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Anche se il nascere della scrittura cinese sembra strettamente collegato con situazioni di tipo rituale-religioso, il suo utilizzo posteriore vedrà regolare il commercio e servirà per stabilire norme tra i cittadini: le leggi.
La scrittura delle leggi sarà quella che si diffonderà e propagherà nella cultura Shang, convergendo e aiutando a costruire la base della cultura cinese: con l’apparizione della scrittura si distinguono i popoli e le culture che appartengono all’ambito cinese e quelli che ne restano fuori.
La religione Shang
La religione shang postulava che Xie, il primo antenato imperiale, era figlio di Shangdi, dio del cielo e signore indiscusso che governa l’universo. Assicura che gli imperatori si trasformavano in dei dopo la loro morte, mentre in vita potevano entrare in contatto con gli antenati deificati intercedendo per conto del popolo. Questa capacità di mediare fra uomini e dei, trasforma l’imperatore nel sommo sacerdote della religione, fatto questo che a sua volta giustifica e perpetua il potere. In questo aldilà era dove governavano gli antenati degli Shang, ed era dove andava la gente comune dopo la morte. Il culto agli antenati che si sviluppa in questo periodo viene generato dal processo di deificazione e dalla conversione ad abitanti del cielo. I potenti, al momento della morte, venivano sepolti con numerosi oggetti di valore: oggetti di bronzo, monete di ciprea, animali, carri e schiavi decapitati a scopo rituale. Nell’ultimo periodo quando il loro potere era all’apice e le ricchezze si accumulavano ad Anyang, si sono ritrovati sepolcri con sacrifici di centinaia di schiavi. L’obbligo principale del re, quello che giustifica la divinizzazione davanti al popolo, veniva rappresentato dal controllo del calendario, la base in una società agricola. Da qui si sviluppano le osservazioni astrologiche, si registrano eclissi di sole e luna, sulla base del calendario Xia che ora viene notevolmente migliorato. Non è casuale che i nomi rituali dei dieci clan della successione reale coincidano con quelli dei giorni dell’unità basica del calendario. Per gli Shang l’anno si divide in sei mesi, ognuno dei quali comprende sei periodi di dieci giorni. Per cui l’anno solo aveva 360 giorni, così che quando lo ritenevano necessario, aggiungevano un periodo di 5 giorni per arrivare ai 365 del ciclo solare. Parallelamente alla religione ufficiale ne esistevano altre più popolari, con dei riferimenti locali, come il culto alla terra (Tu) o al miglio (Gu), per i quali si costruiscono piccoli templi in ogni villaggio ed erano serviti da sacerdoti con caratteristiche sciamaniche chiamati Wu. In questo universo religioso scopriamo anche piccoli templi e credenze relazionati con fenomeni naturali, come il dio del Fiume Giallo, delle montagne, di altri fiumi o boschi, o quelli che venivano venerati secondo le stagioni.
Nella fase posteriore ad Anyang, ritroviamo numerosi gusci di tartaruga e scapole di bovini, che ci fanno pensare ad uno sviluppo sostanziale delle pratiche religiose e rituali. Con questa nuova esigenza nasce una schiera di sacerdoti, una nuova e più potente figura sociale che era dedita a chiedere pioggia in primavera, vittoria nelle battaglie o esiti di campagne di caccia e spedizioni commerciali.
L’influenza Shang sullo stato contemporaneo è specialmente culturale e rituale, anche se ancora non conosciamo il centro rituale di questa cultura, esistono però numerosi luoghi dove si pratica la religione. Addirittura, di sovente, la conquista di popoli nomadi si riveste di un aspetto religioso, giustificata dalla mancanza di rispetto ai riti Shang.
Lo stato Shang
Lo stato Shang era fortemente militarizzato. L’organizzazione del suo esercito avveniva con batterie di cento soldati con armi di bronzo, utilizzavano carri da guerra sui quali combattono gli aristocratici. L’esercito non solo serve alla difesa dall’esteriore. Nel paese abbondavano le città fortificate, governate dai nobili con discendenze o provenienza familiare con i reali, che avevano una certa autonomia per dominare il popolo nel proprio territorio e riscuotere tasse tra i contadini. Il nobile solo doveva sostenere il re con le tasse e accompagnarlo in guerra. Lo sviluppo dello stato shang si basa nel commercio (tartarughe e conchiglie di ciprea usate come monete), la guerra (con campagne continue contro i popoli vicini) e la religione (articolata intorno al culto per gli antenati e un clan che vive in città fortificate).
Gli Shang sono organizzati in villaggi intorno al centro cerimoniale; il più importante è quello della capitale dove risiede il re. Lo stato Shang è quindi composto da vari stati che riconoscono l’egemonia del principale. Vi sono ancora molti stati barbari, anche all’interno della frontiera ci sono villaggi che non riconoscono né la cultura né la religione imposta dagli Shang.
Nella pratica, nei luoghi più vicini alla capitale erano i parenti del re a governare sulle terre, allontanandosi dal centro troviamo gli alleati che riconoscono la superiorità spirituale del re, e nelle lontane terre periferiche ci sono villaggi commerciali che mantengono una periodica comunicazione con la capitale.
Vediamo quindi che gli Shang non erano i re di un mondo unito sotto di loro, bensì i governanti più potenti di un mondo multicentrico e multiculturale. Le dinastie posteriori, con desiderio di legittimare il dominio nella Cina centrale, attribuiranno un potere e controllo politico agli Shang che possibilmente non hanno mai avuto.
Gli Shang ad Anyang
La prima capitale degli Shang, Erligang, venne abbandonata repentinamente ed ancora non ne conosciamo la ragione. Il cambio di capitale ad Anyang si fece sotto il re Pan Geng. Fu questo re a trasferire la capitale sulle sponde del fiume, e proprio una serie di catastrofiche inondazioni sono quelle che metteranno fine alla prima fase della dinastia Shang e la definitiva ubicazione delle successive capitali in zone montane, a salvo dai capricci del fiume. Vicino al fiume gli Shang mantengono il potere per 263 anni, ed è dove ritroviamo il vero sviluppo di questa società: qui creano la scrittura cinese, arrivano al massimo splendore nella fusione del bronzo e raggiungono un maggiore sviluppo sia politico che economico. Fino ad oggi hanno ritrovato due capitali shang vicino ad Anyang. La prima, Huanbei, è stata scoperta da pochi anni, qui si può ammirare una delle grandi costruzioni Shang. È la città recintata, con un centro politico cerimoniale composto da più di 25 edifici su un totale di 10 ettari, provvista di strade ampie quasi 8 metri e con 2 metri di marciapiede. Si pensa che questa fu la capitale fondata da Pan Geng.
La seconda, Yinxu, dovrebbe esser stata fondata da Wu Ding, nonostante sia stata scoperta nella prima decade del XX secolo, non si sono ritrovati resti anteriori al suo regno. Durante i 59 anni che Wu Ding regnò realizzò numerose campagne militari che estesero il dominio Shang. In questa urbe troviamo un’estesa produzione di bronzi, più numerosi sacrifici umani, e sempre più accentuata la concentrazione di poteri nella figura del re. Si dice che uno dei suoi più famosi generali si chiamava Fu Hao ed era una delle sue mogli.
Fu la sua sepoltura l’unica tomba imperiale degli Shang scoperta intatta, (anche se poi saccheggiata); nella tomba si sono ritrovati favolosi tesori, ricca di bronzo e con un buon numero di animali e schiavi sacrificati in forma rituale. Fu Hao sostiene diverse campagne militari contro il nord e occupa il governo di alcune città importanti. Il ruolo delle donne nobili con gli Shang è praticamente uguale a quello degli uomini, anche se sono impossibilitate a raggiungere i vertici del potere. Agli inizi di questa dinastia la società manteneva ancora forti linee matriarcali. Ci sono testimonianze di Re che offrono in sacrificio la figura paterna e uomini che si incorporano nel clan delle donne. Questo dato ci fa pensare che le donne non siano solo le padrone della casa ma anche della famiglia. In questa epoca si fanno sacrifici per le antiche regine, e i figli si considerano discendenti dalle madri. Si fa uso di un ampio concetto di “padre” e “madre”, che comprende anche gli zii, si può cosi disegnare una società che traccia linee di appartenenza ad un lignaggio determinato più importanti che ad un singolo progenitore biologico.
Dopo la morte di Wu Ding si rallenta e poi ferma del tutto l’espansione esterna, sostituita da quella interna. Questo porta alla rotazione di nuove terre e all’eliminazione dei popoli non agricoli all’interno delle frontiere Shang, rafforzando, di conseguenza, la burocrazia statale e provinciale.
Con gli ultimi re Shang si può notare un aumento delle attività militari – continuano le campagne contro i Qiang dell’ovest o gli Yi dell’est- e un debilitarsi delle alleanze tribali che li mantengono al potere. Durante la epoca di Yi (1191-1155 a. C.) gli Yi dell’est, tante volte sconfitti, attaccano agli Shang, obbligandoli a stabilire una capitale secondaria ad est, nell’attuale Qixian, provincia di Henan.
Decadenza Shang
L’ultimo re Shang fu Zhou Xin (1154-1122), un re crudele e dissoluto. Gli storici attribuiscono la sua caduta ad una vita dedicata ai piaceri, menzionando come esempio la costruzione di un enorme giardino con uno stagno di vino, con carne cotta appesa agli alberi, dove il re giocava nudo con le sue favorite. La ragione della caduta del governo la ritroviamo in un evento politico, l’assassinato del primo ministro Bigan. Con questo evento si rompe definitivamente l’alleanza con i dieci lignaggi della successione; fatto questo che dividerà l’equilibrio del clan Shang: Bigan non è solo lo zio dell’imperatore, assessore e primo ministro; ma bensì la più grande autorità dei clan in questo momento. un’altra causa della sua caduta in disgrazia potrebbe essere la storia d’amore con la regina Daji. Varie interpretazioni vedono qui l’intento di trasformare la dinastia in ereditaria, legando il potere a suo figlio e trasformandolo in successore, distruggendo così l’idea di monarchia rotativa. Quest’evento spiegherebbe anche l’ultimo fracasso in battaglia dell’imperatore. Il monarca fu abbandonato dai suoi uomini. Intrighi di palazzo regnano in quest’epoca.
Zhouy Xin cercò di compensare la rottura dell’alleanza dando autonomia e potere ai capi delle maggiori tribù a ovest del territorio, tra i quali gli Zhou. Possibilmente non vennero rispettati questi accordi e quest’ultimi trameranno la ribellione. Secondo la leggenda, il re We degli Zhou, approfitterà la permanenza in prigione per scrivere il primo dei testi classici cinesi. I Ching, Libro dei Mutamenti. La leggenda narra la liberazione del re solo quando il figlio, il re Wu, pagherà una gran quantità di ricchezze per riscattarlo.
We e Wu formeranno un esercito sempre più forte ad ovest, mentre gli Shang continuano a debilitarsi, soprattutto non avendo più il favore del popolo, e per gli attacchi degli Yi da est. Così che quando il re Wu attacca Zhou Xin, riuscirà nell’intento praticamente senza sforzi, nella battaglia di Muye, mettendo fine alla dinastia Shang.
Ancora dobbiamo conoscere molto sulla Cina degli Shang, non possiamo ancora affermare con sicurezza che stiamo parlando di una sola dinastia. Le differenze tra i primi Shang e gli ultimi sono evidenti; poco sappiamo del periodo di tempo precedente allo stabilirsi definitivamente ad Anyang, e ancora non si sono localizzati né scavati i resti delle capitali politiche, né quelle religiose e spirituali; la chiamata città Shang dove risiedevano i templi e le maggiori costruzioni religiose. Data la mancanza di molte fonti storiche che avallino le leggende, risulta probabile che l’idea che ci siamo costruiti di questa dinastia sia stata formata negli anni successivi e non dallo studio approfondito della stessa.
Relazione della cultura Shang con altre culture antiche
Da tempo gli storici trovano punti di connessione tra la cultura Shang e le altre culture dell’Oriente prossimo, specialmente Mesopotamia ed Egitto. Qualsiasi campo della cultura e società a cui ci avviciniamo ha inevitabilmente punti di contatto, grandi somiglianze dalle quali si deduce un inevitabile contatto tra culture e relativa contaminazione culturale. Come in altri aspetti della storia, gli interessi nazionalisti a volte frenano gli studi oggettivi. In Occidente ci sono marcate divisioni tra i diffusionisti e gli isolazionisti.
I ‘diffusionisti’ affermano che tutte le grandi culture dell’umanità sono state create dalla diffusione dei loro elementi principali dal più antico popolo dei Sumeri, su un percorso che sarebbe sostanzialmente: Sumeri-Egitto- Valle dell’Indio- Cina ed India- Culture precolombiane. Gli isolazionisti, dall’altra parte, pensano che ciascuna delle grandi culture si sia evoluta in modo indipendente, essendo una creazione e sviluppo delle popolazioni locali.
Notizie recenti ci fanno conoscere la continuità culturale dell’Asia Centrale in date anteriori al 2000 a. C., dovute a contatti commerciali e culturali con Europa e Asia, da qui è verosimile che alcuni elementi della cultura cinese e nello specifico di quella Shang possono essere stati trasmessi da Occidente. Sia con i Shang che con i Sumeri e gli Egizi ritroviamo nella classe sacerdotale che governa lo stato e con il re-sacerdote a capo, dei riti funebri che comprendono sacrifici umani , lo sviluppo del sistema numerale, alcuni rituali funebri di questi sovrani che includono la sepoltura di centinaia di persone con i sovrani stessi.
Lo sviluppo di due sistemi numerici, ancora utilizzati in tutto il mondo sviluppato, sono il decimale e il sessagesimale, uno usato per gli affari e l’altro per i rituali; la costruzione di enormi capitali come centri politici e religiosi, circondati da un muro, in cui viene creata un’imponente architettura con colonne ben sviluppate e sculture in pietra; l’uso generoso di strumenti in bronzo, armi e oggetti rituali, un sistema di scrittura ben sviluppato e l’introduzione di carri di bronzo. Pulleyblank indica grano, orzo e carrozze trainate da cavalli come segni di evidente importazione dall’occidente, le culture che hanno interagito pacificamente per 4-5.000 anni ora concludono violentemente la loro era, ribadisce Pulleyblank: “sembra probabile che uno stimolo dall’ovest avrebbe avuto un ruolo significativo nell’inaugurazione dell’età del bronzo cinese.“
Per la trasmissione di questa serie di innovazioni politiche, religiose e tecniche che possono portare un regno a dominare coloro che lo circondano, non è necessario un grande movimento di popoli, basta con la presenza di un piccolo gruppo di intellettuali, sacerdoti o missionari. Ne vedremo un esempio con la presenza dei gesuiti nei tribunali degli imperatori Ming e Qing, dove questi religiosi hanno introdotto profondi cambiamenti politici, economici e militari.
Popoli della periferia Shang: Qiang e Yi
Nelle periferie del mondo Shang ancora vivevano popoli che riuscirono a mantenersi liberi dalla trasformazione politica e sociale degli Shang. Società agricola, cacciatori o pastori nomadi con i quali gli Shang mantengono relazioni commerciali, politiche e militari. Molti dei popoli dei quali i nomi appaiono negli ossi oracolari, come gli Yang, possiedono una cultura semplice di caccia e pesca, sono spesso assorbiti durante questi anni da altre civiltà.
Dei popoli che vivono nella periferia, quelli che influenzano maggiormente il loro sviluppo politico sono i Qiang e gli Yi. I Qiang appartengono alla parte occidentale della provincia di Shaanxi, e possibilmente si estenderanno per le provincie vicine. Probabilmente sia stata una popolazione numerosa e con un buon esercito, giacché le guerre contro di loro si susseguono durante tutta la dinastia Shang. Le vittorie su questo popolo, con la cattura di numerosi prigionieri, fino a 30.000 in una sola battaglia, fa pensare ad un’importante storia economica ed umana. Infatti, nonostante i continui attacchi subiti dagli Shang nel corso dei secoli, le cronache delle successive dinastie continuano a menzionarlo come un popolo potente insediato in una regione vicina a quella degli Shang. Posteriormente si spostò a sud-ovest dove alcuni dei loro discendenti sopravvivono ancora oggi.
Gli Yi vivevano ad est degli Shang, nella provincia di Shandong. Forse in un principio i due popoli erano alleati. Alla fine della dinastia Shang, la guerra contro gli Yi provocherà l’indebolimento dell’esercito e della società stessa, facilitando la sconfitta per mano degli Zhou.
Ancora più distante dal centro degli Shang, esistevano una serie di città delle quali abbiamo pochissime informazioni; alcune di loro avevano una relazione solo commerciale con gli Shang. L’uso da parte degli Shang di enormi quantità di gusci di tartaruga, conchiglie cauri, bronzo, giada e altri oggetti di lusso avrebbe dovuto stimolare la creazione di importanti centri commerciali anche lontano dalla loro sfera economica o politica. Questi centri commerciali mantengono relazioni nel sud, con altri centri politici che hanno mantenuto un’indipendenza nell’evoluzione culturale.
Resti di altre culture ancora poco studiate continuano ad apparire, stabiliti in diverse parti dell’attuale Cina, da Pechino a Gansu e il bacino del Yangtze; culture queste che rimangono al di fuori del dominio Shang. Il modello classico dell’evoluzione storica della Cina vacilla, come afferma Jettmar Karl: “È stato confermato che un gruppo di culture importanti e altamente attive esiste da molto tempo e che la loro interazione ha dato origine alla civiltà cinese”.
La civilizzazione di Sanxingdui
Numerosi resti di antiche città sono stati scoperti nel bacino dello Yangtze, indicando l’esistenza di civiltà contemporanee, se non precedenti, rispetto a quelle conosciute lungo il Fiume Giallo. Interessanti sono i siti archeologici vicino a Chengdu, capitale della provincia di Sichuan, anche se ancora non sappiamo se siano relazionate tra di loro. A Longman si sono ritrovati alcuni resti di un edificio piramidale, possibilmente un tempio, nel centro di una città fortificata, costruito nel 2500 a.C.. Nella zona di Sanxingdui ci sono stati ulteriori ritrovamenti.
Questi studi stanno rivoluzionando il concetto di storia cinese studiato fino ad ora, in alcuni scavi, probabilmente luoghi utilizzati per svolgere lavori sacrificali, sono stati trovati oggetti in bronzo perfettamente modellati. Tra questi spicca una grande figura di due metri e mezzo di altezza che si ritiene essere un re sacerdote (con un drago nel suo copricapo) e un buon numero di enormi maschere rappresentanti il Re. La presenza di una città fortificata e numerosi oggetti rituali suggerisce uno stato di dominio ben consolidato su un vasto territorio.
Si pensa che Sanxingdui sia diventato un centro politico e culturale nella regione intorno al 2800 a.C. La sua esistenza si prolungherebbe per duemila anni, poi sostituita intorno al’800 a.C. per il regno degli Shu. In questa prime fasi della cultura Sanxingdui, sono stati ritrovati lavori in giada con splendide intagli, che sembrano collegarle ad altre culture del fiume Yangtze; teoria coadiuvata da altri oggetti di bronzo, con lo stesso stile. Possibilmente Sanxingdui ha avuto contatti con le culture del nord, però non ne troviamo nessun indizio, la tematica delle loro sculture non rappresenta nessuna somiglianza.
La scoperta di un gran scettro d’oro lungo 130 centimetri e largo 3, suggerisce un potere monarchico ben consolidato. Per quanto riguarda la religione, possiamo formulare solo congetture, sebbene gli esperti credano che abbia combinato il culto della natura e quello degli antenati con la credenza in un Dio supremo.
Non conosciamo molto la vita di questa civiltà; Sanxingdui solleva così tante domande alle quali non abbiamo risposta che il concetto di cultura cinese e storia dell’Asia centrale verranno ripensati. Si ritiene che Sanxingdui sia la predecessora della primitiva cultura Shu, che fiorì in seguito in queste regioni, con una vasta popolazione diffusa su un ampio territorio e che aveva sviluppato un sistema politico avanzato. Nonostante questo, non abbiamo ancora verificato l’esattezza delle date in cui fiorisce questa nuova civiltà.
Non conosciamo le tecniche per lavorare il bronzo, come si sia sviluppata la fusione del materiale, il ruolo che giocava la città nelle funzioni politiche e religiose, o la scrittura da qui sviluppatasi. Sono numerose le domande alle quali, all’oggi, non c’è risposta.
Come considera Dolors Folch, dopo le scoperte degli ultimi anni, si inizia a pensare che gli Shang siano solo “uno dei multipli stati del bronzo disseminati nella geografia cinese”.
Feudalesimo ed espansione della dinastia Zhou
Gli Zhou discendono dal re Qi, nella mitologia considerato come un dio dell’agricoltura, un contemporaneo di Yu il Grande. Le sue terre erano nell’attuale provincia di Shaanxi, dove progressivamente vanno costituendo uno stato che apprezza l’influenza del popolo tibetano e turco, che vivono sulla loro frontiere.
Alla fine della dinastia Shang, gli Zhou dominano la maggior parte della provincia di Shaanxi. Il re Wen degli Zhou viene nominato duca delle Regioni occidentali dall’ultimo re degli Shang (posteriormente sarà però imprigionato per criticare la politica degli Shang).
Alla morte di Wen, il re Wu, approfittando dello stato forte di Zhou generata dalle riforme di suo padre, dichiarerà eretici gli Shang per aver rotto il rapporto tra i clan e per aver modificato il rituale di successione (vedi l’ultimo periodo Shang). In questo modo ottiene il sostegno di una buona parte dei nobili in un attacco finale alla, dinastia Shang, sempre più indebolita dalle guerre contro gli Yi. Nella battaglia di Muye, gli stessi soldati Shang si ribelleranno contro il loro re, che si suiciderà bruciandosi nel palazzo reale.
La battaglia di Muye mette a termine la dinastia Shang ma non conferisce agli Zhou lo status di dinastia dominante. Il re Wu mantiene la sua capitale ad Hao, nei pressi dell’attuale Xian, dove riunisce intorno a sé alcuni dei potenti signori un tempo alleati con gli Shang. Alla morte del Re non si può dire che le battaglie siano finite. Nasce subito una ribellione nella capitale Shang, promossa dai suoi stessi fratelli e da alcuni nobili Shang. Sarà sotto il regno di suo figlio, il re Cheng, i cui primi anni sono segnati dalla reggenza di suo zio, il duca di Zhou, quando lo stato di Zhou è veramente consolidato e organizzato.
Il duca di Zhou organizza lo stato
Il primo compito del duca sarà sconfiggere i popoli che ancora appoggiano gli Shang. Dopo questa vittoria, per consolidare il suo dominio nella zona, costruisce una capitale fortificata a Luoyang.
Al fine di gettare le basi morali che giustificano la sostituzione della dinastia Shang con lo Zhou, formula il “Mandato del cielo”, un’intera rivoluzione religiosa che legittima la dinastia e diventa il nucleo dell’azione religiosa imperiale. Secondo questa nuova teoria, un imperatore è obbligato, come intermediario tra il cielo e gli uomini, a celebrare i riti e garantire il benessere del popolo. Quando una dinastia non adempie a questo mandato, il suo rovesciamento non è solo giustificato, ma è inevitabile. Gli uomini sono solo uno strumento nelle mani degli dei per effettuare quel rovesciamento. Se a coloro che hanno posto fine a questa dinastia viene assegnato il mandato del cielo, possono sostituirlo. L’imperatore, quindi, governa con la sua virtù, perdendo il diritto di continuare a governare quando gli manca quest’ultima. Con questo semplice concetto non sarà solo possibile giustificare il rovesciamento di una dinastia considerata legata al cielo, ma anche che i nuovi imperatori sono figli del cielo come i deposti. Quest’idea sarà in vigore in Cina fino al XX secolo. Per organizzare l’impero, il Duca di Zhou inizia concedendo feudi ai suoi parenti e alleati più stretti nelle campagne di guerra, mantenendo persino i discendenti della dinastia Shang, da allora in poi conosciuti come Duchi di Song. L’obiettivo è quello di non denigrare gli antenati Shang e quindi impedire alle figure dei loro potenti Re di agire come fantasmi sulle loro conquiste; si garantisce che in questo modo la collaborazione dei soggetti Shang nella costruzione del nuovo stato, poiché, avendo quest’ultimi, al momento della loro caduta, uno sviluppo culturale maggiore rispetto a quello degli Zhou, i loro uomini hanno maggiore esperienza nell’amministrazione, nel commercio e nell’artigianato. Secondo l’importanza dei feudi, ricevono diversi titoli, paragonabili a quelli europei di: duca, marchese, conte, visconte o barone.
Negli anni seguenti continueranno ad essere concessi feudi più piccoli, piccole città fortificate con campi circostanti, assegnate ai suoi generali, alleati e altre figure importanti, alcuni dallo stesso sovrano, e altri dai nobili che hanno ricevuto i più grandi appezzamenti di terreno, che ripetono lo stesso processo per garantire ai suoi seguaci il governo di unità amministrative più piccole. Alla fine del processo di consegna dei feudi, sarà stata raggiunta una cifra compresa tra 1.000 e 1.500 entità politiche subordinate al re degli Zhou. Gli eventi politici più importanti dei secoli successivi sono scanditi dall’assegnazione di una dozzina di ducati più grandi. Questi grandi ducati mantengono la relazione con il maggior stato Zhou che viene riconosciuto come “primus inter pares” dagli stessi. Non disponiamo di dati riguardo le entità minori, però è probabile che abbiamo seguito lo tesso processo, riconoscendo il ruolo centrale dello stato degli Zhou. La relazione del re con gli stati satelliti si realizza su tre piani: il sistema religioso, dove il Re stesso prende potere e diventa re-sacerdote, il sistema tributario, e il sistema militare.
Il Re, da parte sua, oltre a consegnare ai nobili il governo su un territorio, li sostiene inviando funzionari, di solito dell’amministrazione Shang. In campo militare, stabilisce due grandi guarnigioni, una nella capitale Hao e l’altra a Luoyang, dove è stata istituita una seconda capitale per controllare i vasti territori orientali, garantire il controllo politico del centro del paese ed imparare direttamente dall’amministrazione Shang a governare il paese. Le guarnigioni di queste due città vengono in aiuto dei nobili bisognosi. Non bisogna dimenticare che in quei tempi molti ducati sono circondati da popoli nomadi o semi-nomadi, che non partecipano ancora alla cultura cinese, e che l’espansione politica e culturale dei nobili Zhou sulle loro terre porta a frequenti scontri, ai quali dobbiamo aggiungere gli attacchi delle città di confine. La parte dell’esercito stanziata in queste due città vanno in aiuto ai nobili per il buon governo. Non dobbiamo dimenticare che molti di questi ducati erano circondati dalle regioni nomade o seminomadi, che ancora sono fuori dalla cultura cinese; l’espansione politica e culturale dei nobili Zhou sulle loro terre li riporta spesso a confrontarsi con queste culture esterne.
Per governare questo vasto impero con la sua complessa rete di stati fiscali, il re Zhou crea un’amministrazione nella capitale, con quattro ministeri principali: Terra, Guerra, Edilizia e Giustizia, le cui spese cresceranno all’aumentare delle esigenze di servizi amministrativi e militari che offre ai suoi nobili. Da qui la necessità dell’obbligo di pagare le tasse; qualcosa che era puramente simbolico per riconoscere la solo supremazia, diventerà un contributo necessario per mantenere le spese di questa stessa amministrazione, generando le prime tensioni tra il potere centrale e i poteri periferici. Per agevolare la gestione amministrativa, viene creata una nuova classe sociale: quella dei dipendenti pubblici, fondamentali in un futuro prossimo.
Con questa distribuzione nei feudi, gli Zhou sono al centro di un territorio molto più vasto di quello degli Shang.
A lungo termine, dato il carattere ereditario di questi ducati e lo scarso controllo imperiale, viene creata una società simile a quella dell’Europa feudale, con numerosi signori semi-indipendenti che mantengono la lealtà nominale al Re. Questa struttura politica sarà la causa della grande frammentazione che si verificherà durante questa dinastia, perché quando il potere imperiale si indebolisce e i legami familiari sono sempre più distanti, questi principati riacquistano la loro autonomia, mantenendo solo il rispetto rituale della figura dell’imperatore. La frammentazione progressiva arriverà anche nell’ambito religioso, stabilendo diversi centri di potere religioso e attribuendo sempre più spazio e potere ai duchi, ora sono i giudici delle piccole liti e problemi religiosi. I piccoli centri ricorrono ai duchi invece che al Re, sempre più distante.
La società degli Zhou
È una società piramidale con al vertice il re, proprietario di tutte le terre. Sotto di lui ci sono gli aristocratici. Sia il re che i nobili posseggono numerosi schiavi, catturati in battaglia, fuggitivi per qualche delitto o venduti dalla propria famiglia; le loro vite non valgono nulla. Un pezzo di seta o un cavallo valgono cinque schiavi. Sotto i nobili nella piramide del potere, ci sono gli scrivani. Il resto del popolo si divide in contadini liberi e cittadini liberi; quest’ultimi in maggioranza artigiani, che realizzano lavori sempre più specializzati, e commercianti. Si rafforza il patriarcato e il culto al cielo. Aumentano le differenze sociali, si creano due leggi, religiosa e sistema familiare, una per i nobili e l’altra per il popolo. Si crea un sistema penale nel quale sono presenti concetti abbastanza avanzati. Come la cultura Zhou era abbastanza indietro rispetto a quella Shang, quando arrivano al potere inglobano quella Shang, mantenendola e sviluppandola. Quando si costruiscono nuove città si avallano della sapienza degli artigiani Shang. La casa reale Zhou possibilmente utilizza il concetto del turno dinastico, così come il culto degli antenati. La scrittura si popolarizza in oggetti di bronzo di uso quotidiano. L’agricoltura si evolve con l’uso di numerosi attrezzi e più variate specie vegetali. La religione prende molte delle forme Shang. Oltre a Shangti (dio del cielo), sostituito da Tian (cielo), ci sono gli dei di montagne e fiumi, campi e altri fenomeni naturali. I sacrifici umani diventano molto più rari, anche se ogni anno una fanciulla viene sacrificata al dio del Fiume Giallo. Tian (il paradiso) è colui che legittima gli imperatori, ma legittima anche il loro rovesciamento quando governano male. Durante il regno del re Cheng le politiche avviate dal duca di Zhou furono sviluppate fino al loro completamento. Cheng è sostituito da King Kang, con il quale si può dire che il sistema progettato dai suoi antenati raggiunge le sue massime prestazioni e contemporaneamente mostra le sue prime crepe. Alla sua morte, gli succedettero Re meno capaci, che regnarono in mezzo a lotte di successione. Il potere centrale inizia a indebolirsi in un processo che si acutizzerà nei secoli successivi. Il mondo cinese cresce grazie alle campagne militari dei re Zhou e degli altri stati sempre più potenti sui popoli che circondavano la Cina in quel momento. Un territorio sempre più vasto, che diventa più difficile da governare, soprattutto visto lo sviluppo delle comunicazioni in quel momento. Il declino si manifesta già con il Re Zhao, (1053-1002 a.C.) che fece numerose spedizioni militari a sud, morendo durante una di esse vicino al fiume Yangtze.
La situazione peggiora con il Re Mu (956-918 a.C.), un personaggio alquanto misterioso di cui vengono raccontate molte leggende. Ha fatto diverse spedizioni militari in Occidente e durante una di queste spedizioni incontra la Dea Madre dell’Ovest (Ximuwang), regina di un paese mitico abitato solo da donne. Negli ultimi anni pare abbia abbandonato il potere, dedicandosi alle scienze occulte. Dopo la sua morte iniziano una serie di cambiamenti, con grandi cerimonie pubbliche e battaglie crescenti, specialmente contro i popoli del nord-ovest. Ancora disconosciamo le cause, però dopo il regno del Re Mu, gli attacchi dei nomadi occidentali si moltiplicano. Qin sarà presto incaricato di proteggere quella zona di confine.
Oltre la frontiera
Come spiegano Yap e Cotrell, la storia delle città situate a nord e sud della Grande Muraglia ha seguito uno sviluppo parallelo, ma pieno di differenze. Questo perché, nonostante la loro vicinanza, le condizioni di vita sono sostanzialmente opposte. Non solo tra vita nomade e sedentaria, ma anche tra gli spazi densamente popolati e le terre vuote, tra la vita del contadino e la vita dell’allevatore. Infatti, nel sud, le ricche terre bagnate dal Fiume Giallo consentono un'agricoltura intensiva, che incrementa un numero maggiore di artigiani specializzati nella produzione di articoli di lusso; a nord, le terre aride senza piogge stagionali o capacità di irrigazione consentono solo la sopravvivenza dei popoli nomadi, in continuo movimento per sfruttare i migliori pascoli di ogni stagione dell’anno.
Con l’età del bronzo si sviluppano i centri di potere; nel nord appaiono ugualmente però non troviamo né città grandi né centri sostanziosi, quindi neanche la possibilità di produrre bronzo in centri ben assestati.
Le popolazioni nomadi commerciano con il metallo para acquisire gli oggetti pregiati lavorati con quest’ultimo o, in alternativa, saccheggiano le città del sud. Fin da epoche anteriori e con la dinastia Qing, le tensioni tra queste forme di vita erano costanti.
Entrambe economie possono essere considerate complementari, così che durante tempi di pace si sviluppa un commercio stabile tra questi popoli; i cinesi commerciano grano, stoffa, vino, che i nomadi scambiano con cavalli, bovini e pelli. L’aumento della ricchezza verificatosi durante la dinastia Zhou ha permesso la proliferazione delle città. Mentre le popolazioni sedentarie che vivono nella zona degli Zhou prosperano, aumenta, la necessità di ottenere oggetti di lusso da queste popolazioni. I semi-nomadi che praticavano una sorta di agricoltura, grazie agli scambi con i cinesi, abbandonano questa pratica, diventando sempre più dipendenti dagli scambi con le città cinesi.
Queste relazioni commerciali, a volte tese, si acutizzano ancor più quando i cinesi commerciano con popoli al di fuori dell’ambito cinese; alcune di queste popolazioni sarà integrata nella cultura cinese, ma altre ne vorranno rimanere indipendenti e mantenere le loro proprie tradizioni. Alcuni storici come Nicola di Cosmo situano la costruzione delle prime muraglie in questo contesto di aggressione dei popoli di frontiera: “La costruzione delle prime strutture di difesa statica serve a stabilire basi solide da cui gli eserciti occupanti cinesi possono controllare il territorio non cinese circostante.”
La caduta degli Zhou
Nell’841 a.C. iniziano i documenti storici in Cina. Proprio in quell’anno, il re Li, che ha governato attraverso l’oppressione e le crudeli punizioni, subisce la prima rivoluzione nella storia della Cina. Un esercito ribelle di contadini e schiavi attacca il suo palazzo, costringendolo a fuggire. I duchi di Zhou e Zhao assumono il potere, rimanendo come sovrani fino all’anno 828 a.C.. Il potere degli Zhou è in continua diminuzione. Mentre dall’esterno subiscono i continui attacchi dei nomadi, all’interno le lotte di potere sono sempre più intense.
La dinastia Zhou cadde definitivamente nel 771 a. C. quando la capitale Hao fu attaccata e saccheggiata dai Quan Rong, uno dei popoli nomadi situati ad ovest, forse istigato dai membri della stessa famiglia reale e dai più potenti ducati. King You viene ucciso durante l’attacco e la città completamente rasa al suolo, fatto questo che costringerà il suo successore, King Ping, a lasciare per sempre la casa dei suoi antenati. Lo storico cinese Sima Qian lo descrive in poche parole: “il potere della Casa Zhou è diminuito; i grandi signori feudali usarono la loro forza per opprimere i deboli. Le terre di Qi, Chu, Jin e Qin iniziarono a crescere in grandezza.“
I Qin, discendenti di un lontano parente della famiglia imperiale, avevano ricevuto come feudo le terre situate a ovest della capitale, da dove provenivano gli attacchi dei nomadi. Il loro successo nel proteggere il confine, dove avevano sconfitto i nomadi in numerose occasioni, li portò ad essere nominati “Guardiani delle frontiere occidentali”, e proprio qui divennero sempre più potenti. Alla caduta di Hao a causa dell’attacco del Quan Rong, furono loro a proteggere il re Ping in fuga verso la nuova capitale, Luoyang. Da allora rimangono signori delle terre a ovest del fiume Giallo, su entrambe le rive del fiume Wei. Ancora una volta, sembra che le differenze dentro la classe dominante e le successive lotte della stirpe reale abbiano tanto a che fare con la caduta dello Zhou quanto con l’attacco dei Quan Rong. La leggenda racconta che il duca di Sheng, alleato dell’imperatrice, indignata che il re avesse dato potere alla figlia di una concubina, favorì o istigò l’attacco dei Quan Rong. In realtà, la situazione politica si era completamente trasformata, i sempre più potenti Qin dominavano indiscutibilmente il bacino del fiume Wei. La presenza degli ultimi rappresentanti discendenti degli Zhou occidentale nel loro territorio era un anacronismo. L’attacco dei Quan Rong sembra solo il pretesto usato dai Qin per accompagnare King Ping nella decadenza. Con lo spostamento della capitale a Luoyang inizia il periodo degli Zhou orientali, però è evidente la debolezza reale e il sempre più ampio potere dei feudi, l’impero si sgretola con una forza centrifuga. Il potere degli Zhou in effetti scompare con la caduta di Hao. Da Luoyang solo governano su un piccolo territorio che circonda la città stessa. La caduta è inevitabile; saranno imperatori nominali fino al 256 a. C., ma il loro potere è inesistente.
Il ruolo dei suoi successori sarà puramente rituale e religioso per i secoli a venire.
In effetti, il potere degli stati è diventato troppo grande per essere controllato da un Re che geograficamente risulta distante. Gli stati sono costantemente impegnati in scaramucce con i popoli esterni, e non sono disposti a sostenere una monarchia debole che non porta nessun beneficio. Delle quasi 1.500 entità politiche stabilite all’inizio di questa dinastia, solo poco più di 100 rimangono dopo la caduta di Hao, di cui solo una manciata è politicamente importante. Alla fine della dinastia Zhou occidentale, la Cina è ancora un amalgama di popoli diversi, nominalmente dominati dai signori che vivono nelle capitali fortificate come delegati dell’imperatore e che a loro volta delegano il governo ai loro fedeli in modo piramidale.
All’inizio della dinastia Zhou, la crescita territoriale del mondo cinese è prodotta proprio dall’espansione effettuata da numerosi stati grandi e piccoli, e dall’incorporazione di popoli esterni alla loro cultura. Alla fine di questo periodo iniziano gli scontri tra gli stati già stabilitisi come tali; questi sono già familiarizzati con la guerra e ne seguono le norme, un codice che deve molto ai riti sviluppati dai primi re e che si svilupperà nei periodi futuri.
Con la fine della dinastia Zhou finisce il periodo denominato delle Tre dinastie nella storia classica cinese; un concetto questo che si avvicina più alla storia romantica che alla realtà dei fatti, una storia costruita su leggende e periodi dorati.
Il largo cammino all’unità
Primavere e Autunni
Con la caduta di Hao e il trasferimento della capitale a Luoyang, inizia il periodo della dinastia Zhou orientale. È infatti con la caduta della capitale Hao che la dinastia Zhou perde gradualmente quel poco potere che aveva ancora, quindi gli storici optano per dividere il tempo in due epoche: il periodo delle Primavere e Autunni (771-479 a.C.), e periodo dei Regni Combattenti. (479-221 a.C.).
Il primo prende il nome dal libro con lo stesso titolo che fornisce la maggior parte delle informazioni che abbiamo di quegli anni. Tuttavia, il processo che si verifica in entrambi i periodi è molto simile. Si potrebbe dire che narrano le intricate relazioni tra quattro regni fondati alla periferia dell’impero Zhou e i loro continui conflitti per imporsi agli altri e alla fine raggiungere il dominio di tutta la Cina. Questi regni sono di Qin, Jin, Qi y Chu. Tutti loro si sono sviluppati durante la dinastia Zhou, sulla base di entità politiche territoriali, alcuni addirittura fanno risalire il loro albero genealogico fino a tempi più remoti, imparentando i loro Re con le dinastie mitologiche dell’antica Cina. Distaccano in questo periodo, costellato di autonomie territoriali, proprio per l’essere lontani dalla capitale spirituale di Luoyang e per gli innumerevoli contatti con le popolazioni di frontiera nomadi. Questa situazione territoriale, ai margini dei confini cinesi, è la causa della loro formidabile crescita.
Questo processo di concentrazione del potere è un gioco politico che dura per lungo tempo, in cui sono coinvolti sia le popolazioni barbariche e gli stessi cinesi. Alcune di queste popolazioni si stanno lentamente integrando nella corrente della cultura cinese grazie a questi stati di frontiera, altre le resistono e le combattono.
All’interno del lento processo di formazione di queste entità politiche, gli stessi villaggi saranno nemici e alleati in momenti diversi. Alla fine, coloro che non si integrano finiranno per essere espulsi e le loro terre conquistate, costringendoli a spostarsi sempre più lontano dal loro confine. Nonostante l’espulsione dai confini, il rovescio della medaglia sarà l’influenza delle popolazioni nomadi su questi stati di frontiera che saranno sempre più lontani dalla Cina ortodossa del centro, dove l’essenza della cultura Zhou rimane invariata.
Tra questi stati si crea una rivalità che però raramente porta a uno scontro aperto. Alcuni rappresentano la tradizione, altri la novità; alcuni il centro della cultura, altri il centro della forza; alcuni possono essere considerati cinesi puri, altri sono meticci con le numerose popolazioni di confine; alcuni assumono il ruolo statico che li corrisponde dopo la distribuzione dei feudi dei primi Re Zhou, altri, in continua espansione, hanno a lungo messo in dubbio la validità di quei feudi. Questa frammentazione si gioca sullo scacchiere del territorio cinese e rappresenta le nuove relazioni di nuovi stati con gli stati considerati propriamente cinesi. Da una parte si inglobano i piccoli territori, i principati che si trovano nelle vicinanze delle frontiere. Le frontiere dello Stato principale, quindi, sono separate da piccoli stati che fanno da cuscinetto. Da qui è proprio dove inizia la rivalità tra gli stati più grandi, i quali cercano di legittimare la loro esistenza e giustificare le campagne militari con un’associazione al potere spirituale dello stato degli Zhou, vestigia di un modello di unità.
Questo processo di unificazione continua di modelli politici riduce i quasi duecento principati o una ventina nel 500 a.C., dei quali realmente importanti sono solo sette. Le brevi campagne militari che si svolgono durante le Primavere e gli Autunni forniscono una conquista per i vincitori che non viene automaticamente accettata da tutti, né dai conquistati né dalle altre potenze, situazione questa che porta alla continua guerra stagionale.
I principali ducati della Primavere e Autunni
Qin, è uno stato che si trova nel bacino del fiume Wei, nella provincia di Shaanxi, è uno stato semi cinese semi turco. I loro governanti, che in un primo momento si occupavano di allevare cavalli per gli imperatori, successivamente proteggono la frontiera occidentale dagli attacchi dei popoli esterni, guadagnano il titolo ereditario di Guardiani dei Confini. Popoli di origine nomade, erano imparentati con altri popoli di origine turca che abitavano le steppe situate nel nord e nell’ovest della Cina e forse con altri di origine indoeuropea che, come gli Yuechi o i Tocari, vivevano nelle vicinanze.
I Qin erano già praticamente diventati i proprietari di quel territorio ancestrale degli Zhou, e non appena gli imperatori Zhou furono costretti a lasciare la loro capitale dai Rong (con l’acquiescenza dei Qin), presero il loro posto.
Jin, che si trova nell’odierna provincia dello Shanxi, risale alla fondazione della dinastia Zhou, quando un ramo della famiglia imperiale era stato inviato per governare la regione, uno dei luoghi in cui la sua conquista aveva incontrato la maggior resistenza. Lì, per secoli, i duchi di Jin hanno giocato un ruolo importante nel controllo delle tribù turche e tartare che minacciavano il cuore dell’impero. I Jin hanno anche ampliato la loro base territoriale grazie a numerose alleanze con i popoli nomadi dei confini, l’integrazione di alcuni territori nuovi, e l’assorbimento di alcuni piccoli stati della popolazione cinese, fino ad avere un confine ad ovest con i Qin. Una delle sue principali ricchezze si ottiene dall’allevamento di cavalli.
Ad est dei Jin c’era il regno degli Yan, più o meno nella regione in cui si trova attualmente Pechino. Era stato donato come feudo a un caro amico dell’imperatore quando fu fondata la dinastia; era in contatto con i Manciù e le tribù coreane che si stavano ritirandosi nella penisola, nonché con altri popoli nomadi ai quali era vetato l’accesso al cuore dell’impero. Troppo lontano dal centro rituale del potere, durante questi anni si concentrò sul garantire il suo dominio tra le tribù della zona.
A sud degli Yan, nell’odierna provincia dello Shandong, si trovava lo stato dei Qi. Era stato dato come un feudo per premiare i suoi servizi a un consigliere del primo imperatore degli Zhou originario di quelle terre. Quello che all’inizio della dinastia era una regione remota con una piccola popolazione cinese circondata da popoli barbari, era diventato alla fine il più prospero e avanzato degli stati in lotta per il potere. Nel Qi cresce uno stato che, combinando la cultura cinese con le tradizioni locali, la violenza della conquista con la tentazione del commercio, si stava convertendo in un’unica cultura più o meno omogenea formata da piccoli stati dei quali non abbiamo più notizie. Uno dei più famosi di queste entità è lo stato Yi che aveva un ruolo importante durante le dinastie Xia e Shang.
Il confine settentrionale dei Qi divenne rapidamente il terzo punto di contenimento per i nomadi esterni, costringendoli a rafforzarsi sul terreno militare. Economicamente, vive un grande sviluppo grazie alla sua padronanza della metallurgia del ferro, al commercio del sale marino e all’espansione territoriale a spese delle città situate a nord e sud dei suoi confini. Per questo motivo, anche prima della fine della dinastia Zhou occidentale, i Qi erano già considerati praticamente indipendente.
Protetti da questa barriera di regni nel nord c’erano gli Zhou, il cui dominio era limitato alla regione vicino alla loro capitale Luoyang; gli eredi Song della dinastia Shang, ad est della capitale, e altri piccoli stati governati da membri della famiglia imperiale, come Cheng, Zheng, Wei, Ji e Lu. Erano gli stati considerati ortodossi della tradizione Zhou, in cui lo sviluppo culturale era in vantaggio rispetto al militare. La loro posizione centrale, non servirà a liberarli dagli attacchi dei barbari, poiché intorno a loro continuavano a esserci una serie di città che non partecipavano alla cultura cinese, abitanti delle terre meno produttive, foreste, montagne e paludi, i cui attacchi sono registrati durante questo periodo. A sud di Henan si estendeva un paese ricco di selva ed estremamente umido, abitato da miriadi di diverse tribù, tra cui sicuramente alcuni discendenti dei Miao. I loro resti archeologici sono attualmente sparsi a sud dello Yangtze; lì governava un unico capo investito dall’imperatore ma sopra il quale non aveva nessun potere, questo leader tribale riuscì a mantenere una certa alleanza tra le tribù della zona, aggregandole sotto il nome di cultura cinese, fatto questo che le mantenne unite. Era denominato paese degli Chu, considerati barbari dagli stati situati più a nord, nonostante i loro governanti si ritenessero discendenti diretti dal lignaggio reale. Erano differenti anche nell’aspetto fisico, la lingua, le abitudini e il credo religioso.
Chu era considerato da tutti gli altri stati come il regno selvaggio ed esotico, della selva e la magia, la musica e lo sciamanismo. Nonostante questo, il popolo degli Chu fu capace di mantenere la pace internamente ed assicurare le frontiere cinesi lungo la riva nord del fiume Yangtze. Nel VII secolo si considera che questo stato abbia la forza sufficiente per partecipare alle lotte intestine per il potere. Va detto che nella zona nord cinese i popoli sono più militarizzati ed organizzati, mentre nella zona sud sono più deboli da questo punto di vista e di più facile conquista per il popolo Chu.
È in questo contesto che situiamo il termine “barbaro”, inglobando un elevato numero di popoli differenti che non partecipano al mondo culturale cinese, che non usano il loro sistema di segni per la scrittura, che non considerano l’imperatore come il governante supremo né compartono il sistema liturgico e rituale. Poco si sa delle loro culture, dal momento che quel termine “barbaro” comprende un buon numero di popoli diversi, ma in alcuni casi, non avrebbe dovuto essere così arretrato quando il contatto con loro stimola lo sviluppo degli stati che competeranno per l’egemonia.
Il tempo degli egemoni
La crescente debolezza degli imperatori di Luoyang renderà necessario un protettore. All’inizio del VII secolo a.C., Qi venne in aiuto dell’imperatore per liberarlo dall’attacco dei Tatari; poco dopo, nell’anno 679 a. C. il duca Huan de Qi (683-643 a.C.), il cui padre aveva già agito come protettore imperiale in occasione di una disputa ereditaria, si proclama protettore.
Inizia così l’era degli egemoni, in cui i diversi stati, con il pretesto di diventare protettori dell’imperatore, affermavano il loro potere egemonico, convocando incontri periodici con i re degli altri stati in cui venivano concordate una serie di politiche comune, dove si decide il destino della Cina.
Il più grande merito del duca Huan sono le sue ripetute vittorie sui Tatari settentrionali che minacciano la Cina; infatti salva Yan dai suoi attacchi nel 662, risolve la situazione ereditaria di Wei nel 658, viene espulso dal suo paese dai nomadi e protegge ripetutamente l’imperatore dagli attacchi dei Tatari. Internamente, promuove il commercio e risolve le controversie tra Stati. Durante i suoi quasi quarant’anni di egemonia è assistito nella progettazione delle politiche da Guan Zhong, il cui libro, il Guanzi, un trattato sul buon governo, è un precursore delle opere successive di Confucio e altri filosofi. Grazie a questo burocrata intellettuale si iniziano ad utilizzare queste figure nella corte, ricorsi intellettuali di famiglie non nobili che partecipano al governo dello stato. La politica di Guan Zhong porta la prosperità allo stato dei Qi. Sviluppa l’agricoltura, il commercio e l’industria del sale. Qi è il più ricco ed importante stato cinese. Nella sua capitale arrivano commercianti da tutti gli stati. Per far si che lascino ingenti somme crea la prima casa di prostituzione. Stabilisce un fondo per alleggerire i poveri. Alla morte del duca di Huan, si sussegue un decennio di lotte e scaramucce per raggiungere la supremazia, fino al 636, quando il duca Wen di Jin presiede un concilio di tutti i principi, in nome dell’imperatore, dichiarandosi così l’egemone.
Questo sarà uno dei personaggi più curiosi dell’epoca. Raggiungendo il trono di Jin dopo 19 anni di vagabondaggio attraverso le diverse corti degli altri stati e alcune tribù tatare, ha una conoscenza precisa della realtà della Cina, ma nonostante abbia il rispetto degli altri stati, non ha il Mandato del Cielo, cioè non ha abbastanza forza militare alle spalle, né un’ambizione imperiale.
Gli succede il duca Mu di Qin, che sebbene non abbia mai presieduto ufficialmente consigli per conto dell’imperatore, durante il suo regno (659-621 a.C.) fu l’uomo più potente della Cina. Forse il suo più grande merito è stato l’espansione del territorio di Qin ad ovest, che ha probabilmente raggiunto punti lontani come Dunhuang, e le sue ripetute guerre con il vicino Jin.
L’ultimo degli egemoni è il duca Zhuang di Chu. Domina la Cina dal 597 al 591 a.C. ed estende i territori di Chu in tutte e quattro le direzioni, raggiungendo parti delle attuali province del Sichuan e del Guizhou.
Conferenza di pace
L’età degli egemoni non porta la pace in Cina. L’inimicizia quasi continua tra Jin e Chu, le controversie territoriali tra Qin e Jin e le politiche per influenzare Lu de Qi e Jin portano a uno stato di continuo confronto che trasforma gli accordi raggiunti nei consigli in parole al vento. Proprio lo scontro tra Jin e Chu segnerà la storia del VI secolo in Cina, interrotta solo dalla conferenza di pace indetta da Song nell’anno 546 a. C.
Le grandi rivalità sempre finiscono in sofferenza per i piccoli stati, nella nominata conferenza di pace si cercherà di dare un equilibrio politico all’epoca. Gli otto piccoli stati di Song, Lu, Zheng, Wei, Cao, Xu, Chen e Cai pagheranno tributi ai Chu e Jin, mentre i più potenti stati di Qi e Qin, tradizionali nemici di Chue Jin, si trasformeranno in alleati di quest’ultimi rispettivamente.