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Era stata attratta dal marchese, ma era stato molto scortese con lei durante lo spettacolo teatrale a cui avevano assistito. “Lord Holton,” riuscì infine a dire.
Lui fece un balzo indietro sentendole dire il suo nome, strinse gli occhi e la studiò attentamente. “Lady Katherine?”
Annuì. Per un momento pensò che non l’aveva riconosciuta, forse a causa della cuffia che le copriva il viso. O almeno, lo sperava. “Sì, mio signore.”
“Per diamine, cosa ci fare a Tattersall?”
“Ebbene,” iniziò a parlare indicando i recinti. “Non è ovvio? Cosa si fa solitamente a un’asta di cavalli?”
Si accigliò. “Una signorina non dovrebbe venire qui ad acquistare cavalli.” Lord Holton incrociò le braccia sul petto. “Piuttosto invia qualcuno che agisca per suo conto. Che cosa pensavate di fare venendo qui? Vi prego, ditemi che non siete sola.”
Lei si morse il labbro inferiore. Non poteva rispondere a quella domanda. Katherine era venuta da sola e non si sarebbe scusata per aver preso il controllo della sua vita.
“E se lo fossi?” Scosse la testa stringendo le labbra in una linea sottile.
“Vostro padre sa che siete qui?”
Suo padre, il duca di Gladstone, non le prestava la minima attenzione, perlomeno non in senso positivo. Era un uomo autoritario, sebbene non fosse crudele, ma era affezionato esclusivamente al suo erede, suo fratello Kendrick, e di conseguenza ignorava lei.
Quando gli aveva annunciato che si sarebbe trasferita nell’allevamento di cavalli che le aveva lasciato in eredità sua nonna, era rimasto completamente indifferente, in quanto aveva capito che non poteva assumerne il controllo togliendolo a lei.
“Mio padre ha questioni più importanti di cui occuparsi, invece di preoccuparsi di ciò che faccio.”
Lord Holton le lanciò uno sguardo di rimprovero. “Avete bisogno di uno chaperon.”
Lo guardò dritto negli occhi senza vacillare. Permettere a quest’uomo di comportarsi da tiranno con lei gli avrebbe solo dato il sopravvento. Katherine si rifiutava di concedergli il benché minimo controllo su di lei. “È una questione di opinione.”
Il primo cavallo uscì dal recinto e iniziò a correre lungo il perimetro.
Katherine si allontanò dal Lord e mise una piccola distanza tra loro, tuttavia questo non le impedì di sentire cosa stesse dicendo sottovoce. “Dio lo salvi dagli scapestrati...”
Beh, non doveva più preoccuparsi di lei. Non aveva bisogno che la aiutasse, lei era perfettamente in grado di prendersi cura di sé stessa.
Bennett non riusciva a credere che Lady Katherine Wilson si trovasse a Tattersall. Un’asta per cavalli non era il luogo adatto per una donna dell’alta società. Suo padre avrebbe dovuto avere più cura della sua reputazione e la stessa cosa valeva per lei.
Lady Katherine poteva anche credere che fosse un comportamento innocente, ma erano presenti moltissimi gentiluomini e oltretutto si era presentata da sola. La mancanza di uno chaperon la lasciava in balia allo scandalo e ai farabutti con intenti lascivi.
La teneva sott’occhio, e questa cosa lo irritava. Bennett voleva ignorarla, ma non poteva.
Non era da lui lasciare una signorina in difficoltà, che essa se ne rendesse conto o meno, quando aveva palesemente bisogno di aiuto. Non era al sicuro da sola e in qualche modo doveva assicurarsi che si rendesse conto di questo fatto.
Sir Golia, lo stallone che era venuto a valutare, fu fatto uscire dal recinto e iniziò a correre nel perimetro. Aveva uno splendido manto color castagno e una criniera nero scuro, la coda aveva la stessa tonalità scura del manto e i suoi muscoli si increspavano mentre galoppava intorno all’area recintata.
Il cavallo era magnifico, proprio ciò che desiderava e difatti aveva fatto un’offerta per lui all’inizio dell’asta.
Lady Katherine si era allontanata un po’ da lui, ma non era un problema. Era ancora nel suo campo visivo e abbastanza vicina da permettergli di correre in suo soccorso nel caso in cui ne avesse avuto bisogno.
Intanto avevano lasciato uscire tutti gli altri cavalli, ma non gli interessavano molto. Aveva già visto il cavallo che era venuto a vedere.
In seguito, dopo che tutti erano stati in grado di vedere i cavalli, ebbe inizio l’asta.
Prima che arrivasse il turno del suo stallone, furono venduti vari cavalli. Finora Lady Katherine aveva solo osservato ma non aveva fatto offerte su nessuno di essi.
Bene. Doveva stare fuori dalle cose che non la riguardavano.
Finalmente iniziarono le offerte per Sir Golia e sorprendentemente, Lady Katherine urlò la sua offerta.
Che diamine... si avvicinò a lei e le sussurrò con tono duro. “Che cosa state facendo?”
“Ho fatto un’offerta per lo stallone,” disse. “Pensavo che fosse chiaro ciò che ho fatto.”
La guardò. La sua offerta lo aveva distratto dalla sua intenzione di acquistare il cavallo.
Offrì un numero molto più alto rispetto a quello dell’ultimo offerente.
Katherine ricambiò il suo sguardo con uno altrettanto glaciale, e fece un’altra offerta.
“Non vincerete il cavallo,” le disse. “Sarò io ad avere Sir Golia.”
“Ho bisogno di quel cavallo,” disse, supplicandolo con gli occhi. “Non potete togliermelo.”
Ignorò la sua sincera supplica.
Bennett voleva quel cavallo da moltissimo tempo, ancora prima che lei iniziasse a fare le sue offerte. Non aveva intenzione di superare la sua offerta per impedirle di commettere un errore, in quanto la sua intenzione di acquistare quel cavallo per sé era sincera.
Una volta vinto il cavallo le avrebbe spiegato tutto. Desiderava quel cavallo da quando aveva sentito parlare del suo lignaggio, poiché voleva farlo gareggiare nella corsa di primavera.
Katherine fece un’altra offerta sperando di vincere, ma la superava ogni volta. Aveva abbastanza fondi da superare qualsiasi cifra lei offrisse.
Sebbene anche lei fosse la figlia di un duca, dubitava che avesse i soldi per batterlo.
E la vittoria fu particolarmente dolce.
Una volta conclusa l’asta le rivolse un sorriso compiaciuto. “Avrebbe dovuto evitare di fare offerte.”
Lei sbatté il piede con rabbia. “Siete senza scrupoli.”
“Mia cara,” disse con tono condiscendente. “Vi ho salvata da voi stessa.”
“Oh...” sbatté nuovamente il piede a terra. “Vi odio, non avete la minima idea di cosa avete fatto, ma vi assicuro che oggi non mi avete salvata da niente. Avete distrutto piani che progettavo accuratamente da mesi.”
“Non c’è bisogno di fare tante storie, è solo un cavallo. Come ho fatto a distruggere qualcosa semplicemente acquistandolo?” La guardò con aria beffarda. “Ci sono altri cavalli.”
Fece un gesto indicando un altro stallone che stavano mettendo all’asta proprio mentre litigavano. “Questo potrebbe avere tutto ciò di cui avete bisogno.”
Lei alzò il mento con coraggio. “No, non è così, sciocco babbeo.”
Lady Katherine scosse la testa e lo fissò come se avesse ingoiato qualcosa di sgradevole. “Un solo cavallo mi sarebbe stato utile per ciò che ho pianificato, e me lo avete portato via. Sapevo di non piacervi molto dopo quella notte a teatro, ma non credevo che mi odiaste.”
“Non vi odio.” Questo voleva dire avere sentimenti o pensieri dedicati a lei.
Era una bella ragazzina con capelli scuri e straordinari occhi azzurri, ma non gli importava particolarmente di lei. “Ho acquistato il cavallo perché lo volevo. Il desiderio di possederlo non ha nulla a che fare con voi. Sir Golia sarà un corridore.”
“Lo so benissimo, stolto.” Tremava per la rabbia. “È lui il motivo per cui sono venuta all’asta.”
Lady Katherine strinse le labbra con forza. “Non ho bisogno di alcuna spiegazione da parte vostra su che tipo di cavallo sia Sir Golia.”
Si allontanò da lui e non gli diede possibilità di parlare.
Non poté fare a meno di fissarla, visto il modo in cui lo aveva lasciato da solo nel cortile.
Doveva ancora saldare il pagamento di Sir Golia, ma nel frattempo Bennett rivalutò la sua precedente impressione su Lady Katherine.
Pensava ancora che fosse una scapestrata, ma si accorse che gli piaceva la sua passione. Se gli avesse dato una possibilità, si sarebbe preso il tempo di conoscerla meglio.
Magari poteva chiamarla per verificare i motivi per cui voleva acquistare Sir Golia e forse... solo forse, avrebbe potuto porgerle un ramo d’ulivo...
CAPITOLO DUE
Katherine lasciò Tattersall e si recò direttamente nel Salotto di Fortuna. Sentiva il bisogno di circondarsi di persone che la sostenevano e che non fossero condiscendenti pretendendo si sapere cosa fosse meglio per lei.
Prima dell’asta non odiava particolarmente il marchese di Holton, però ora... per poco non ringhiò con rabbia per la sua sfacciataggine. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era un uomo arrogante che cercasse di controllarla. Lord Holton poteva anche essere uno dei lord più affascinanti del mondo, ma non avrebbe mai dimenticato ciò che le aveva appena fatto. Non lo avrebbe più guardato allo stesso modo.
Un tempo pensava che forse potesse essere un uomo a cui potesse legarsi sentimentalmente, che ne valesse la pena.
Si era anche recata con entusiasmo a teatro con la sua amica Diana, tutto pur di incontrarlo. Allora era stato educato ma freddo, quasi al limite della maleducazione, ma glielo aveva concesso visto che non si conoscevano e probabilmente non aveva voluto incoraggiarla.
Alcuni gentiluomini non volevano dare alle signorine un’idea sbagliata.
Probabilmente Lord Holton non aveva alcun desiderio di sposarsi a breve; certo, a un certo punto avrebbe dovuto farlo, ma molti uomini ritardavano l’inevitabile fino all’ultimo momento.
Il negozio di sartoria di Madame Debroux era situato davanti al Salotto di Fortuna, e non voleva disturbare né lei né i suoi clienti. Una volta arrivata davanti al negozio, si guardò intorno prima di andare sul retro ed entrare in quello di Fortuna.
A quell’ora non c’era molta attività nel Salotto in cui si potevano fare giochi femminile gestito da Lady Narissa, la duchessa di Blackmore.
Lady Lulia, la duchessa di Clare, solitamente si trovava in una delle stanza sul retro per dare lezioni di scherma. C’era una buona probabilità che Lady Diana, la contessa di Northesk, fosse presente.
Erano tutte sue care amiche e aveva disperatamente bisogno di stare con almeno una di loro. Le sarebbe andata bene anche la duchessa di Blackmore, anche se non erano molto legate.
Katherine corse su per le scale fino a raggiungere la porta che conduceva al club, la spinse ed entrò.
C’erano più persone di quanto si aspettasse e la porta dell’ufficio di Narissa era aperta.
Sbirciò dentro e notò che la duchessa era occupata a lavorare alla scrivania su un registro mentre si mordeva il labbo.
Un uomo straordinariamente bello era al suo fianco: il duca di Blackmore, il marito di Narissa, era venuto al club con lei. Non che non ci fosse mai stato, ma era raro vederlo da Fortuna. Doveva sicuramente aver bisogno del suo consiglio su qualcosa...
Li lasciò a guardare i registri mentre lei si recò nell’altra stanza dove c’era Lulia, che però non era occupata con delle lezioni.
Diana stava facendo scherma con lei, sebbene forse non era il caso. Se suo marito l’avesse saputo le avrebbe dato dei problemi. Era al terzo mese di gravidanza del loro primo figlio.
Katherine entrò nella stanza e le guardò, ma la ignorarono entrambe continuando a colpire finché Diana non fece un affondo sulla spalla di Lulia.
“Vinco io,” dichiarò con voce trionfante.
“Proprio così,” disse Lulia. Il suo accento riportava alle sue radici gitane. “Anche se dubito che avresti vinto se non ci fossi andata piano con te.” Ridacchiò.
Si girarono entrambe verso Katherine e le rivolsero un sorriso felice. Diana si tolse la divisa da scherma e la mise di lato prima di andare da Katherine e abbracciarla.
“A cosa dobbiamo l’onore della tua presenza? Credevo che fossi al tuo nuovo allevamento di cavalli.”
Katherine sospirò. “Sono venuta in città per partecipare all’asta da Tattersall.” Si accigliò al ricordo di quella terribile esperienza. “Non avrei dovuto fare personalmente un’offerta per un cavallo.”
“Oh, cara,” disse Diana. “Cos’è successo?”
Lulia, che nel frattempo si era tolta la divisa da scherma, recuperò quella di Diana e le ripose nel grande baule di cedro che usava per conservarle, poi le raggiunse.
Katherine aspettò che arrivasse vicino a loro prima di parlare. “Lord Holton è un arrogante moralista.”
Lulia ridacchiò. “L’ho conosciuto e non potrei essere più d’accordo. Soffoca terribilmente la povera Lenora, ho cercato di fare amicizia con lei e l’ho persino invitata a farmi visita a Tenby quando non siamo in città, ma non ha ancora accettato l’offerta. A breve io e Fin torneremo nella sua tenuta di famiglia.” Fece un gesto verso Diana. “È l’unico motivo per cui ho ceduto alla sua richiesta di fare scherma. Quando tornerò sarà grande come una casa e non riuscirà a muoversi liberamente.”
Diana lanciò un’occhiataccia alla cugina. Il padre di Lulia era il fratello del padre di Diana. Ne erano venute a conoscenza da poco, ma erano amiche di lunga data.
“Non c’è bisogno di essere scortese.”
“Dico solo la verità,” disse con accento marcato. “Sono sicura che ritornerai subito in forma dopo la nascita del bambino.”
Diana arricciò il naso infastidita per l’affermazione di Lulia, poi si accarezzò la pancia, il viso illuminato da un delicato sorriso. “In ogni caso non ho rimpianti. Accetto felicemente questo bambino e tutto ciò che comporterà.”
Katherine invidiava le sue amiche. Entrambe avevano trovato l’amore e presto avrebbero avuto una famiglia. Si sentiva un’estranea tra loro, ma non poteva far altro che dare loro la sua benedizione.
Si rivolse a Lulia. “Ora che hai sposato il duca stai pensando di allargare la famiglia?”
L’orrore si diffuse sul volto di Lulia. “Credi che sarei una buona madre?”
Katherine sorrise al suo oltraggio. “Certo che sì. Sarai la madre migliore di tutte noi. Ti comporti in modo così amorevole con noi, ci guidi nella direzione giusta senza che ce ne rendiamo conto. Sei più affettuosa che conosca.”
Lulia aveva aiutato Diana a incontrare il conte e Katherine non dubitava del fatto che avrebbe fatto lo stesso con lei se avesse trovato l’uomo giusto a cui concedersi.
“Forse è così,” concesse Lulia. “Ma voi siete adulti e non richiedete molta attenzione. Ma un bambino...” Rabbrividì. “Richiederebbe molto più di quanto credo di essere capace di fare.” Sospirò. “Anche se suppongo che, a un certo punto, dovrei considerare la possibilità di dare un erede a Fin. Dopotutto è un duca e il suo titolo dovrà passare a qualcuno.”
“Ottima considerazione,” disse Diana con un sorriso sornione. “E sarebbe bello che il mio bambino abbia dei cugini con cui crescere.”
“Non fare venire a Fin strane idee,” disse Lulia ridendo. “Le userà contro di me, anche se non ci metterebbe molto a convincermi. Ci sono poche cose che non farei per quell’uomo, però non l’ha ancora chiesto e lo amo ancora di più per questo. Se succederà, succederà. I bambini sono una benedizione e sarebbe un dono splendido averne uno che sia un mix tra me e il mio amore.”
Il cuore di Katherine soffriva a sentire le loro parole. Era venuta da Fortuna per lamentarsi di aver perso un cavallo, ma ora si stava rendendo conto di quanto fossero banali i suoi problemi.
Voleva molto più di questo. Certo, l’allevamento di cavalli era incantevole, ma desiderava... beh, voleva quello che avevano Diana e Lulia.