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Roma in ogni stagione. «Il Laterano alle cose mortali and? di sopra»
Olga Averina
? una descrizione dettagliata del complesso di edifici storici eretti nell’arco di pi? di duemila anni nel quartiere di San Giovanni in Laterano, luogo che una volta aveva la stessa importanza per il mondo di quella che ha oggi il Vaticano. Nella narrazione l’autore fornisce molte interessanti informazioni aventi a che fare, sia con l’arte, che con la storia, soprattuto la storia del Cristianesimo.
Roma in ogni stagione
«Il Laterano alle cose mortali and? di sopra»
Olga Averina
Переводчик Anton Khazov
© Olga Averina, 2017
© Anton Khazov, перевод, 2017
ISBN 978-5-4483-8128-7
Создано в интеллектуальной издательской системе Ridero
All’attenzione dei lettori si propone una serie di libri raccolti in una collana chiamata «Roma in ogni stagione», dedicata ai luoghi pi? interessanti, pittoreschi e segreti.
Il primo libro della serie ? la presente edizione – Roma in ogni stagione: «Il Laterano alle cose mortali and? di sopra». ? una descrizione dettagliata del complesso di edifici storici eretti nell’arco di pi? di duemila anni nel quartiere di San Giovanni in Laterano, luogo che una volta aveva la stessa importanza per il mondo di quella che ha oggi il Vaticano. Nella narrazione l’autore fornisce molte interessanti informazioni aventi a che fare, sia con l’arte, che con la storia, soprattuto la storia del Cristianesimo.
Il libro ? indirizzato a tutti coloro che si interessano di Roma.
Informazioni sull’autore e sull’interprete:
Averina Olga, nata e residente a Mosca fino al 2016. Laureatapresso l’istituto statale di storia ed archiviazione di Mosca. Attualmente vivonella citt? di Svetlogorsk della regione di Kaliningrad.
Khazov Anton, nato a Roma, residente a Mosca. Laureato presso l’UniversitaStatale Linguistica di Mosca.
Al posto della prefazione o «I manoscritti non parlano»…
Nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravanna si spense Dante Alighieri, l’autore della «Commedia», che pi? tardi, un’altro illustre italiano, Giovanni Boccaccio definir? «Divina». I figli di Dante, Jacopo e Pietro, dopo aver messo in ordine tutti gli scritti del Padre, si accorsero che non erano presenti i manoscritti degli ultimi capitoli della «Commedia». Non era chiaro se fossero andati persi o se non siano mai stati scritti… Tutti e due i fratelli, nonostante non avessero ereditato la genialit? del padre, si dilettavano a scrivere versi, e dopo alcune riflessioni decisero di finire il cantico del «Paradiso» loro stessi, affinch? l’opera pi? importante del padre non fosse rimasta incompiuta. Dio solo sa come sarebbe finita questa storia se non fosse intervenuto… Dante stesso.
Un giono, quando Pietro era assente, Jacopo fece uno strano sogno. Vide il padre che si ergeva davanti a lui in una veste bianca. La testa del defunto era attornata da uno strano bagliore che con la sua forma ricordava o un aureola o una corona di lauro, come quella che fu posta sul capo di Dante nella tomba.
Impaurito, Jacopo chiese al padre se avesse terminato l’opera e se avesse conservato i manoscritti. «Si. L’ho terminata», disse Dante. Il sogno continu? fino a che padre e figlio si trovarono nella camera da letto di Dante, dove il poeta indic? il muro sul quale era appesa una stuoia e scomparve. La mattina dopo Jacopo si precipit? dall’amico del padre, il notaio Pietro Giardini, per raccontargli del suo sogno. Poco dopo erano gi? in due a correre per tornare a casa di Dante. Nel luogo indicato dietro alla stuoia, il notaio e Jacopo con molta meraviglia scorsero una nicchia nella quale vi erano riposti i manoscritti degli ultimi tredici canti del «Paradiso».
Attualmente ? difficile stabilire cosa in questa storia sia vero e cosa sia inventato. L’importante ? che Dante aveva completato l’opera. Lui non solo vide «color che tu fai cotanto mesti», ma vide anche «la Porta di San Pietro», dove cominciava il paradiso. Nelle ultime cantiche del «Paradiso» ritrovate, Dante continu? la descrizione della sua misteriosa struttura. Il viaggio di Dante nei cieli culmin? con la contemplazione dell’Empireo, o Candida Rosa, un luogo sconfinato, popolato dalle anime dei beati contemplanti Dio.
Nel cercare le parole giuste per definire la bellezza inimmaginabile dell’Empireo, quando ci fu bisogno di descrivere l’indescrivibile, la mano di dante scrisse le seguenti parole:
Se i barbari, venendo da tal plaga
che ciascun giorno d’Elice[1 - Elice – costellazione dell’Orsa Maggiore, con il figlio, cio? la costellazione di Boote.] si cuopra,
rotante col suo figlio ond’ella ? vaga,
veggendo Roma e l’ardua sua opra,stupefaciensi, quando Laterano
a le cose mortali and? di sopra…
(Divina Commedia, canto 31).
Dunque, il paragone fu trovato! La contemplazione del Paradiso in cielo ? simile alla contemplazione del Laterano in terra.
Per Dante il Laterano era assolutamente grandioso senza alcun dubbio, e i suoi contemporanei capivano bene a cosa si riferiva il geniale italiano. Ma come si sa i tempi cambiano e ai nostri contemporanei la parola «Laterano» dice poco o niente. Questo non ? giusto, poich? il Laterano non merita l’oblio. Cerchiamo di colmare questa lacuna della nostra conoscenza e cominciamo, come dicevano gli antichi, ab ovo, cio? dall’uovo[2 - Nelle satire di Orazio «ab ovo» si usa nella combinazione «dall’uovo fino alle mele» (lat. ab ovo usque ad mala), cio? dall’inizio alla fine.].
I. In brevi o il Laterano in due parole
«In principio era il verbo». Cos? comincia il Vangelo[3 - Vangelo (Greco ?????????? – «lieta novella») – libro, o raccolta di libri nei quali viene descritta la vita di Ges? Cristo. Quattro vangeli canonici: Matteo, Marco, Luca, Giovanni, fanno parte del Nuovo Testamento.] di Giovanni o San Giovanni, come viene chiamato l’apostolo dagli italiani. Cominceremo anche noi questo libro con un «verbo». Dalla parola «Laterano»… Alla possibile provenienza di questo nome sar? dedicato un capitolo a parte, intanto ci soffermeremo sul significato pi? generale della parola.
Dunque, che cosa ? il Laterano? Per il mondo cristiano una volta questo nome aveva lo stesso significato che da pi? di sei secoli porta il «Vaticano». Se continuiamo a delineare questa analogia vediamo che sia il Vaticano che il Laterano sono:
– nomi geografici, e precisamente di due collinette romane che, anche se non fanno parte sei famosi sette colli[4 - Aventino, Viminale, Capitolino, Quirinale, Palatino, Celio ed Esquilino.], non sono meno famosi;
– il luogo dell’ubicazione della Santa Sede, o della sede Papale, e precisamente lo stato sovrano con a capo il Papa.
Qu? ? cominciata la storia della chiesa cristiana europea e fino al XIV secolo la residenza ufficiale dei papi era situata sul colle Laterano di Roma. Ed ? proprio nel palazzo del Laterano che nel 1929 ? stato firmato l’accordo tra la chiesa cattolica romana e il governo italiano con a capo Benito Mussolini che conferiva al Vaticano lo status di Stato Pontificio indipendente che prima del 1870 occupava praticamente tutta la parte centrale della penisola italiana.
Tutti sanno, che attualmente il centro spirituale, nonch? simbolo della residenza dei Papi ? la cattedrale di San Pietro. ? meno noto invece, che pi? di 600 anni fa questo titolo apparteneva alla basilica del Laterano, benedetta in nome del Cristo stesso, del suo predecessore (e cugino) – Giovanni Battista e del suo discepolo (e nipote) – l’apostolo Giovanni, il quale, come narrato nel Nuovo Testamento «corse pi? veloce di Pietro» verso il Salvatore risorto.
In poche parole, il Laterano ? il Vaticano delle epoche passate: un «proVaticano».
Per gli odierni abitanti di Roma il Laterano ? anche una vasta area urbana dove si erge un complesso di siti storici dislocati in tre piazze adiacenti chiamate in nome di tre Giovanni:
– piazza San Giovanni in Laterano (o piazza San Giovanni sul Laterano)
– piazza di Porta San Giovanni
– piazza Giovanni Paolo II
Nell’antica Roma, come adesso, ? quasi al confine del centro storico. Se il tempo lo concede, dal centro fino a qu? si pu? arrivare a piedi. In questo caso, direttamente dal Colosseo dritta come una freccia vi ci condurr? via di San Giovanni in Laterano. Ma il mezzo pi? comodo e rapido ? la metro, stazione «San Giovanni».
Allora, partenza! Prossima fermata «San Giovanni»…
II. Il muro
Uscendo dalla metro e dandosi un’occhiata intorno non ? difficile notare delle vecchie mura di pietra con numerosi archi e una grande porta rivestita di concio bianco. Sono le antiche mura dell’imperatore Aureliano[5 - Lucio Domizio Aureliano, o Aureliano – imperatore romano dal 270 al 275.] che una volta fonivano protezione e donavano tranquillit? alla vita della citt? eterna.
Gli antichi romani erano dei grandissmi specialisti nell’erigerefortificazioni di vario tipo, soprattutto mura. Le innalzavano ovunque mettevano piede le impolverate calighe[6 - Caliga – stivale del legionario] degli audaci legionari. Una rete di fortificazioni difensive si estendeva dalle aride sabbie del Sahara con il «Limes Mauritano», fino alle piovose montagne della Scozia, dove furono eretti il vallo di Adriano e Antonino. La cosa interessante ? che quest’ultimi hanno fatto da spunto per il ciclopico «Muro» dell’epopea fantasy di George Martin – «Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco», resa celebre dalla serie televisiva «Il Trono di Spade». Questo «Muro» difendeva il mondo civilizzato dei Sette regni dal selvaggio mondo del belligerante Nord, le cui vaste aree erano occupate da orde di incontrollabili «Bruti», da tremendi zombie – gli «Estranei» e varie altre entit? maligne. Nella vita reale prorio per lo stesso scopo a difesa di Roma prima furono erette le antiche mura Serviane[7 - La leggenda narra che le prime mura difensive di Roma furono erette dal re Servio Tullio verso la met? del VI a.C.], e in tempi pi? recenti quelle Aureliane. Solo che al posto dei «bruti» le mura romane venivano attaccate da altri invasori del nord – le trib? dei galli, goti, vandali e longobardi…
Per i russi forse sar? interessante sapere che a immagine della prima Roma fu costruita anche Mosca – la nostra Roma del nord, la terza per ordine e la quale come molti sanno «si tiene ancora in piedi, ultima nel suo genere»[8 - Lettera pastorale dell’eremita anziano Filofei del monastero di Yelisarov al grande re di Mosca Vassiliy III Ivanovich.]. Sette colli di Mosca circondavano le mura dell’antica citt?. Il suo perimetro di 16 chilometri ? il percorso che oggi segue ilmovimentatoanello di giardini che fa da confine al centro storico. Nella Roma odierna lo stesso ruolo ? ricoperto dalle mura Aureliane, erette 1300 anni prima, e pi? lunghe di tre chilometri di quelle di Mosca.
L’imperatore Aureliano cominci? la costruzione di queste mura fortificate nel 271. Le mura difendevano i sette colli di Roma, il campo Marzio e l’area «Zamoskvorech’ye»[9 - Dall’altra parte del fiume Moscova.] (se continuare con le analogie con Mosca) – il quartiere Trastevere, sulla sponda destra del Tevere. Aureliano fu molto perspicace a costruire questa imponente fortificazione. Da qu? a non molto sarebbero cominciate le invasioni barbariche.
La tensione che aumentava al confine dell’impero Romano richiedeva la necessit? di fortificare la citt?, e le mura furono terminate molto velocemente – in 4 anni. Per la costruzione del muro non si bad? a spese e si usarono ingenti quantit? di calcestruzzo, allargando le mura fino a 3,4 metri e facendole arrivare ad un’altezza di 8 metri (pi? tardi, durante il regno dell’imperatore Onorio[10 - Flavio Onorio Augusto o Onorio – primo imperatore dell’Impero Romano d’Occidente dopo la divisione dell’impero in Impero Romano d’Occidente e Impero Romano d’Oriente. Regn? dal 395 al 423.] all’inizio del V secolo vennero innalzate fino a 10,5—15 metri), e rivestite subito di mattoni. Ad una distanza di ogni 30 metri furono erette imponenti torri, e tutte le strade, che secondo il detto, portano a Roma, passavano attraverso le 18 porte, l’aspetto esteriore e la capacit? difensiva delle quali venivano progettate basandosi sull’importanza strategica.
All’interno delle antiche mura Aureliane, sulla propaggine del colle Celio si trova l’area che si chiama Laterano. Non lontano da qu? cominciava l’antica via Campana che portava verso la regione Campania[11 - Regione dell’Italia.].
La porta in mezzo alle due massive torri rotonde ha il pittoresco nome di Porta Asinaria, che molto prosaicamente si traduce come… Porta degli Asini. Durante l’innalzamento delle mura qu? venne costruito solo un piccolo passaggio – la postierla per i proprietari terrieri che vivevano fuori della citt?. Da qu? conduceva in citt? la Via Asinaria (o Via degli’Asini). Siccome per i contadini dell’antica Roma il mezzo di trasporto principale era l’asino, se ne deduce che ? da qu? che prendono il nome sia la porta che la via. Lo stretto passaggio venne allargato solo durante il regno del fervente cristiano – l’imperatore Onorio. Approposito, f? proprio Onorio ad abolire i combattimenti dei gladiatori nel 404, dopo che il monaco Telemaco f? ucciso a sassate dalla folla mentre cercava di porre termine ad una delle sanguinose battaglie che si tenevano nell’anfiteatro.
La storia teneva in serbo un destino piuttosto movimentato per la Porta Asinara. Nel 536 la porta fu varcata dall’esercito del generale bizantino Belisario che entr? a Roma per liberarla dalla trib? germanica degli ostrogoti capeggiati dal re Vitige. Dieci anni dopo, distrutta la porta a colpi di ariete, la citta f? occupata dalle armate del nuovo re ostrogoto – Totila.
Nel 1084 in questo punto delle mura entrarono a Roma i normanni capeggiati da Roberto Il Guiscardo, che distrussero e saccheggiarono tutto quello che gli capitava davanti agli occhi. Dopo di questo l’esercito del Guiscardo diede fuoco alla citt? eterna agendo con una tale brutalit?, che questo incendio verr? ricordato dagli storici come uno dei pi? catastrofici nella storia dell’Impero Romano. Eppure, nonostante tutte le peripezie la porta degli’Asini si ? conservata benissimo. Tuttavia, attualmente, a causa dell’abbassamento del livello della strada la porta ? chiusa al passaggio delle macchine, ma i passanti, e anche gli asini possono ancora attraversarla.
La sontuosa e larga Porta San Giovanni, chiamata in onore del santo e che fu costruita per il passaggio di persone importanti o solenni processioni, ? comparsa nelle mura Aureliane solo nell’anno 1574. La sua costruzione fu iniziata su benedizione del papa Pio IV Medici (1559—1565), ma venne terminata durante il pontificato di Gregorio XIII Buoncompagni (1572—1585), al quale, tra l’altro, dobbiamo l’introduzione del nuovo calendario gregoriano.
I lavori di costruzione furono guidati dall’architetto Giacomo del Duca, poi seguito da un’altro Giacomo – della Porta, allievo di Michelangelo. Delle leggende popolari raccontano che Giacomo della Porta mor? per torcimento dell’intestino causato da eccesivo ingerimento di cibo: si dice che il poveraccio si sia abbuffato di cocomero e meloni ad un picnic in campagna e che la morte lo colp? proprio mentre stava attraversando la porta di San Giovanni. Cos? l’anima lascio le spoglie mortali dell’architetto proprio sotto l’arco della volta della propria costruzione. Molto probabilmente si tratta, come si dice adesso, di un fake. Nei propri aneddoti la gente ama molto gettare fango su personaggi famosi, proprio facendo leva sui peccatucci dei quali si erano macchiati: nella Repubblica Ceca vi diranno che l’astronomo Tycho Brache bevve talmente tanta birra Krusovice fino a farsi scoppiare la vescica, e che in Russia lo scrittore di favole «nonno Krylov» mor? dopo una grave indicestione a causa della grande quantit? di frittelle mangiate durante la festa della Maslenitsa.
Nonostante le varie dicerie, siamo molto riconoscenti a Giacomo della Porta per la sfrazosa e imponente porta, che oltretutto fa da punto di riferimento per i turisti sulla via che porta dalla stazione della metro «San Giovanni» vicino alla basilica del Lateranense.
III. Nomen proprium, o nome prorio
Prima di cominciare la visita dell’area e del complesso di palazzi storici accomunati sotto il nome di Laterano, un viaggiatore curioso vorr? sicuramente sapere da dove viene fuori questa parola.
Come si sa, la scienza che si occupa dello studio dei nomi geografici si chiama toponimica. Questa scienza studia non solo la provenienza dei nomi geografici ma anche la loro evoluzione, il significato, la grafemica e cos? via. La scienza ? scienza – una cosa difficile, confinata nei limiti della metodologia e delle esperienze del passato. Insomma, ? una cosa noiosa.
Ma pu? essere che sia proprio la toponimica ad essere una cosa influenzata dal popolo! Nel suo ambito la proveninenza di ogni parola ? sempre legata ad una bizzarra leggenda, un aneddoto storico o dalla pi? banale logica semplice come la pi? ovvia delle cose. Come si intende cos? si scrive. Per esempio, per gli studiosi del popolo la parola «Moscva» richiamava ad un suono simile al ronzio dei moscerini insieme al gracidio delle rane. Il luogo era stagnante e paludoso, ed ? proprio per questo che ? nata questa allusione[12 - Le numerose combinazioni che si formano, non di rado sono avvolte da una specie di simbolismo mistico delle parole – la prima sillaba del toponimo «Moscva» – «mosc» (in italiano ricorda la parola «moscerini»)]. La gente, sia in Russia che in Italia, in tutte le epoche era molto propensa a modellare i nomi geografici secondo le proprie interpretazioni. Anche il Laterano di Roma non ? sfuggito a questo trattamento, avendo avuto anche esso a che fare con una rana, anzi, un ranocchio.
La leggenda rimanda l’origine della parola «Laterano» ai tempi del regno di uno dei pi? famosi imperatori dell’antica Roma. Ma non quello che da il nome all’insalata, e neanche quello sul quale, usando i soldi dell’impero a luci rosse «Penthouse», l’insaziabile Tinto Brass fece un suo film[13 - Si tratta dell’insalata «Caesar salad» e del film «Caligula» del 1979)]. L’imperatore che ci interessa ha dato il nome al famoso programma per lavorare con i CD e i DVD. Capito quale? Giusto, stiamo parlando di Nerone[14 - Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, o Nerone – imperatore romano dal 54 al 68.]. Grazie ad un gioco di parole il nome del programma Nero Burning ROM (E) si pu? tradurre sia come «Nerone che incendia Roma» che come «Nero, che incendia i (CD-) ROM» dove con il termine incendiare, viene chiamato il processo di trasferimento dei dati su un disco.
Nel nostro caso Nerone non dovr? incendiare Roma. Nella leggenda del laterano tutto sar? molto pi? bizzarro.
? noto che Nerone ebbe tre mogli, ma tutti i matrimoni si rivelarono un fallimento, e l’unica figlia – Claudia Augusta, mor? quattro mesi dopo il parto. Per ordine dell’incosolabile padre, dopo la morte la bambina fu divinizzata, e in suo onore furono costruiti santuari, nei quali i sacerdoti celebravano il culto di Claudia Augusta. Dal canto suo, Nerone, non trovando la felicit? con le donne si dedic? agli uomini. Fu il primo imperatore a celebrare i matrimoni con i suoi amanti imitando il rito nuziale romano. Al matrimonio con l’eunuco Sporo, Nerone lo fece vestire da imperatrice, invece a quello con il sacerdote di nome Pitagora Nerone fece da moglie. Tempo dopo, come narra la leggenda, Nerone decise di mettere alla luce un erede tutto da se.
I medici dell’imperatore capivano che il rifiuto di rispettare i suoi ordini equivaleva a una pena di morte, e, per fortuna, ad uno dei «condannati» venne in mente un’idea che li avrebbe salvati. A Nerone fu chiesto di ingoiare senza masticare una specie di intruglio, nel quale i dottori misero o uova di rana o un girino. Quando secondo i calcoli dei medici, l’intruglio nella pancia dell’imperatore pass? dallo stadio di uovo a rana, a Nerone fu somministrato un lassativo e… venne alla luce un incantevole bambino. La «mamma» Nerone era pazzo di gioia. Le migliori bambinaie del regno furono incaricate di prendersi cura dell’erede-ranocchio, e i figli di alcune famiglie aristocratiche di Roma formarono la sua scorta d’onore. Al neonato fu prescritto di fare lunghe gite all’aria aperta, ma un giorno, mentre la carrozza con il ranocchio passava vicino al Tevere, il «successore», percependo la vicinanza del suo habitat naturale, tutto d’un tratto salt? via dal cuscino di velluto e scomparve nei giunchi sulla riva del fiume. La «madre» infuriata fece giustiziare sia le bambinaie che il cocchiere e tutti i ragazzini che lo scortavano. I poveri genitori, devastati dalla tristezza, organizzarono, senza aspettare, un’attentato che port? all’uccisione di Nerone, e in ricordo di questo avvenimento, non lontano dal palazzo di Nerone venne costruito un edificio che fu chiamato con un nome che in latino significa «rana latitante» – latitans rana. Una leggenda divertente, ma assolutamente inverosimile…
? arrivato il momento di cercare la spiegazione scientifica dell’origine della parola Laterano. Non affrettattevi a sbadigliare, non vi annoierete di sicuro.
Il toponimo «Laterano» coincide con il soprannome con il quale nell’antichit? fu chiamato un ramo della stirpe plebea dei Sestii. Questo vuol dire che quasi sicuramente non sapremo mai come veniva pronunciato nel parlato plebeo. Per la prima volta nella storia fa la sua comparsa circa 500 anni prima di Nerone. Nel 366 a.C. un certo Lucio Sestio Laterano riusc? a fare carriera e divent? il primo plebeo ad essere nominato console. Ai tempi in cui i dissidi tra patrizi e plebei stavano crescendo, Lucio Sestio Laterano e il suo amico Gaio Licinio Stolone diventarono dei veri salvatori della patria, impedendo una guerra tra ricchi e poveri. Essi proposero ai romani di mettere in pratica le loro tre idee: assegnare ai plebei uno dei due seggi consolari; limitare la proriet? terriera a 100 iugeri a persona; liberare i cittadini dallo giogo debitario, secondo il quale gli interessi pagati dai debitori si aggiungevano alla somma finale e la parte restante veniva pagata in tre anni. Queste tre riforme (lat. – rogazioni) praticamente furono i primi esempi di annullamento dei privilegi, attuazione di riforme sociali e ottenimento dell’eguaglianza dei cittadini della storia.
? possibile che fu proprio il tribuno della plebe Lucio Sestio Laterano a divenire il fondatore del ramo dei Laterani, il cui nome viene ripetutamente usato nella storia dell’Antica Roma.
Un’altro famoso Laterano della storia fu Plauzio Laterano, contemporaneo di Claudio[15 - Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, o Claudio I – imperatore romano dal 41 al 54.] e Nerone. Era di sangue nobile, bello, alto e aveva uno zio molto influente, il comandante Aulo Plauzio, conquistatore della Britannia. La moglie dell’imperatore Claudio, Messalina, si infatu? di lui e lo fece diventare uno dei suoi numerosi amanti.
Famosa per il suo temperamento effrenato, Messalina ? entrata nella storia come la pi? famosa tessitrice di intrighi di tutta l’Antica Roma. La sua spavalderia la port? a cercare di spodestare il marito, divorziando da lui in sua assenza e nominando imperatore il suo nuovo favorito Gaio Silio. Per una tale impudenza Messalina fu fatta pugnalare su ordine del marito tradito, dopodich? tocc? a tutti gli altri amanti che si riusc? a scovare. Solo due di loro si salvarono, uno dei quali era Plauzio Laterano, aiutato da Aulo Plauzio, buon amico di Claudio. Grazie all’intromissione dello zio, il fortunato Laterano fu solamente escluso dal senato.
Il figlio adottivo di Claudio – Nerone, diventato imperatore, perdon? Laterano e nel 66 addritittura lo nomin? senatore. Tuttavia non era destinato a vivere abasstanza per assumere l’incarico. La partecipazione all’attentato del 65, che prevedeva l’uccisione del pazzo con la corona, del quale tutti ormai erano stanchi, gli cost? la vita. Tra i complottisi c’erano molti romani di spicco, tra i quali il precettore di Nerone il filosofo Seneca e il poeta Lucano invidiato per il suo talento da Nerone che si dilettava di poesia. Il piano era il seguente: durante le manifestazioni circensi, alle quali l’imperatore era sempre presente, Plauzio Laterano avrebbe dovuto avvicinarlo, avvalendosi della sua completa fiducia. Essendo il pi? possente tra i complottisiti, avrebbe dovuto farlo cadere a terra, e trattanerlo fino all’arrivo dei complici armati, che avrebbero ucciso la «bestia sul trono». Purtroppo, la fortuna di Plauzio ebbe fine… Il complotto fu smascherato e lui giustiziato. Oltretutto, non solo Nerone non diede a Laterano la possibilit? di dire addio alla famiglia e di darsi la morte da solo, ma anche scelse per la sua esecuzione un luogo umiliante. Plauzio Laterano mor? sul piazzale dove venivano uccisi gli schiavi per mano del traditore che smascher? il complotto – il tribuno Stazio.
Dopo l’esecuzione di Laterano, la sua tenuta, conosciuta come «podere di Laterano» (Aedes Lateranorum) ” fu confiscata e divent? proprieta dell’imperatore. Il poeta-satirico romano Giovenale[16 - Decimo Iunio Giovenale o Giovenale (c.ca. 60 – 127) – poeta satirico romano.], che naque 5 anni prima dei fatti accaduti, descrisse in molte sfumature un’altro Laterano, il suo contemporaneo,Tito Sestio Magio Laterano. Nell’ottava satira, ragionando sulla vera nobilt? e dimostrando che una discendenza nobile non ha nessun valore senza qualit? morali, Giovenale marchi? d’infamia tutti i famosi aristocratici che conosceva. Nel nostro caso Giovenale ara arrabiato del fatto che «il ciccione» Laterano, eletto console nel 94, mentre era in carica, di notte si dava alle corse con le bighe, e che finito il mandato avrebbe continuato a farlo anche di giorno. Ma questo non ? il fatto peggiore… Invece di brandire la sua spada prestando servizio militare ai confini dell’impero passava il tempo in una squallida taverna:
…lo troverai sdraiato con qualche sicario in mezzo a marinai, ladri e schiavi fuggiaschi, carnefici e fabbricanti di bare e i tamburi muti di un gallo disteso. Qui c’? libert? per tutti, i bicchieri sono in comune, il letto ? lo stesso per tutti, la mensa non ? chiusa a nessuno[17 - Giovenale. Satire. M.-L., 1937.].
Nulla di nuovo sotto al sole. Dopo duemila anni, i ricchi e potenti e la loro prole spesso si divertono in modi simili – organizzano corse notturne su auto di lusso, e dopo essersi riempiti la pancia nei ristoranti alla moda, vanno a fare baldoria nei vari bordelli.
Il moralista Giovenale sarebbe stato molto felice nel sapere che il bisnipote del ciccione Laterano che si chiamava prorio come quest’ultimo – Tito Sestio Magio Laterano, e che era console nell’anno 197, si sarebbe comportato in modo assolutamente diverso. Nel 195 combatt? valorosamente nella campagna partica sotto l’imperatore Settimio Severo[18 - Lucio Settimio Severo – imperatore romano dal 193 al 211.], ricoprendo la carica di duce (dux exercitus) – comandante dell’esercito romano. Dopo queste guerre, Laterano, non solo si arricch? enormemente, ma entr? anche a far parte della cerchia di amici intimi dell’imperatore. Settimio Severo era molto generoso con i suoi amici di battaglie, e avrebbe fatto al suo amico un dono veramente regale, come risarcimento per la tenuta di famiglia confiscatagli da Nerone. Stiamo parlando dello sfarzoso palazzo «Domus Parthorum», o Casa dei Parti, nella quale durante le guerre romano-partiche alloggiavano i nobili parteniani presi in ostaggio. Il palazzo era adiacente alle caserme Castra Nova Equitum Singularium[19 - La prima caserma – Castra Priora Equitum Singularium si trovava nelle vicinanze, all’altezza dell’odierna via Tasso.], costruite da Settimio Severo, non lontano dalla porta degli asini, per l’alloggio di mille cavalieri scelti come sue guardie del corpo. Oltre alle varie propriet? a Laterano fu concesso uno dei maggiori privilegi dell’antichit?, il rifornimento di aqua in casa direttamente dall’acquedotto. A testimoniare questo fatto vi ? la scoperta fatta nel XVI secolo da Fulvio Orsini, uno dei canonici della basilica di San Giovanni in Laterano. Sotto le fondamenta di una delle cappelle della basilica ha rinvenuto i resti di antiche tubature romane di piombo con sopra impressa la scritta Sexti Laterani o «propriet? di Sestii Laterani».
Da allora, nelle varie fonti scritte la casa Partica viene chiamata come Casa dei Laterani (Aedes Laterani). La maestosit? del palazzo era tale, che per assegnare un indirizzo agli edifici che gli stavano vicini veniva usato il termine «iuxta Lateranis» (vicino ai Laterani). Con il passare del tempo, man mano che dal latino si form? la lingua italiana, il toponimo assunse la sua forma definitiva – Laterano, o in russo, Латеран. (Lateran).
IV. Il dono di Costantino
All’inizio del IV secolo una considerevole parte dell’area che portava il nome di Laterano era occupata dalla tenuta Domus Faustae (Casa di Fausta), che si trovava nel luogo dei possedimenti confiscati da Nerone a Plauzio Laterano. Molto probabilmente la tenuta era appartenuta a Flavia Maxima Fausta, la figlia dell’imperatore Massimiano[20 - Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio o Massimiano – imperatore romano dal 285 al 305 (e usurpatore dal 306 al 308 e 310).]. Nell’anno 307, quando Fausta divenne moglie di Flavio Valerio Aurelio Costantino, passato nella storia con il nome di Costantino I Il Grande, la sua tenuta si aggiunse agli altri possedimenti del marito. Qu? era la loro dimora quando i coniugi si fermavano a Roma.
Ma cominciamo con i fatti antecedenti…
Chi ? stato a Venezia sicuramente avr? notato la strana scultura di porfirio rosso-scuro sotto la facciata meridionale della basilica di San Marco, raffigurante quattro uomini armati di lance che si abbracciano amichevolmente l’un l’altro. Questa scultura del IV secolo fu portata l? dai venezani dopo il saccheggio di Costantinopoli, dove abbelliva una delle piazze principali della citt?. Ai giorni nostri i rappresentanti delle comunit? LGBT sono soliti fotografarsi vicino al quartetto interpretando in modo sbagliato l’abbraccio, senza rendersi conto di chi rapprenti. D’altronde non sono solo loro a non rendersene conto. Affrettiamoci a colmare questa lacuna.
Nel III secolo l’Impero Romano che a quel tempo raggiunse delle proporzioni giganti, entr? in una striscia di prolungata crisi, o, come direbbero da noi «Smuta» (Tumulto). Una parte dei territori proclam? la propria indipendenza da Roma e le dispute tra imperatori condussero ad un periodo di 33 anni (tra il 235 e il 268), durante il quale furono incoronati 29 imperatori, dei quali solo uno mor? di morte propria. Chiss? come sarebbe finita quest’epoca di congiure di palazzo se al potere non fosse salito Diocleziano[21 - Gaio Aurelio Valerio Diocleziano o Diocleziano – imperatore romano dal 284 al 305.].
Nel 285 Diocleziano introdusse un nuovo sistema di governo dell’immenso Impero Romano – la tetrarchia[22 - Dal greco t???????? – governo a quattro.], secondo la quale a governare dovevano essere non uno, ma quattro re. Due di loro vennero chiamati «augusti» (imperatori anziani) e gli altri due – «cesari» (imperatori giovani). Si prevedeva che dopo 20 anni di governo gli augusti avrebbero abdicato in favore dei cesari che a loro volta avrebbero dovuto designarsi dei successori. A sua volta, Diocleziano nomin? come cesare un suo vecchio amico, il comandante Massimiano Erculio, elevandolo poi al grado di augusto. Diocleziano govern? la parte orientale dell’impero, invece Massimiano – quella occidentale. Nel 239 Diocleziano e Massimiano nominarono come loro successori due cesari: Galerio e Costanzo Cloro. Quindi sono questi quattro che stanno abbraciati vicino alla basilica di San Marco a Venezia.
E adesso, attenzione…
Ai lettori che si sono allenati guardando le soap-opere latino-americane non sara difficile seguire il filo del discorso, chi invece non ? preparato, molto probabilmente dovr? rileggere il seguente paragrafo pi? volte. Purtroppo non si pu? fare a meno di queste informazioni, perch? sono strettamente collegate al imperatore Costantino Il Grande e il Laterano.
Per rafforzare i legami tra i membri della tetrarchia, si decise che avrebbero dovuto imparentarsi nel senso letterale della parola. Chi era sposato fu fatto divorziare e chi era scapolo fu fatto sposare. Una delle mogli dell’imperatore Massimiano era la siriana Eutropia, che aveva una figlia dal precedente matrimonio – Teodora. E fu questa Teodora, figliastra di Massimiano che fu data in sposa a Costanzo Cloro dopo il divorzio dalla moglie Elena. A Massimiano invece Eutropia diede alla luce il figlio Massenzio e la figlia Fausta. Nel 307 Fausta fu data in sposa a Costantino, figlio di Costanzo Cloro e della sua prima moglie Elena.
Vi siete persi? Se ? cos? allora ricapitoliamo tutto dal punto di vista di Costantino…
Suo padre Costanzo Cloro, dopo aver divorziato dalla miglie Elena si un? un matrimonio alla figliastra del comandante Massimiano. Quest’ultimo, dopo essersi ritirato, diede in sposa a Costantino sua figlia Fausta. Sposata Fausta, Costantino ricevette quindi anche la tenuta Domus Faustae, che un tempo appartenne a Plauzio Laterano (proprio quello che fu giustiziato per avere preso parte al complotto contro Nerone).
Due anni prima del matrimonio tra Costantino e Fausta, attenendosi alla legge di Diocleziano, sia Diocleziano che Massimiano abdicarono dal trono. Diventato augusto, Costanzo I Cloro part? per la Britannia per combattere i pitti, ma un’anno dopo mor?, dopo aver fatto in tempo a chiamare Costantino per dirgli addio. Dopo la morte di Costanzo Cloro, i suoi soldati, rispettando le ultime volont? del generale, insignirono Costantino della carica di Augusto.
Allo stesso tempo a Roma, Massenzio, con l’aiuto delle guardie pretoriane
sal? al potere. Costantino, con molta magnianimit? riconobbe la carica di augusto del suo futuro cognato. Non ci soffermeremo sugli interessanti dettagli delle lotte per il trono che imperversarono negli anni seguenti, ma faremo solo un cenno a Diocleziano, che a quei tempi si era ritirato. Nel film amato da tutti «Moscva slezam ne verit» (Mosca non crede alle lacrime) di lui cos? parl? l’eroe del film, il meccanico Gosha: «c’era una volta questo imperatore romano Diocleziano. Durante il massimo splendore del suo impero rinunci? al trono e si ritir? in campagna. Alle richieste di tornare a regnare lui rispose: «se aveste visto che bei cavoli ho fatto crescere la piantereste di cercare di convincermi».
All’opposto di Diocleziano, ne Massimiano, ne Massenzio, ne Costantino volevano crescere vegetali, tantomeno diventare tali. Nel 310, il suocero di Costantino, Massimiano cerc? di conquistare la Gallia del sud e riprendersi il trono, ma fu sconfitto e si suicid?. Massenzio, incolpando Costantino dell’uccisione del padre, fece distruggere tutte le statue che lo raffiguravano e fece togliere il suo nome da tutti gli edifici pubblici. Questo fu un’atto di sfida aperta per l’avversario. Approfittando dell’occasione, il Senato si rivolse a Costantino con la richiesta di liberare al pi? presto Roma da Massenzio, il regno del quale era diventato una crudele tirannia. Costantino accett?, ma solo con la condizione che Roma lo avesse dichiarato liberatore, ma in nessun caso, conquistatore. Dopo aver ottenuto una risposta positiva, nel 312 Costantino mosse le prorie truppe contro Massenzio. Ed ? prorio allora che accadde il fatto che cambi? radicalmente la storia…
Per la prima volta questo avvenimento venne menzionato nell’opera «vita di Costantino», scritto in greco da un contemporaneo dell’imperatore, lo storico Eusebio di Cesarea. Riportando le parole di Costantino, Eusebio scrive, che alla vigilia della battaglia, l’imperatore ebbe una visione sotto forma di una croce che brillava sotto al sole che tramontava e recante la scritta «?? ????? ????» (in slavo-ant. «Cим победиши», o «con questo vinci», lat. in hoc signo vinces). Scosso da quello che vide, Costantino ordin? di raffigurare la croce sugli scudi dei propri soldati che si stavano preparando per la battaglia.
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