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Sangue Che Crea Dipendenza
Amy Blankenship
Michael scopre che, a volte, il sangue di potenti immortali non si mescola neanche quando sono anime gemelle, né con il calore della passione. Un marchio di accoppiamento è un simbolo di possesso, ma per Michael quel piccolo assaggio di sangue è la sua rovina. Il sangue di un Caduto è ingannevolmente ammaliante per un Dio del Sole, e l’energico afflusso che Michael ne riceve è come una droga. Al fine di proteggere Aurora da se stesso, Michael comincia a dare la caccia ai demoni più potenti della città per soddisfare il proprio desidero oscuro. Quando il sangue nero pulsa nelle sue vene, Michael cede all’impeto e diventa pericoloso quanto i demoni a cui dà la caccia.
Amy Blankenship, RK Melton
Sangue Che Crea Dipendenza
“Sangue Che Crea Dipendenza”
Serie “Legami di Sangue” – Volume 11
Author: Amy Blankenship & RK Melton
Translated by Ilaria Fortuna
Copyright © 2012 Amy Blankenship
Seconda Edizione Pubblicata da Amy Blankenship
Tutti i diritti riservati
Capitolo 1
Toya si accovacciò sul tetto della casa di Kyoko e volse lo sguardo verso il piccolo edificio che ospitava la Statua Vergine in giardino. Erano passati molti anni da quando, una notte, aveva attraversato la barriera e aveva trovato Kyoko in questo mondo, ma ricordava ancora tutti i particolari come se fosse accaduto ieri.
Un tenero sorriso gli apparve sul volto, ripensando a quando lei si era tuffata nell’acqua gelida per salvarlo… quella piccola incosciente non sapeva neanche nuotare, eppure non ci aveva pensato su due volte.
I suoi pensieri s’incupirono al ricordo di tutte le volte che l’aveva incontrata nelle altre dimensioni. Non importava di quale mondo si trattasse, Kyoko non esitava mai a sacrificare se stessa senza pensarci, per salvare qualcuno che amava. Toya serrò le labbra. Sperava di porre fine a quella sua stupida abitudine, altrimenti, per proteggerla, l’avrebbe incatenata stavolta.
Toya spostò lo sguardo e fissò l’enorme stagno sul retro della proprietà. Sperava davvero che lei avesse seguito il suo consiglio e avesse imparato a nuotare. Quella notte gli aveva quasi fatto venire un infarto mentre annegava, e promise a se stesso che, quando l’avrebbe rivista, l’avrebbe rimproverata.
Quando poi la rivide… l’espressione di Toya si addolcì, sapendo già il perché lei non fosse lì ad aspettare i suoi guardiani che avevano superato la barriera. Lui e i suoi fratelli lo avevano capito dal fatto che Kyoko non lo avesse riconosciuto quando si era presentato la prima volta. Lei non ricordava i suoi guardiani ed era una cosa normale, considerato che, in ogni altra dimensione in cui l’avevano trovata, lei aveva i ricordi di una sola vita, e si trattava sempre della vita che stava vivendo in quel momento e in quella dimensione.
Di solito quell’amnesia dimensionale colpiva anche i guardiani… compreso lui. Aveva perso il conto di tutte le volte che aveva incontrato Kyoko per la prima volta, però in questo mondo era diverso. Il Cuore del Tempo li aveva mandati lì con un dono e una maledizione allo stesso tempo. Per una volta, lui e i suoi fratelli ricordavano tutto di lei… anche il fatto di esserne innamorati e di aver combattuto per lei in mondi paralleli.
Il suo petto si strinse per un ricordo che avrebbe preferito non conservare. Provava ancora terrore nel vedere Kyoko morente tra le sue braccia, i loro corpi si muovevano insieme dopo essere stati travolti da un colpo letale che era diretto a lui. Lei aveva cercato di salvarlo da Hyakuhei… e ci era riuscita. Toya sbatté le palpebre quando una lacrima solitaria gli rigò la guancia, e scacciò quel ricordo con rabbia.
Cavolo, anche Hyakuhei ricordava tutto, e la cosa sembrava giocare a loro favore, visto che non li aveva attaccati. Certo, non era stato neanche cordiale. Avevano deciso di stargli alla larga, stavolta non lo avrebbero provocato.
Hyakuhei non era con loro quando avevano seguito i demoni attraverso la barriera, dunque non sapevano da dove fosse arrivato e questo li preoccupava. Finora sembrava solo che stesse cercando i pezzi del cristallo che, ovviamente, Kyoko aveva frantumato… di nuovo. Lei non aveva colpa, non poteva imparare dai propri errori passati se non ricordava di averli commessi. Toya la perdonò sapendo che, se lei non avesse distrutto il cristallo, loro non sarebbero mai stati attirati in questo mondo per cercarla.
Serrò le labbra quando, nei paraggi, sentì il richiamo familiare di una scheggia di quello stesso cristallo. Il Cuore di Cristallo Protettore era incredibilmente potente e ogni suo piccolo frammento conteneva una parte di quel potere. Qualsiasi essere umano o demone che fosse riuscito ad impadronirsi di un frammento avrebbe acquisito un potere enorme, ed ecco che i demoni venivano attirati come mosche dal miele.
Poiché il cristallo era emerso a Los Angeles, la città si era trasformata in un richiamo per tutte le creature paranormali. Tutto ciò che non era umano era attratto verso quella zona, senza saperne neanche il motivo.
Cercando il cristallo che aveva percepito, Toya spostò lentamente lo sguardo verso le case che circondavano il tempio e si fermò quando vide qualcuno guardare fuori dalla finestra buia della casa accanto. Si alzò in piedi e guardò la sagoma che lo fissava, poi rimase perplesso quando la vide nascondersi dietro la finestra.
Toya sogghignò. Era giunto il momento di divertirsi un po’. Sparì all’istante proprio quando l’uomo riprese abbastanza coraggio per guardarlo di nuovo.
Tasuki fece un respiro profondo, tenendo ancora la pistola davanti a sé come se fosse uno scudo. Quello era l’uomo con cui aveva visto Kyoko la notte in cui era scomparsa… ne era certo. Cosa ci faceva in agguato sul tetto? Tasuki raddrizzò le spalle con determinazione. C’era un solo modo per scoprirlo e, essendo un poliziotto, lui aveva tutto il diritto di indagare.
Accertandosi che il caricatore della sua Beretta fosse pieno, disattivò l’allarme e uscì dalla porta principale. Non era la prima volta che entrava nella proprietà degli Hogo da quando Kyoko era scomparsa, ma era la prima volta che vedeva qualcuno oltre agli operai che erano stati ingaggiati per occuparsi del terreno.
La prima volta che li aveva visti con i tosaerba in azione li aveva affrontati, per poi scoprire che erano stati assunti in forma del tutto anonima. Cercando di seguire quella pista, non aveva trovato nulla perché i soldi venivano consegnati nella casella postale della società una volta l’anno, sempre in contanti.
Mentre attraversava il sentiero tra le due case, Tasuki si fermò, incapace di impedire che i ricordi di Kyoko e di suo fratello Tama tornassero a perseguitarlo. Se non fosse stato per quel maledetto “angelo” incontrato quella notte, lei non sarebbe sparita… ne era sicuro. Tasuki non si vergognava di ammetterlo… odiava quell’uomo per avergliela portata via ma, se lui era tornato, allora c’era la possibilità che tornasse anche Kyoko.
Non trovando nessuno nei paraggi, Tasuki si diresse furtivamente verso il retro della casa, dove c’era il piccolo tempio con la statua. Muovendosi in silenzio, svoltò l’angolo e sussultò quando vide di nuovo quell’uomo proprio davanti al capanno, le cui porte erano spalancate.
Avendolo visto soltanto da lontano quando era piccolo, stavolta Tasuki lo guardò memorizzando ogni dettaglio. Aveva lunghi capelli neri con riflessi argentati ed era vestito in modo strano, come buona parte delle persone che aveva visto da quando lavorava per il PIT. Non sembrava normale ma non aveva neanche le ali, perciò Tasuki scartò l’idea che fosse un angelo come aveva detto Kyoko.
“Non ti muovere!” urlò Tasuki, uscendo dall’ombra con la Beretta puntata, mirando direttamente al cuore dell’uomo.
Toya sogghignò e si voltò lentamente per guardare colui che pensava di averlo colto sul fatto. La sua espressione si trasformò in irritazione quando si trovò faccia a faccia con un ricordo del passato. Maledetto Tasuki… avrebbe dovuto immaginare che quell’umano fosse lì da qualche parte, in agguato.
Toya si accigliò quando Tasuki disse “Sapevo che eri tu.” e ringhiò. “Me lo ricordo… eri qui la notte in cui sono arrivati i demoni. Sei uno di loro? Cos’hai fatto a Kyoko? Ti ho visto che la tenevi in braccio priva di sensi, e non provare a negarlo.”.
Toya fissò l’umano a cui Kyoko era sempre così affezionata e sorrise tra sé perché Tasuki non ricordava tutte le volte che si erano già incontrati… probabilmente era una cosa positiva. Restrinse lo sguardo quando sentì il potere del cristallo provenire dal ragazzo, e s’infuriò.
“Tu hai un talismano.” dichiarò Toya. “Lo voglio.”.
Stavolta fu Tasuki ad accigliarsi “Cosa?”.
Non ebbe la possibilità di sparare poiché l’uomo gli si avvicinò in un istante, facendo cadere l’arma a terra e premendogli le dita sul petto. Tasuki avvolse le mani attorno al polso dell’uomo e lo respinse con ogni briciolo di forza che aveva.
“Angelo un corno!” ringhiò Tasuki, e gli affondò un piede nello stomaco “Tu ti comporti come un demone!”. Riuscì a respingerlo con più forza di quanto pensasse di avere.
Toya volò all’indietro, atterrando in piedi e scivolando sull’erba ben curata. Strinse i pugni lungo i fianchi e ringhiò. E così il cristallo lo stava proteggendo, eh?
“Che cos’hai fatto per costringere Kyoko a fuggire?” chiese Tasuki rimettendosi in piedi, mentre gli occhi del suo avversario mutarono da un color oro puro ad uno spaventoso color argento. Tasuki non indietreggiò quando incrociò quello sguardo.
Toya ringhiò quando vide gli occhi dell’altro diventare color ametista.
“Toya!”.
Il color argento svanì dagli occhi di Toya mentre guardava verso suo fratello Shinbe. “Che vuoi, Shinbe? Non vedi che sono impegnato a raccogliere cristalli?”.
Shinbe piegò la testa di lato. “Ti rendi conto che dovrai ucciderlo per rimuovere il talismano, vero?”.
“Non è un problema. E poi, sappiamo entrambi che lui può morire.”. Toya ringhiò di nuovo quando si udì un colpo di pistola e il proiettile gli trapassò la spalla destra. “Figlio di puttana!”.
Shinbe ridacchiò “In questo caso, penso che te lo sei meritato. Ora lascia perdere Tasuki… dobbiamo andarcene subito.”.
“Lo stai difendendo?” chiese Toya sarcasticamente; uno dei suoi pugnali gemelli gli apparve in una mano e lui ne usò la punta per estrarsi il proiettile dalla spalla. “Perché andare via? Il divertimento è appena cominciato.”. Ringhiò quando il proiettile volò sull’erba e si fermò ai piedi di Tasuki.
“Lui sta arrivando.” rispose Shinbe in modo criptico.
Il pugnale di Toya scomparve e le sue labbra accennarono un sorriso mentre si voltava a guardare Tasuki. “Almeno così non sarà mia la colpa.”.
“Chi è che sta arrivando?” chiese Tasuki, indeciso su chi mirare… anche se quel Toya era ancora la sua prima scelta. Il suo sorriso compiaciuto gli stava facendo venire i brividi.
Shinbe lo fissò “Fidati di me, Tasuki… devi andartene subito. Se non lo fai, almeno nasconditi finché non se ne sarà andato.”. Riconobbe quello sguardo caparbio quando Tasuki raddrizzò le spalle e strinse la presa sull’arma. Scuotendo la testa, Shinbe decise di fare un regalo utile a quella testarda reincarnazione.
Con dei rapidi movimenti delle mani, e inclinando il suo bastone, Shinbe eresse attorno al ragazzo una barriera permanente che avrebbe impedito ai demoni o a chiunque altro di percepire il frammento di cristallo nascosto nel suo petto. Sospirò mentalmente, sapendo che era troppo tardi per impedire anche a Toya di percepirlo.
Tasuki spalancò gli occhi quando la pietra di ametista sul bastone brillò, e Shinbe scomparve insieme a Toya. Si guardò le mani e il resto del corpo quando una flebile luce color ametista lo avvolse per un attimo e poi svanì.
“Forse questo ti aiuterà a restare vivo, stavolta.” la voce di Shinbe riecheggiò nella sua testa prima di svanire.
“Stavolta?” ripeté Tasuki confuso, poi sussultò quando la porta del capanno si richiuse. Fu assalito da un improvviso senso d’inquietudine e giurò di aver visto il cielo scurirsi.
Non riuscì a controllare l’impellente desiderio di nascondersi tra gli alberi circostanti. Si accovacciò dietro due tronchi per sbirciarvi in mezzo e vedere cosa stava succedendo.
Fu pervaso da un brivido fino al midollo quando vide un uomo dai lunghi capelli neri apparire dal nulla proprio in mezzo al giardino. Il respiro gli si bloccò nel petto, mentre la paura travolgente e la calma totale lo resero immobile. Era lui… l’uomo dei suoi incubi era in piedi a pochi metri di distanza.
Hyakuhei si diresse verso il capanno con aria pensierosa. Era sicuro di aver sentito la presenza di un talismano ma poi l’aveva perso. Non era ironico che un talismano fosse lì, nei pressi del tempio in cui risiedeva la Vergine? Si fermò davanti al capanno e la porta si aprì di nuovo, come se obbedisse ad un suo silenzioso comando.
I suoi occhi scuri divennero di un marrone caldo quando guardò la statua che aveva le sembianze di ciò che il suo cuore desiderava. Allungando una mano, le sfiorò le dita ma non sentì nient’altro che il freddo della pietra. E così, anche a distanza di tempo, lei lo respingeva ancora… rifiutandosi di lasciarlo passare attraverso il Cuore del Tempo. Alzò lo sguardo verso gli occhi della Vergine e fu ricompensato da un loro breve bagliore. Un sorriso diabolico gli apparve su quelle labbra perfette… pazienza.
Restrinse lo sguardo quando percepì i residui di energia di Toya e Shinbe. Era ovvio che fossero arrivati prima per reclamare il frammento del cristallo. Dando un ultimo sguardo alla statua, Hyakuhei si voltò e lasciò la proprietà.
Tasuki non osò muoversi finché il mostro dei suoi incubi non lasciò il tempio. Scivolò a terra rilasciando il respiro che non si era accorto di aver trattenuto, e rotolò sulla schiena per guardare le stelle. Cosa diavolo stava succedendo? Era abituato alle creature paranormali che avevano invaso Los Angeles, ma questa era diversa… era arrivata troppo vicino a casa sua.
Conoscendo già la risposta, allungò una mano e si diede un pizzico sul braccio. Okay… era la prova che non stava sognando. Jade aveva ragione… erano più che semplici sogni. Non aveva mai affrontato qualcosa di così spaventoso in vita sua. Fece dei respiri profondi e aspettò di calmarsi, prima di rimettersi lentamente in piedi e correre verso il confine tra le due proprietà.
Quando raggiunse il proprio cortile, Tasuki corse verso l’ingresso e quasi sfondò la porta mentre armeggiava con la maniglia. Chiudendola, riattivò l’allarme e si allontanò all’istante. Andò a sedersi sul divano e si avvolse nella coperta, assicurandosi di tenere il dito sul grilletto della pistola… non che gli sarebbe servito granché.
Fece una smorfia ricordando Toya che si estraeva il proiettile con la punta di un pugnale dall’aria pericolosa. Guardò il ritratto appeso sopra il camino e provò una sensazione di dejà vu. Nel dipinto, Kyoko toccava le mani della statua nello stesso modo in cui le aveva toccate il tipo alto e oscuro poco prima.
Capitolo 2
Jade sentiva svanire la beatitudine del sonno, ma si sentiva così bene da non voler ancora affrontare la realtà. Sentiva il corpo caldo premuto contro il suo e quasi gemette. Ripensandoci… forse svegliarsi non era stata una cattiva idea.
Aprì lentamente gli occhi e vide un petto nudo, abbronzato e muscoloso. A giudicare dal battito costante che sentiva nell’orecchio, Titus stava ancora dormendo e sarebbe stato crudele scacciarlo o spingerlo giù dal letto solo perché i loro corpi si stavano toccando. Non era ancora guarito del tutto, perciò decise di essere tollerante… per questa volta.
Probabilmente era stata lei a rannicchiarsi accanto a lui durante la notte, visto che aveva l’abitudine di abbracciare parecchi cuscini quando dormiva. Non fu sorpresa di trovarsi con una gamba e un braccio addosso a lui. Era decisamente un buon sostituto dei suoi soliti cuscini.
Spostò un po’ la gamba e sospirò tra sé quando sentì il proprio interno coscia sfiorare la durezza nei suoi pantaloni. Anche se odiava ammetterlo, quell’uomo era possente anche mentre dormiva. Jade sentì quella durezza strofinare contro il proprio inguine e si sforzò per non piegare di più la gamba, moriva dalla voglia di farlo. In realtà, moriva dalla voglia di fare sesso con lui.
Jade inalò lentamente il suo odore inebriante e chiuse gli occhi, gustando quel maschio che avrebbe potuto soddisfare così facilmente il suo doloroso calore pulsante. Lei era una tipa testarda e, finora, era stato abbastanza facile resistere all’impellente desiderio sessuale provocatole dalle iniezioni di ormoni.
Sentì una sensazione calda scendere verso il basso e i suoi muscoli addominali si contrassero. Prima di riuscire a fermarsi, il suo corpo la tradì facendole inarcare i fianchi. La sensazione era così incredibile che, invece di tirarsi indietro, Jade rimase lì, sentendo il bisogno di quel contatto pressante.
Pensò all’ironia della sorte. Titus pensava che l’odore del suo calore lo avrebbe fatto impazzire. Beh, aveva una notizia per lui… in quel momento, lei non era l’unica ad aver bisogno dello spray per mascherare gli odori. Si accigliò, sapendo di non essere mai stata attratta dall’odore di un maschio umano, e che non lo sarebbe mai stata… o sì?
Ciò era la conferma della sua teoria secondo cui sarebbe stato molto meglio svegliarsi accanto ad un umano, così adesso avrebbe avuto un termine di paragone.
Più si premeva contro il corpo di Titus, più la sua mente correva veloce, poi si mosse di nuovo e i suoi pensieri si bloccarono. Si rese conto che si stava strofinando contro la sua durezza per soddisfare il proprio desiderio. Jade fece una smorfia, imprecando perché prima si era vantata della propria testardaggine e adesso si stava smentendo.
Nel preciso istante in cui si svegliò dal suo profondo sonno ristoratore, Titus afferrò quel corpo sinuoso e rotolò finché non vi si trovò sopra. Bloccò i polsi di Jade sul materasso e si premette più forte contro la sua calda umidità. La guardò negli occhi e capì che aveva bisogno di lui. Aveva gli occhi lucidi e vispi, le sue guance erano arrossate e quella bocca imbronciata era leggermente aperta per il respiro veloce. Come diavolo aveva fatto a dormire, con lei che gli stava accanto in quel modo?
Jade lo guardò, sbalordita dalla velocità con cui si era appena mosso per dominarla. Voleva saggiare quella velocità e quella forza rude, solo una volta. Voleva sentire la differenza tra la passione di un umano e la rude sessualità di quel lupo. Gli si strofinò addosso sapendo che era troppo tardi per tirarsi indietro, e non era colpa di Titus… era colpa sua.
Titus gemette e ringhiò allo stesso tempo, sentendosi eccitare all’istante in maniera dolorosa. Sapeva che lei aveva superato le sue barriere ma, anche se era contento che i suoi pregiudizi fossero crollati, voleva sentirle dire che aveva bisogno di lui, così dopo non avrebbe potuto rinfacciarglielo.
Chinandosi quasi fino a sfiorarle le labbra, le chiese “Cosa vuoi da me, Jade?”.
Sentire la sua voce roca e profonda la fece avvampare ancora di più. Jade si sollevò e rabbrividì. Aveva quasi oltrepassato il limite della razionalità, ma si calmò e lo guardò dritto negli occhi. Aveva ancora abbastanza autoconservazione per capire di essere pericolosamente vicina all’oltrepassare più di un limite.
Con voce quasi terrorizzata, rispose alla sua domanda “Sostieni di essere un uomo d’onore, allora voglio la tua parola di alfa che non mi marchierai e mi permetterai di continuare ad essere libera. Puoi accettarlo e farmi vedere che vuol dire stare con un lupo, così mi tolgo il pensiero?”.
Titus si sentì trafiggere dalle sue parole disperate e la guardò. “Se gli ormoni non ti avessero dato alla testa tu non mi avresti mai voluto, perché sono un alfa.” la accusò. Non gli piaceva l’idea di aiutarla a ‘togliersi il pensiero’. “Non ti preoccupare… non ho intenzione di marchiarti. Non sei l’unica ad avere dei principi morali.”.
Jade trattenne il respiro, sentendo l’accenno di rabbia nella sua voce. Riaffondò nel materasso per creare distanza. Incapace di guardarlo negli occhi, posò lo sguardo sulle sue labbra perfette. “Affare fatto, allora. Una volta lasciato questo letto, niente vincoli.” gli ripeté, augurandosi di avere la forza di alzarsi se lui avesse rifiutato quelle condizioni.
“Se vuoi solo una botta e via così sarà… vedrai la differenza tra stare con un umano e stare con un lupo.” ribatté Titus, e non gli importava che le proprie parole fossero sembrate una minaccia.
Jade aprì la bocca per rispondergli a tono ma lui la bloccò, fiondando le proprie labbra sensuali sulle sue, in un bacio infuocato. A quel punto, non aveva più motivi per recriminare… stava per ottenere quello che voleva. Si allungò verso di lui e gemette per quel bacio impetuoso. Se stava per accadere davvero, allora voleva prendere tutto quello che poteva.
Titus aveva deciso la stessa cosa. Se quella era l’unica volta che aveva il permesso di toccarla, allora avrebbe fatto in modo che lei se lo ricordasse per sempre. Liberandole le mani, intensificò il bacio mentre si strofinava su di lei. Afferrando la camicia da notte, le abbassò una spallina per scoprirle un seno.
Terminò bruscamente il bacio e scivolò all’indietro sul materasso, afferrandole le mutandine e tirandole giù con un solo movimento. Provò soddisfazione sentendola sussultare.
Poi la guardò, con quei capelli scuri sparsi sulle lenzuola bianche e quella soffice collina rosa che spuntava dalla camicia da notte, e concluse che mancava un’ultima cosa per completare il quadro. Afferrando l’orlo della camicia da notte, la strappò al centro, fermandosi a pochi centimetri dallo scollo.
Poi scostò la stoffa, che si aprì come un sipario e lasciò Jade nuda dal seno in giù.
Jade sogghignò, sembrava come se stessero ancora combattendo e, d’istinto, quell’energia le piaceva. Si sollevò e gli mise una mano sul petto per tenerlo a bada. Liberando le proprie gambe, si mise in ginocchio di fronte a lui e sorrise con finta timidezza quando lui fu costretto a scendere dal letto finché non fu fuori dalla sua portata.
Lo osservò mentre si abbassava i pantaloni e li scalciava di lato. L’ultima volta che l’aveva visto nudo pensava di aver già visto la sua erezione ma, adesso, notava la differenza… era enorme.
Strisciando verso il bordo del letto, Jade s’inginocchiò e scattò in avanti, impadronendosi delle labbra di Titus in un bacio infuocato che lui iniziò a dominare. Gli accarezzò i fianchi, poi fece scivolare una mano verso il basso per afferrare quella dura erezione.
Sapendo che adesso Jade aveva una presa salda sull’unica cosa che voleva da lui, Titus le passò una mano tra i capelli e le fece piegare la testa, ringhiando mentre continuava a baciarla. Sentiva il suo capezzolo scoperto sfregare contro il proprio petto mentre si muoveva avanti e indietro nella sua mano.
Titus sorrise tra sé, stava per darle una lezione. Quella piccola lupa non sapeva in cosa si era cacciata. Era abituata alla forza degli umani quando poi neanche un lupo normale poteva reggere il confronto con la forza di un alfa. Tirandola giù dal letto, la girò e la bloccò contro il muro.
Jade gli avvolse le gambe attorno alla vita e gli poggiò le mani sulle spalle per sorreggersi. Sollevandosi, mosse sfacciatamente i fianchi finché quell’estremità rigonfia non fu premuta contro la propria umidità. Oddio, era così grande. Mosse i fianchi avanti e indietro con movimenti lenti mentre lo sentiva entrare in lei.
Titus la vide piegare la testa all’indietro mentre cercava di prenderlo lentamente. Scuotendo la testa, la afferrò per le spalle e la spinse bruscamente verso l’alto, poi la penetrò con forza togliendole il fiato.
Non si aspettava di sentirla così contratta e la sensazione di essere spremuto gli fece quasi cedere le ginocchia.
Prima che lei potesse riprendersi, si ritrasse e poi la spinse di nuovo giù, spingendosi a sua volta verso l’alto e tenendola con una presa salda.
Jade si premette contro il suo petto e gemette quando, all’improvviso, si sentì girare e si ritrovò con la schiena sul materasso. L’altezza del letto era perfetta perché Titus restasse in piedi con le gambe di lei strette ancora strette attorno alla sua vita. Jade si aggrappò alle lenzuola quando lui le afferrò il sedere, spingendosi dentro e fuori dalla sua calda apertura.
Con il respiro affannoso, alzò lo sguardo verso di lui e vide che era intento a guardarsi mentre la penetrava. I muscoli delle sue braccia si contraevano ad ogni movimento e lei abbassò lo sguardo sugli addominali. L’immagine di lui in piedi, possente e fiero mentre si spingeva dentro di lei, era la cosa più sexy che avesse mai visto. La sensazione di essere soddisfatta centimetro dopo centimetro, con spinte forti e lente, la fece godere.