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Il Viaggio Del Destino
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Il Viaggio Del Destino

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- Anche questo abito non farà più parte della tua condizione di donna, verrà donato a una famiglia più bisognosa - aggiunse la donna, invitandola a toglierselo.

La giovane si spogliò e consegnò le vesti alla madre, che le fece indossare l'abito, in pelle di daino, che aveva cucito e riccamente decorato per lei.

Le cuciture delle maniche e il bordo del vestito erano ornate da frange che a ogni movimento ondeggiavano sinuose. Lo scollo del vestito lo aveva decorato con i suoi colori preferiti, il giallo e il rosso, e anche i gambali riprendevano lo stesso motivo.

Qualcuno fece capolino all'interno. Era la nonna, Rugiada del Mattino.

Gli occhi scuri e vispi della donna la passarono in rassegna dalla testa ai piedi.

- Sei davvero bella! - ammise orgogliosa. - L'uomo che ti avrà in sposa sarà un uomo molto fortunato. -

Falco Dorato le rivolse un sorriso carico di affetto.

- Credo che dovremo iniziare presto a costruirle il tepee - ridacchiò la nonna, mentre si accingevano a uscire.

Raggiunsero il centro dell’accampamento, dove il Fuoco Sacro ardeva e un piccolo altare, sul quale vi erano un teschio di bisonte, la pipa e una ciotola con della tintura rossa, era stato allestito per la cerimonia. Lo Sciamano la invitò a sedere con le gambe incrociate, mentre tutti i membri della Tribù, che indossavano gli abiti più belli, quelli per le grandi feste, si chiusero in un ampio cerchio colorato intorno a loro.

L’uomo accese la pipa e ne tirò una boccata, poi soffiò sul muso del cranio del bisonte, avvolgendolo in una nuvola di fumo, intinse il dito nella tintura e tracciò una linea rossa sulla fronte del teschio. La sua voce si elevò in un canto sacro e propiziatorio, e il suo corpo cominciò a danzare, davanti alla ragazza, con movimenti che rappresentavano un bisonte e, ogni volta che le si avvicinava, la madre le metteva delle foglie di salvia sul grembo.

Poi lo Sciamano la invitò a sedersi alla maniera di una donna, quale era diventata, con entrambe le gambe da un lato.

La madre le sciolse i capelli, mentre l’uomo, dopo averle scostato la frangetta, tracciò anche sulla sua fronte una linea rossa che si estendeva attraverso l’attaccatura dei suoi capelli.

Fu benedetta con il sacro polline giallo, ricevendo la purificazione e il potere femminile di portare prosperità e salute al suo popolo, che la festeggiò con gioia e devozione.

I profumi delle verdure, delle zuppe e delle carni, che nel frattempo si erano lentamente grigliate alla brace, si era diffuso in tutto l'accampamento, preannunciando la fastosità del banchetto.

Mentre prendeva posto accanto alla sua migliore amica, Luna Rossa, la ragazza ripensò alle parole della madre. Chiuse gli occhi un istante per ascoltare il suo cuore, l'immagine che si rivelò lo fece palpitare, li riaprì e... la visione era proprio lì, davanti a lei, e la guardava compiaciuto. Era Vento che Soffia…

Bello e carismatico, di statura piuttosto alta e con muscoli scolpiti, gli occhi scuri gli conferivano uno sguardo magnetico e i bei tratti del suo viso erano incorniciati da lunghi capelli neri. Ne era innamorata fin da bambina. Gli fece un timido sorriso che lui ricambiò con una strizzatina d'occhio.

La festa in onore di Falco Dorato si stava rivelando un vero successo: i cibi erano squisiti e l'atmosfera serena e gioiosa.

- Pensi che si dichiarerà un giorno? - chiese alla sua amica.

- Hai dei dubbi su questo? - rispose incredula Luna Rossa. - Non lo vedi come ti guarda?

Vento che Soffia non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e lei sembrava proprio apprezzare.

- Non lo senti? - le chiese Luna Rossa inspirando l’aria con il naso.

- Sentire cosa? - chiese Falco Dorato.

- Il profumo dell’Amore! - Luna Rossa rise, scuotendo la testa. - Sono d'accordo con tua nonna, quando dice che dovranno costruirlo presto il tepee per il tuo matrimonio! -

Mentre i due giovani continuavano a scambiarsi sguardi e sorrisini, Occhio di Lince, si avvicinò al ragazzo e gli chiese quando si sarebbe dichiarato.

- Quando tornerò dalla mia Visione - gli confidò Vento che Soffia.

- Sono sicuro che lo apprezzerà molto - commentò l'amico.

- Mi auguro solo che la fila non sia troppo lunga fuori dal suo tepee - rivelò con un’ombra di preoccupazione il giovane.

- Dubito che qualcuno osi tanto! - rispose Occhio di Lince, ridendo.

Tutti i ragazzi sapevano che a lui piaceva e visto il rispetto di cui godeva all'interno della Tribù, nessuno avrebbe osato sfidarlo nella conquista di quella giovane donna, anche perché i due si erano scelti fin da quando erano bambini…

A quindici anni, Vento che Soffia aveva già la stoffa di un grande guerriero: ottimo arciere e cavallerizzo, era senz’altro il miglior cacciatore della Tribù.

Con l'arrivo della pubertà, arrivò anche il momento più importate della sua vita, la ricerca della Visione.

Suo padre, Cervo Chiazzato, lo invitò a sedersi intorno al fuoco del loro tepee, mentre sua madre, Ruscello Danzante, riempiva una bisaccia con dei viveri.

L'uomo riempì la pipa, con un gesto la offrì al cielo e alla terra, poi la accese e cominciò a parlare.

- Figlio mio, per tutti gli uomini arriva il tempo della ricerca della Visione. Nessun uomo sarà mai se stesso, se non ha ancora avuto la propria Visione

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Fece una pausa per una lunga boccata, quindi passò la pipa al figlio e proseguì.

- Ti isolerai in un luogo sacro, veglierai in solitudine digiunando per 4 giorni e aspetterai pazientemente di ricevere, attraverso un sogno o una visione, il tuo Spirito Protettore che ti guiderà nella vita. -

Il ragazzo ascoltò le parole del padre in rispettoso silenzio.

Cervo Chiazzato svuotò la pipa e la appese alla parete del tepee, poi si rivolse nuovamente al figlio.

- Adesso dormi, domani con il sole nascente ti preparerai per partire. -

Il giovane assentì con il capo e si ritirò nel suo giaciglio per la notte.

Con le prime luci dell'alba si recò alla “capanna del sudore” per una sauna purificatrice. Poi si incamminò verso il luogo sacro che aveva scelto per ricevere la sua Visione.

La terza notte in solitudine, questa gli fu concessa.

Nel cielo una grande Luna d’argento lo vegliava, aveva raggiunto il silenzio interiore, era tutt'uno con la madre Terra e il padre Cielo, l'immagine era nitida, il mondo circostante era un immenso mare, dal nord una sagoma si stava avvicinando, camminando sulle acque: era un lupo.

Un rumore lo distolse dalla meta tanto ambita. Rassegnato aprì gli occhi, a pochi metri da lui c'era lo stesso lupo, dal pelame fulvo. Si guardarono negli occhi per alcuni secondi che parvero interminabili.

Un brivido agghiacciante gli percorse il corpo quando vide il suo viso riflesso negli occhi dell'animale.

Rimase immobile, mentre un leggero soffio di vento accarezzò la sua pelle e il pelo del lupo. Paralizzato dalla paura, trattenne il respiro, pregando intimamente il Grande Spirito di essere risparmiato.

Come se avesse capito il suo disagio, l'animale indietreggiò di alcuni passi e, prima di andarsene, emise un ululato che rimbombò per tutta la vallata. Poi scomparve, nel buio della notte.

Era stata un’esperienza davvero molto forte, era felice e grato, ma non riuscì a chiudere occhio.

Con le prime luci dell'alba si preparò per rientrare all'accampamento, percorse alcuni metri e qualcosa attrasse la sua attenzione, si piegò a raccoglierla, era un dente di lupo. Lo strinse nella mano, rivolgendo il suo sguardo colmo di riconoscenza al cielo, quindi lo ripose con cura nel suo involto di medicina e proseguì il suo cammino.

La luce rossastra del cielo filtrava attraverso la falda del tepee di Vento che Soffia, annunciando l’arrivo del crepuscolo serale.

- Il sole sta tramontando - disse il giovane guardando l’apertura superiore, poi rivolgendosi ai genitori li informò della sua decisione di dichiararsi a Falco Dorato.

Ruscello Danzante si alzò e si diresse verso un canestro, ottenuto dall’intreccio delle canne di fiume e la iucca. Lo custodiva, da un po’ di tempo, accanto al suo giaciglio.

Cervo Chiazzato accese la pipa e ne tirò una profonda boccata prima di parlare, rivolto al figlio.

- La tua scelta è un passo importante nella vita di un uomo, ti stai impegnando a prenderti cura di questa giovane donna e dei figli che nasceranno dalla vostra unione. - Lo guardò intensamente mentre gli passava la pipa. - Questa decisione è motivo di orgoglio per noi - aggiunse l’uomo con espressione fiera, ricevendo in cambio rispetto e gratitudine negli occhi di suo figlio.

La madre sorrise compiaciuta, mentre gli porgeva il canestro.

- Mi sono chiesto più volte che cosa ci fosse qui dentro - disse il giovane mentre ne estraeva il contenuto, dispiegando una coperta dai colori sgargianti.

- L’ho fatta tessere per te da mia sorella, per quando sarebbe arrivato questo giorno - rivelò Ruscello Danzante.

-Grazie! - disse il giovane, rivolgendole uno sguardo amorevole.

- Il sole è tramontato, è tempo che io vada - annunciò mentre si alzava in piedi.

La madre ripiegò la coperta e gliela pose sull’avambraccio, prima che uscisse.

Appena fuori, il giovane, lanciò subito un’occhiata in direzione del tepee di Falco Dorato, appurando che non c’era nessuna fila di pretendenti al suo esterno.

Fece un sospiro di sollievo e s’incamminò, munito, come da tradizione, della coperta del fidanzamento.

Attraversò l’accampamento, era quasi deserto, i pochi Nativi che ancora si aggiravano, stavano rientrando nelle loro tende.

Giunto davanti al tepee della giovane amata, scostò il lembo di pelle dell’entrata, incontrando lo sguardo di Grande Aquila, seduto di fronte.

- Posso entrare a sedermi accanto a Falco Dorato? - chiese con molto rispetto.

L’espressione di gioia sul viso della giovane non lasciava alcun dubbio sull’esito di quella visita, da lei tanto attesa.

- Entra pure - rispose Grande Aquila.

Vento Che Soffia si accomodò seduto, accanto alla ragazza, e la avvolse insieme a lui nella coperta.

Si erano ufficialmente fidanzati.

[1] Proverbio degli Ojibwa

Capitolo 5

Gokstad, 915 d.C.

Era una calda giornata di giugno. Ulfr e Thorald, quindicenni, si stavano preparando a fare il loro ingresso nel mondo adulto.

Tutti si davano un gran daffare con i preparativi della festa, alla quale erano stati invitati anche i familiari del Clan di Thorald.

Nell'aria si sentiva già il profumo della carne che si stava arrostendo: Re Olaf aveva fatto abbattere due grossi cinghiali per l'occasione.

Stavano indossando le cotte di maglia quando sentirono Re Olaf salutare calorosamente qualcuno.

- Bentornato amico mio! -

- Olaf! - rispose la voce profonda di un uomo.

Thorald riconobbe all'istante quella voce e si precipitò fuori.

- Padre! Siete tornato! - esclamò con grande gioia.

- Figlio mio, in un giorno così importante, non sarei mancato per nulla al mondo! - dichiarò Harald spalancando le braccia.

Si strinsero con vigore, battendosi con la mano la schiena a vicenda.

- Entriamo Harald! Dobbiamo brindare al tuo ritorno - disse Olaf, cingendo con le sue forti braccia le spalle dell'amico.

All'interno della casa la servitù era indaffarata nella preparazione di ogni sorta di cibo ed Herja dirigeva i vari compiti come solo una perfetta padrona di casa può fare. Anche la figlia minore, Isgred, lavorava insieme alla servitù, la madre a sua volta lo aveva fatto, da ragazza, e riteneva che solo sapendo svolgere tutte le mansioni si poteva poi dirigerle alla perfezione.

Isgred aveva 14 anni e tra uno o due anni si sarebbe sicuramente fidanzata con un giovane del suo stesso rango. La madre voleva farla arrivare al matrimonio in grado di svolgere perfettamente il suo ruolo di padrona di casa.

Herja stava controllando la cottura del pane quando i due uomini, seguiti dai rispettivi figli, entrarono nella grande cucina.

- Harald! - esclamò, spalancando le braccia mentre si dirigeva verso di lui.

- Herja, sei sempre splendida! Anche imbiancata dalla farina! - scoppiarono a ridere, mentre lei lo tempestava di domande.

Olaf prese due corni e li riempì di idromele.

- Brindiamo al tuo ritorno! - propose, offrendone uno all’amico.

- Drekka Minni! - brindarono all’unisono, innalzando i loro corni, per poi svuotarli in una sola sorsata.

Harald ordinò ai suoi uomini di portare in casa un grosso baule di legno.

- In questo viaggio gli Dei ci hanno protetti e condotti fino a una città chiamata Kiev, uno dei più grandi centri commerciali che abbia mai visto. Abbiamo venduto tutto il nostro carico al doppio del prezzo che a Hedeby, e abbiamo acquistato merci che ci hanno fatto guadagnare una fortuna.

Aprì il baule e ne estrasse seta e gioielli.

- Questi sono per Herja e Isgred! -

- Questa seta è splendida - disse Herja sgranando gli occhi. - E questi gioielli! Vieni a vedere Isgred! -

La ragazza si precipitò incuriosita, rimanendo a bocca aperta alla vista di quelle meraviglie.

- Queste coppe d'argento e le spezie sono per tutta la famiglia, mentre questo è per te - disse rivolgendosi all' amico…

Gli porse un elegante mantello rosso di lana con bordi di pelo e decori in seta e una grande spilla di filigrana d'oro per chiuderlo.