza per lei. Natalia non voleva avere niente a che fare con quell’uomo.
“Miss Natalia”, la chiamò una domestica. “Vostro padre mi ha chiesto di cercarvi. Deve parlarvi di alcune questioni.”
“Il Conte Foix è ancora qui?” Vi pregherei di dirmi di no…La sua apprensione crebbe con l’arrivo della domestica. Nessuno del personale era mai stato particolarmente gentile con lei. Non era un’erede legittima e non poteva permettersi nessun tipo di riconoscimento. La consideravano a malapena al di sopra di una serva. Questa domestica, per di più, non aveva mai incrociato il suo sguardo.
“Non ho la presunzione di saperlo,” rispose la domestica, dopodiché uscì subito dalla stanza. Natalia le lanciò un’occhiataccia andandosene via. Era così stanca di essere trattata in modo indegno.
Respirò profondamente e si preparò per l’imminente incontro. Di norma, suo padre la ignorava. Ma se voleva parlare con lei, allora non preannunciava niente di buono per il suo futuro. Il Visconte l’aveva mantenuta e le aveva perfino offerto dei doni nel corso degli anni. Aveva ricevuto una graziosa collana di perle e un medaglione con all’interno una miniatura di sua madre. Natalia la guardava spesso e pensava forse di assomigliarle. Aveva delle ciocche di capelli scuri della stessa tonalità di quelle di Natalia. Allo stesso modo, aveva persino lo stesso colore verde chiaro dei suoi occhi. Natalia era contenta di non aver preso nessun tratto fisico del padre. Avrebbe odiato trasformarsi in qualcuno di così tanto immorale quanto l’imbecille che l’aveva generata. Era ironico pensare che il pezzo grosso la considerasse bastarda perché nata al di fuori dei vincoli matrimoniali. Come se avesse preso lei la decisione di venire al mondo con quel disonore… Suo padre non avrebbe dovuto usare quel termine prima di lei? Era stato l’unico a non aver rispettato le sue promesse.
Forse, potrebbe vendere i suoi monili e assicurarsi un passaggio in Francia. Potrebbe essere in grado di trovare la famiglia di sua madre lì. Sì, l’Inghilterra era in guerra con loro, ma sarebbe sempre meglio di qualsiasi cosa suo padre avesse in serbo per lei. Potrebbe avere un posto dove vivere e del cibo da mangiare; tuttavia, se fosse obbligata a sposare il Conte, verrebbe torturata per il resto dei suoi giorni. Preferirebbe morire piuttosto che sopportare tutto questo.
Fissò fuori dalla finestra per un’ultima volta e poi andò nello studio di suo padre. Quando raggiunse la porta, si fermò fuori. C’erano due persone all’interno: due uomini. Le loro risate riecheggiavano dappertutto e dietro di lei. Deglutì a fatica e rimase immobile. La porta era socchiusa, così poté ascoltarli nitidamente.
“Siete sicuro di volerla sposare?” chiese suo padre. Tamburellò con le dita sullo scrittoio in modo impaziente. “Sembra una mossa azzardata solo per assaporarne il fascino.”
Il Conte rise ancora più forte. Come risposta, il suo accento francese fu pesante. “Voi, Signore, siete un padre snaturato. Perché mai vorreste cedere vostra figlia a un uomo con l’unica intenzione di farla prostituire? Il suo tono assunse un tocco divertito. A Natalia vennero i brividi lungo la schiena. Il Conte di sicuro non era un brav’uomo.
Natalia sbirciò nella fessura della porta e fece del suo meglio per restare fuori dal campo visivo del padre. Aveva sempre saputo che non gli era mai importato veramente di lei, ma faceva ancora male sentirlo liquidarla così facilmente. Non sarebbe d’aiuto ascoltare ancora la loro conversazione. Dovrebbe scappare nella sua stanza, afferrare la borsa da viaggio – la sola che avesse già preparato – e lasciare per sempre la casa del padre. Sposare il Conte sarebbe la cosa peggiore che potrebbe mai fare. Ma il padre… Era senza dubbio più orrendo di quanto avesse mai potuto immaginare.
Il Visconte fece spallucce. “A sua madre non dispiaceva aprire le gambe per me. Non credo che mia figlia sia molto diversa. Verrà nel vostro letto di sua spontanea volontà.” Suo padre era tanto malvagio come lo era il Conte. Natalia aveva smesso di cercare qualcosa che lo riscattasse. Si era preso anche cura di lei, ma chiaramente non le aveva mai voluto bene. Meritava molto di più di quanto lui le avesse mai dato. Era giunto il momento di prendere il controllo della propria vita e lasciare la casa del padre.
“Ne siete sicuro?” Il Conte sembrava incerto. “Alcune donne non trovano piacevole essere prese da un uomo.”
“Perciò non dovete fare le cose per bene.” Il padre prese un bicchiere e bevve un sorso. “Questo che mi avete portato è un brandy raffinato. Finché continuate ad averlo a disposizione, non me ne frega niente cosa farete con lei. Sarà ufficialmente un vostro problema dopo il matrimonio.”
Natalia aveva ascoltato abbastanza. Suo padre poteva bruciare all’inferno e il Conte pure. Non voleva avere niente a che fare con nessuno dei due. Una lacrima le rigò la guancia. Se l’asciugò e corse nella sua stanza. Almeno la sua stanza non era lontana. Era vicina agli alloggi dei domestici. Dal momento che era figlia illegittima, non meritava di stare con la famiglia al piano superiore. Aveva una stanzetta con un letto angusto e un armadio minuscolo. Le aveva messo a disposizione un abito grazioso per quei momenti in cui richiedeva la sua presenza durante le cene, insieme a un vestito da giorno e uno da passeggio. Sistemò molto facilmente i due vestiti nella borsa da viaggio con i suoi pochi effetti personali. Cucì i suoi risparmi in una tasca del vestito da giorno che al momento aveva indosso.
Si precipitò nella sua stanza, afferrò la borsa e si diresse verso l’ingresso posteriore. Natalia afferrò il mantello dal gancio vicino e se lo fece scivolare addosso uscendo. Suo padre non l’avrebbe cercata subito. Era troppo impegnato a bere e a far festa con il francese nel suo studio. Il Visconte non era neanche leale verso il suo paese. Badava solo a se stesso. Natalia era completamente e assolutamente disgustata da lui. Desiderava poter rivendicare un altro uomo come padre.
La neve stava ancora scendendo e si era levato il vento. Ma non le importava. A patto che arrivasse prima al borgo di Faversham in tempo per prendere la carrozza postale, per lasciarsi tutto alle spalle così alla fine tutto sarebbe andato bene. Altrimenti la sua fuga richiederebbe più tempo per realizzarsi. Il freddo le si insinuava dentro, ma non voleva che la fermasse. Natalia continuò a muovere i suoi piedi più veloce che poté. Dopo un quarto d’ora, alla fine raggiunse i margini della città. Stavano caricando la carrozza davanti alla locanda. E non poteva lasciarla partire senza di lei. Natalia abbracciò la borsa da viaggio al petto e andò verso il capolinea. Quando raggiunse la carrozza, aveva il respiro irregolare.
“Aspettate,” disse riprendendo fiato. “Per favore… Aspettate!”
“Desiderate acquistare la corsa?”, chiese il cocchiere. Aveva dei capelli bianchi come neve che scende dal cielo, ma le tempie brizzolate. Il volto era rosso a causa dei venti invernali e le guance e il naso più rosei del resto.
“Lo faccio?” Annuì rabbiosamente. “Dove è diretta?” Natalia non aveva pensato di scoprire quale fosse il normale percorso della corriera. Non c’era stato il tempo per pianificare la partenza. E sebbene una parte di lei credeva che se in qualche modo suo padre lo avesse saputo, l’avrebbe rinnegata nel peggiore dei modi. Non l’aveva mai veramente trattata bene e le aveva dato solamente il necessario per sopravvivere. Perfino i regali non erano altro che oggetti precedentemente appartenuti a sua madre. Non gli avrebbe dato nessuna importanza. Al contrario, Natalia fece del suo meglio per concentrarsi sul vetturino. La sua risposta era essenziale per pianificare il resto del viaggio.
“Abbiamo diverse fermate.” Il cocchiere fece un cenno col capo verso la strada. “Attraverseremo Canterbury con un’ultima fermata a Dover.”
Funzionava. Avrebbe potuto vedere di trovare qualcuno che la portasse in Francia da lì. Magari un contrabbandiere… Una nave militare non porterebbe mai una donna in Francia. Specialmente con la guerra… “Vi ringrazio”, rispose. “Desidererei acquistare la corsa.”
Pagò il biglietto e salì sulla carrozza. Dentro non c’era molto spazio, ma era l’unica ad aver acquistato il biglietto. Se avesse avuto una scelta, non starebbe viaggiando con il maltempo. Natalia posò la testa contro il lato della carrozza e chiuse gli occhi. Se avesse schiacciato un pisolino forse il viaggio sarebbe stato più veloce e avrebbe dimenticato il freddo pervaderle tutto il corpo.
Natalia si svegliò di soprassalto. La carrozza le sferragliava intorno, vibrando pesantemente. La neve stava scendendo più forte di quando era salita sulla carrozza e alcuni fiocchi erano entrati dal finestrino aperto. La gonna era completamente zuppa e non riusciva più a sentire i piedi. Forse addormentarsi non era stata la migliore decisione che avesse preso. Lanciò un’occhiata in giro, ma non riuscì a distinguere quasi nulla. Erano nel bel mezzo di una tormenta ora.
Sporse la testa fuori dal finestrino e diede uno sguardo al cocchiere. Si muoveva a zigzag andando avanti e indietro in cima alla carrozza. Natalia non riusciva a capire se avesse il controllo o meno. Non riusciva a vedere bene. Temendo per la sua incolumità, fu colta dal panico. Se il cocchiere non potesse arrivare almeno fino al prossimo paese, cosa le succederebbe?
“Signore,” gridò dal finestrino, ma sembrava inutile. Non rispondeva affatto. Il vento si era levato e a stento riusciva a sentirsi urlare, ma doveva provare ancora. “Signore, tutto bene?”
Il cocchiere prese la frusta e colpì i cavalli incoraggiandoli ad andare più veloce. Aveva perso la testa? Almeno era vigile… Se i cavalli andassero più veloce, tuttavia perderebbero il controllo e si andrebbero a schiantare. Doveva trovare un modo per reggersi forte a causa di un possibile impatto. Il modo in cui la neve stava scendendo era quasi una certezza. “Signore,” gridò; il cuore le batteva forte. Natalia si aggrappò al lato del finestrino pregando di sopravvivere a quel giorno condannato. “Rallentate…” Gridando contro il vento furioso, la voce le era diventata rauca.
Ma i cavalli correvano incitati dal cocchiere. Non riusciva a sciogliere quel nodo alla gola. La neve aleggiava nel vento e tanta ne arrivò dal finestrino pungendole le guance. La carrozza oscillò ancora, serpeggiando lungo la strada. Il cielo blu intenso dell’inizio della giornata si era rabbuiato mentre la bufera infuriava.
Un botto echeggiò nel vento ed ebbe un sussulto. Natalia si tenne stretta al lato della carrozza e resistette finché la carrozza non cadde in avanti e rotolò sul lato scivolando verso il lato della strada. Perse la presa e cadde all’indietro sull’altro lato producendo un rumore sordo. La testa sbatté di lato e il dolore la attraversò. Non sentiva più il freddo, la nuova costante divenne l’agonia. La neve le cadde intorno attraversando il finestrino aperto e presto la sua faccia fu completamente fradicia. In un modo o nell’altro, avrebbe dovuto uscire dalla carrozza e trovare la strada per la città vicina. Aveva bisogno di calore, di un riparo e di togliersi di dosso i vestiti inzuppati.
Se non facesse tutto il possibile per muoversi, morirebbe in quella carrozza e la sua fuga dal padre sarebbe vana. Morirebbe sul ciglio della strada in mezzo al nulla. Non la troverebbe nessuno, almeno non prima che sia troppo tardi. Toccava a lei salvarsi. Qualcosa alla quale si era abituata nel corso degli anni. Natalia non voleva morire… Il dolore alla testa aveva iniziato a martellare più forte e presto non avrebbe potuto più contrastarlo. Roteò all’indietro gli occhi nonostante lottasse per rimanere cosciente, ma fallì.
CAPITOLO 2
La bufera fuori dalla carrozza aveva preso vita. Lucas, il Conte di Darcy fissava quasi di stucco la neve scendere dal finestrino della carrozza. Non aveva proprio considerato la possibilità di una tormenta quando aveva accettato di accompagnare il suo amico, Edward Kendall, Duca di Weston nella sua dimora a Dover. Ma avrebbe dovuto; era inverno dopo tutto e la probabilità che nevicasse era alta, ma si annoiava. Così aveva accettato e ora stava iniziando a pentirsi di quella decisione.
“Sta scendendo giù a un ritmo allarmante,” lo annunciò senza aspettarsi più di un commento da parte dei due compagni di viaggio. “Potremmo non farcela ad arrivare a Casa Weston oggi.”
Edward agitò la mano con fare sprezzante. “Andrà tutto bene. Quando raggiungeremo Canterbury, troveremo una locanda e passeremo lì la notte.”
Il suo amico era troppo ottimista. Era il periodo delle festività natalizie. Con ogni probabilità, nelle successive due settimane, ci sarebbero stati molti viaggiatori che andavano verso casa per festeggiare con le loro famiglie. Senza ombra di dubbio, sarebbe dovuto tornare a casa. Sua sorella, Helena, ne sarebbe stata delusa se l’avesse lasciata da sola con il loro odioso padre e la loro madre disinteressata. Lucas si sarebbe fatto perdonare da lei in seguito. Lo avrebbe perdonato; Helena lo faceva sempre.
“Non sembra così spaventoso,” disse Callista, Contessa di Marin mentre dava un’occhiata fuori dal finestrino sulla sua sinistra. “Un po’ di neve non ha mai fatto male a nessuno.”
La Contessa era l’ultima amante di Edward. Il Duca si credeva innamorato della giovane vedova e sicuramente lo era. Lucas non avrebbe dato per scontato di conoscere i più reconditi meccanismi del cuore dell’amico. Forse ne era innamorato, ma probabilmente i suoi sentimenti si rivolgevano più verso la lussuria. Nelle sue cerchie, l’amore non era qualcosa che veniva sperimentato molto. Di sicuro, Lucas non aveva idea di quale potesse essere il lato più romantico di una storia d’amore. Non era mai stato innamorato o persino non aveva mai immaginato di poterlo essere. Per qualche motivo, dubitava che potesse mai provare un qualche tenero sentimento nei confronti di una donna. Il matrimonio dei suoi genitori non gli aveva fatto una buona impressione. Se mai si sposasse, sarebbe quasi sicuramente qualcosa di simile in natura: senza amore e un qualcosa che ricordi vagamente un accordo. L’amore non aveva spazio in un matrimonio dello stesso calibro.
Eppure Lady Marin era adorabile. Aveva ereditato dai suoi antenati francesi una deliziosa chioma scura e degli occhi verde chiaro. Gli zigomi erano alti e pronunciati e aveva delle belle labbra rosa probabilmente appetitose da baciare. Forse Edward avrebbe ucciso Lucas se avesse percepito la direzione che stavano prendendo i suoi pensieri. Se Lady Marin credeva che la tormenta non fosse degna di nota allora forse non possedeva l’intelligenza che prima Lucas le attribuiva. “La neve può essere letale se non presa in seria considerazione”, replicò Lucas. "Ci sono stati molti incidenti di carrozze su strade ghiacciate. Non vorrei che fossimo tra quei malcapitati sfortunati.”
Edward baciò la guancia di Lady Marin. “Non ascoltatelo, cara. È di pessimo umore ed è così da quando siamo partiti.”
Lucas lo guardò in malo modo. Quel miserabile aveva ragione. Suo padre lo aveva messo di malumore prima che accettasse di viaggiare con Edward fino a casa della sua famiglia invece di fare un’escursione fino al Castello di Montford. Suo padre era un bastardo dispotico e aveva tirato la cinghia. Di nuovo. Lucas era l’erede legittimo, l’unico erede. Sua madre aveva fallito nel compito di farne un altro. Helena era destinata a quel ruolo se fosse nata maschio. Solo per quello, il padre odiava più lei di quanto disprezzasse Lucas. Il Duca di Montford non credeva che la paternità gli si addicesse. I suoi figli erano un mezzo per raggiungere un fine e niente di più. Così, quando era giunta la convocazione che richiedeva la sua presenza nella residenza familiare per le festività natalizie, Lucas aveva voltato le spalle di buon grado e, invece, aveva seguito Weston nella carrozza ducale. Casa Weston sarebbe stata molto più divertente della sua stessa residenza. “Il cattivo tempo non è qualcosa che deve essere ignorato.” C’era qualcosa sul lato della strada. Strizzò bene gli occhi e poi comprese cosa c’era lì per terra. C’era un’altra carrozza ribaltata. Bussò in cima alla carrozza per catturare l’attenzione del conducente che si fermò.
“Cosa succede?” Chiese Lady Marin. “Perché ci fermiamo?”
Lucas la ignorò e saltò fuori. La risposta di Edward lo seguì. “Vedrò cosa lo mette in agitazione. Restate qui, cara.”
Il conducente dell’altra carrozza non sembrava stare bene. Lucas lo controllò per prima, ma lo trovò morto. Povero diavolo, aveva il collo spezzato e probabilmente era morto sul colpo. Dall’interno della carrozza riecheggiavano dei lamenti. Era una buona notizia. Significava che qualcuno era ancora vivo lì dentro e avrebbe avuto la possibilità di salvarlo.
“Darcy,” Edward chiamò Lucas. “Cos’avete in mente? Il conducente non sembra essere in vita.” Lucas ignorò le sue parole. Edward era un gentiluomo anche se era un po’ egocentrico. “Di grazia… Non vi state arrampicando in cima a quella carrozza, vero?”
Lucas andò sul lato della carrozza e spalancò lo sportello. Si è rovesciata su un lato quando ha sbandato ed è finita fuori strada. Sotto di lui, una donna giaceva piegata, muovendosi appena. Aveva i capelli di una tonalità simile a quelli di Lady Marin e il volto aveva perso il suo colorito. Sembrava quasi bianca come la neve che aveva iniziato a coprirle l’intero corpo. Se avesse indugiato ulteriormente, sarebbe rimasta sepolta sotto.
“Weston, avrò bisogno del vostro aiuto. Arrampicatevi fin qui, così potrò entrare dentro.”
“Dannazione, avete perso il lume della ragione?” rispose il Duca. “Non dovremmo proseguire per Canterbury e trovare un riparo?”
“Lo faremo dopo che aiuteremo la giovane Miss intrappolata dentro la carrozza. Dimostrate di avere un cuore.” Lucas lo avrebbe aiutato a maledirlo. Come poteva essere così egoista e insensibile Edward? Non vorrebbe essere aiutato in cambio se si trovasse in una situazione simile?
Il Duca brontolò ma alla fine fece quello che gli aveva chiesto. Lucas scivolò dentro la carrozza con molta cautela. Non voleva cadere per errore addosso alla giovane donna e forse ferirla ulteriormente. Quando la raggiunse, controllò le ferite. Aveva un taglio profondo sulla fronte. L’emorragia si era fermata e si era seccata intorno all’attaccatura dei capelli. Le palpebre si aprirono e degli occhi verde chiaro lo salutarono, sotto un fatuo raggio di luna. C’era a malapena poca luce fuori per poter dare un’occhiata ai suoi lineamenti. Avrebbe dovuto fare in fretta per liberarla dalla carrozza e adagiarla nella carrozza ducale.
“Chi siete?” chiese la ragazza. La sua voce era poco più di un sussurro e il suono più dolce in assoluto che avesse mai sentito. “Dove mi trovo?”
“Sono Lucas,” rispose. Probabilmente avrebbe dovuto presentarsi come Lord Darcy, ma voleva qualcosa di più personale con lei. Lucas non riusciva a spiegarselo… Ma la ragazza era incantevole e innocente; sembrava speciale. “Qual è il vostro nome?” Aprì la bocca come se stesse esitando. Batté le palpebre diverse volte. Forse sta cercando di non perdere i sensi. Un debole lamento pervase l’aria come provò a muoversi. “Sssh,” le disse. “Sono qui per aiutarvi.”
“Perché ci vuole così tanto?” Edward sussurrò. Fa maledettamente freddo qui fuori. Portate fuori la ragazza così possiamo trovare un rifugio.”
“Non capisco cosa stia succedendo,” disse la ragazza. Potrebbe essere un po’ disorientata. “Perché la testa mi fa così male?”
“Avete avuto un incidente. Vi aiuteremo,” disse con il tono più rassicurante possibile. Non voleva spaventare la ragazza se poteva farne a meno. “Sto per tirarvi su fino al mio amico. Va bene?”
“Sì,” rispose e poi iniziò a tremare in modo incontrollabile. “Sento così freddo.”
La pelle era gelida al tatto. Avrebbe dovuto prendere una delle coperte da viaggio sotto i sedili della carrozza e avvolgergliela addosso. Ogni centimetro dei suoi abiti sembrava fradicio. Prima avrebbero raggiunto Canterbury, meglio sarebbe stato per tutti. La ragazza si sarebbe presa qualche malanno, se non l’avessero riscaldata subito.
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