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Eternamente Il Mio Duca
Eternamente Il Mio Duca
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Eternamente Il Mio Duca

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“Mi dispiace – disse Mirabella imbarazzata, guardandosi i piedi – Non so cosa mi sia successo.”

Sua sorella, solitamente dolce, aveva reagito in malo modo ai commenti caustici di Delilah, quando avevano visitato la tenuta del Duca. Delilah non aveva detto nulla, ma sua madre sì. Lady Penelope bramava che almeno una delle sue figlie facesse un matrimonio vantaggioso. Anche Mirabella aveva i suoi limiti.

“Non scusatevi – la redarguì Delilah – Non avete nulla di cui rimproverarvi.”

“E invece sì! – esclamò con furia sua madre , guardando fisso Delilah – Mirabella ha fatto tutto quello che voi le avete chiesto di fare! Non è vero, figlia cara? “ Penelope avanzò minacciosamente verso di lei. “ E ora sarete voi a pagare per questo bel giochetto. Ne ho abbastanza della vostra disobbedienza!” Le sue labbra si schiusero in un ghigno velenoso. “ So esattamente come riuscirete a ottenere il perdono mio e di vostra sorella!”

Delilah aveva paura a sapere come. Cos’altro poteva escogitare sua madre? Da sempre non le aveva regalato altro che infelicità!

“IL Barone Felton ha mostrato interesse nei vostri confronti – continuò sua madre – Inizialmente gli avevo detto di noi perché avevo altre mire per voi.. ma a questo punto non c’è altra scelta. Gli scriverò dicendogli che ardete dal desiderio di diventare sua moglie.” La soddisfazione che sua madre ci metteva in queste parole era da nausea! Delilah dovette farsi forza per non cedere all’impulso di fare qualche gesto irreparabile, tipo prendere a schiaffi sua madre. Magari sul momento si sarebbe sentita soddisfatta… ma sarebbe stato un grave errore. Forse poteva provare a farla ragionare. Il Barone era vecchio, calvo ed emanava un pessimo odore. Le macchie di vecchiaia che aveva sulla faccia lo facevano sembrare addirittura decrepito. Lei cercava di evitarlo ogni volta che lui si avvicinava e sua madre pretendeva che lo sposasse? Questo mai! Chiunque altro ma NON il Barone Felton!

“Ma, madre.. – provò a dire. Ma la donna la bloccò.

“No, non riuscirete a convincermi del contrario! Questa sarà la vostra punizione. Salverà noi e v'insegnerà a stare al posto vostro! “ Prese il mento di Delilah con una mano e la costrinse a guardarla negli occhi. “ Ma non disperate, figlia mia. E’ così vecchio che non vi darà fastidio a lungo! Potrebbe andare anche molto peggio!”

Delilah rabbrividì al significato nascosto delle sue parole. Penelope l’avrebbe aiutato a disfarsi del vecchio marito, ma non prima che lei lo avesse accolto nel suo letto. Non ci potevano essere dubbi sulla validità di quel matrimonio. Il denaro era molto più importante della dignità di sua figlia. Decise di lasciarle credere che avrebbe obbedito, in modo che la madre la lasciasse più libera, o almeno le permettesse di pensare al da farsi.

“Sì, madre. – rispose a testa bassa. Non appena sua madre avesse deviato l’attenzione da lei, sarebbe fuggita.

“Ecco la mia brava , figlia . – esclamò la donna con un sorriso. Poi, canticchiando, lasciò la stanza. Sicuramente si sarebbe precipitata a scrivere quella lettera.

“Delilah .. – disse Mirabella. Passeggiava nervosamente in su e in giù per la stanza, scuotendo la testa ad ogni passo.

“Non siate in pena per me..– la rassicurò Delilah. Non voleva che sua sorella si facesse idee strane in testa. Non voleva che pensasse di sostituirla come moglie del Barone Felton, se lei fosse fuggita! Nessuna delle due sarebbe caduta nella trappola della madre!

“Non sposerò quell’odioso Barone, e nemmeno voi. E’ tempo che ce ne andiamo da qui!”

“Non posso ! – Mirabella si torceva le mani per la disperazione – Nostra madre..”

“A lei non importa di nessuna di noi due! – disse Delilah – Per favore, fuggite insieme a me.”

Impiegò molto tempo nel tentativo di convincere la sorella che la loro madre era dannosa per la vita di entrambe. Lady Penelope non aveva mai avuto a cuore la loro felicità. A lei importava di una sola persona: se stessa. Ma sua sorella scosse il capo.

“ No. Comprendo che voi dovete andarvene. Ma io… non ho il vostro stesso coraggio.. “ Si mordicchiò un labbro mentre una lacrima le scivolava giù per la guancia. L’ansia di dover fuggire era già troppo per lei. Delilah sospirò: Mirabella aveva scelto l’occasione sbagliata per ostentare la sua ostinazione. Era uno dei pochi difetti di sua sorella: di solito era dolce e malleabile, ma a tratti diventava irremovibile nelle sue decisioni. Lei avrebbe tanto desiderato che Mirabella e lei scappassero insieme, ma aveva sempre saputo, da molto prima che Mirabella si comportasse così, che non sarebbe mai successo. Provava un forte dolore al pensiero di abbandonarla lì, da sola con sua madre. Lady Penelope le avrebbe reso la vita impossibile. Se sua sorella non fosse stata così testarda…

“Quando mi sarò sistemata vi scriverò. Se cambiate idea, potrete sempre raggiungermi. Avete capito? “ Forse Delilah non era riuscita a convincerla, ma poteva darle una speranza a cui aggrapparsi nei momenti bui della vita. Lady Penelope sarebbe diventata ancora più odiosa, non appena avesse scoperto la fuga di Delilah. Mirabella aveva urgenza di un punto fermo che le desse consolazione, quando l’ira di sua madre sarebbe ricaduta su di lei. La sorella annuì col capo.

“ Vi prego, abbiate cura di voi. – disse.

“Sempre! – rispose Delilah, abbracciandola. Poi lasciò la stanza. Doveva solo fare i bagagli,prendere i soldi che aveva messo da parte e partire. Non ci volle molto perché fosse pronta. Uscì silenziosamente da casa e poi corse verso il bosco fino ad arrivare alla strada. Grosse lacrime le rigavano il viso. Non aveva paura per lei o per quello che le sarebbe successo nella sua nuova vita. Piangeva per sua sorella e sapeva che non avrebbe mai trovato pace finché non fosse riuscita a strapparla dalle grinfie di sua madre. Un giorno Mirabella avrebbe capito e quel giorno Delilah l’avrebbe aiutata a fuggire a sua volta. S'incamminò a testa alta. Si asciugò le lacrime e fece un respiro profondo. Niente e nessuno avrebbero potuto più fermarla. Una volta giunta in città si sarebbe pagata il viaggio sulla corriera fino al porto. Ben presto sarebbe stata lontana da sua madre e avrebbe goduto della libertà a cui anelava da tempo!

CAPITOLO SECONDO

Il villaggio di Longtown non aveva molto da offrire, ma c’era una locanda e un posto in cui Marrock avrebbe potuto lasciare il suo cavallo. Sarebbe rimasto lì il tempo necessario per farlo riposare, e poi avrebbe proseguito per il capanno di caccia di Kirtlebridge. Arrivato alle stalle, saltò giù dalla sua cavalcatura e affidò le redini al servo.

“Abbiatene cura e ci sarà uno scellino extra per voi quando me ne andrò.” Prese la sua sacca e se la mise in spalla, per evitare di dimenticarsene.

“Subito, milord – rispose il servo. Marrock non lo corresse. In realtà, ora che era diventato Duca, il modo in cui il servo avrebbe dovuto rivolgersi a lui era Vostra Grazia. Quando avesse definitivamente accettato il suo titolo, ne avrebbe anche dovuto sopportare il peso. Comunque, in quell’anno sabbatico, avrebbe cercato di rimanere anonimo il più possibile. Fece un cenno del capo all’uomo e lo lasciò alle sue incombenze. La locanda non era lontana dalle stalle. Si trattava di un breve tratto e Marrock aveva bisogno di sgranchirsi un po’ le gambe. Kirtlebridge era a una settimana di viaggio da dove era partito, e per ora se l’era presa abbastanza comoda per raggiungere Longtown. Il casino di caccia era a un’altra mezza giornata di cammino. Ryan aveva ragione: aveva bisogno di tempo per riflettere, ma non lo avrebbe mai ammesso alla presenza del marchese. Gli avrebbe portato solo un gran mal di testa e l’acuirsi della sua ansia. Marrock giunse alla locanda e vi entrò. Un uomo dai capelli bianchi e la folta barba grigia gli venne incontro:

“Benvenuto al Twin Hounds, milord. Cosa posso offrirvi?’”

“Avete una stanza? “. Avrebbe preferito non dormire nella stalla. Se il cavallo non avesse avuto bisogno di riposare gli sarebbe piaciuto dormire sotto un albero.

“Sì, milord, ne abbiamo ancora una libera – rispose l’uomo.– Se volete vi faccio accompagnare da una cameriera.”

Quella era l’ultima cosa che voleva! Forse non era così, ma considerando ciò che era successo nelle due soste precedenti, la cameriera gli avrebbe offerto qualcuno dei suoi…servizi speciali e lui, beh, non voleva avere niente a che fare con una femmina. Gli serviva la mente sgombra e i piaceri carnali creavano solo caos.

“No, grazie – rispose- Ditemi dove andare e mi arrangerò da solo.”

“Molto bene – disse il vecchio, porgendogli una chiave – Salite le scale e poi la prima porta a destra.”

Fino a quel momento Marrock non se n’era accorto, ma era distrutto. Si sentiva le ossa tutte rotte e le palpebre si erano fatte pesanti. Non dormiva da un bel po’. Ogni volta che chiudeva gli occhi il suo sonno era turbato da incubi. Ogni volta riviveva la morte di suo padre. Così, piuttosto che tremare per gli incubi, aveva preferito non dormire affatto. Ora si chiese se sarebbe stato in grado di raggiungere la sua stanza.

“Grazie – disse all’uomo – Potete mandarmi su qualcosa per cena?”

“Certo, milord. Desiderate altro? – chiese l’oste, ammiccando.

“No. – tagliò netto Marrock. Non aveva alcuna intenzione di incoraggiarlo. Era geloso della sua privacy, anche se l’uomo non sembrava capirlo. Gli lanciò uno scellino.

“Non voglio essere disturbato.”

“Ai vostri ordini, milord – rispose il locandiere, guardando con una certa avidità la moneta che gli era stata elargita. Marrock sperò di non avere fatto un errore a dargliela. Sospirò e lasciò l’uomo a fissare il denaro. Si augurò di avere preso la decisione giusta e che non sarebbe stato costretto a lasciare la locanda prima di essere pronto a rimettersi in viaggio. Si trascinò sempre più pesantemente su per le scale. Il legno era vecchio e scricchiolava: quindi non ci sarebbero stati passi furtivi su e giù per le scale. Il corridoio era altrettanto consumato e così le porte, e perfino le maniglie avevano visto tempi migliori. Marrock dubitò che i chiavistelli potessero fare bene il loro dovere: con un minimo di forza chiunque avrebbe potuto spezzarli. Sbatté gli occhi a ripetizione, sforzandosi di mantenersi sveglio. Maledizione, era strafatto! Forse avrebbe dovuto lasciar perdere l’idea di cenare! Ma non poteva restare sveglio per sempre, malgrado lo desiderasse con tutta l’anima.

“Dannati sogni! – disse a se stesso, mentre si trascinava su per le scale. Presto dal corridoio avrebbe finalmente raggiunto la sua stanza.

“Per tutti i diavoli! – esclamò una voce femminile. Dal tono e dal modo in cui aveva pronunciato la frase, sembrava si trattasse di una signora. Sicuramente anche una cameriera avrebbe potuto bestemmiare con altrettanta foga, ma alcune frasi qua e là tradivano una natura aristocratica. Si fermò ad ascoltare quel vocabolario.. colorito. Magari era una signora, ma dove aveva imparato quel gergo da scaricatore di porto?

“Ma a che.. cavolo stavo pensando?”

Sembrava avesse passato qualche guaio. Da gentiluomo avrebbe dovuto offrirle il suo aiuto, ma le grida provenivano da una stanza! Con quelle serrature poteva entrare in un attimo; tuttavia, se si trattava di una signora come credeva, lei non avrebbe certo gradito quel modo di fare! Inoltre rimanere da soli in una stanza avrebbe potuto comprometterla. Presumibilmente non era sposata; o almeno il marito non si trovava nei paraggi.

“Mollami! Bestia maledetta! – gridava la donna.

Beh, tutto ciò suonava maledettamente male. Se qualcuno la stava molestando lui non poteva rimanersene lì senza fare nulla! Era suo dovere di gentiluomo assicurarsi che stesse bene. Chiaramente nessuno di quei ragionamenti era una scusa per non dormire: era una donna, e poteva avere bisogno del suo aiuto! Marrock bussò alla porta.

“Milady? – chiese.

“Chi è? Oh, chiunque sia, venite ad aiutarmi!”

Era l’invito di cui necessitava. Spalancò di forza la porta, preparandosi a buttare fuori un uomo, ma nella stanza c’era una persona sola. La signora aveva i capelli imbrattati d’inchiostro, che le colava giù dalla fronte. Indossava un vestito celeste a righe bianche. Tutto il resto però era un mistero: la faccia non era visibile ma le sue sottogonne erano impudicamente sollevate e lei sembrava stesse a gambe in aria. Era piegata a faccia in giù sulla seduta di una poltrona. Sembrava che non un uomo bensì una sedia la stesse molestando. Non c’è che dire: una posizione molto interessante da vedere in una donna! Non riusciva a capire come avesse potuto rimanere intrappolata a quel modo e tutti i tentativi che faceva per divincolarsi erano assolutamente esilaranti! Non era così che Marrock si aspettava di passare l’ora di cena!

…………

Delilah aveva fatto cadere il suo borsellino dietro la poltrona: pensò che sarebbe stato facile recuperarlo da una poltrona logora, tutto quello che doveva fare era chinarsi e allungare la mano a prenderlo. Sfortunatamente si trattava di una poltrona piena di fregi dappertutto, che le si erano attaccati al vestito e non avevano intenzione di mollarla. Si dimenò un po’ e nella stanza si sentì il rumore della stoffa lacerata del vestito. Se non fosse stato che il suo armadio era poco fornito avrebbe lasciato che quella maledetta sedia si tenesse il suo abito. Ma purtroppo non poteva permettersi che uno dei suoi vestiti venisse distrutto dal fuoco o lacerato da quella odiosissima sedia.

“Avete intenzione di stare lì a guardare o di darmi una mano?”

Non si era mai sentita tanto in imbarazzo in vita sua. Beh, forse non era proprio così, ma comunque non aveva alcuna intenzione di pensare al suo passato, che comunque non poteva esserle di alcun aiuto.

“Non ne sono tanto sicuro.” La voce dell’uomo aveva un tono familiare. Ed era così morbidamente profonda da farle venire un brivido dietro la schiena.


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