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La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке
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La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке

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muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni a le punte.


«Chi è colui, maestro, che si cruccia
guizzando più che li altri suoi consorti»,
diss’ io, «e cui più roggia fiamma succia?».


Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti
là giù per quella ripa che più giace,
da lui saprai di sé e de’ suoi torti».


E io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace:
tu se’ segnore, e sai ch’i’ non mi parto
dal tuo volere, e sai quel che si tace».


Allor venimmo in su l’argine quarto;
volgemmo e discendemmo a mano stanca
là giù nel fondo foracchiato e arto.


Lo buon maestro ancor de la sua anca
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
di quel che si piangeva con la zanca.


«O qual che se’ che ’l di sù tien di sotto,
anima trista come pal commessa»,
comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto».


Io stava come ’l frate che confessa
lo perfido assessin, che, poi ch’è fitto,
richiama lui per che la morte cessa.


Ed el gridò: «Se’ tu già costì ritto,
se’ tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.


Se’ tu sì tosto di quell’ aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a ’nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?».


Tal mi fec’ io, quai son color che stanno,
per non intender ciò ch’è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.


Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
«Non son colui, non son colui che credi»»;
e io rispuosi come a me fu imposto.


Per che lo spirto tutti storse i piedi;
poi, sospirando e con voce di pianto,
mi disse: «Dunque che a me richiedi?


Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch’i’ fui vestito del gran manto;


e veramente fui figliuol de l’orsa,
cupido sì per avanzar li orsatti,
che sù l’avere e qui me misi in borsa.


Di sotto al capo mio son li altri tratti
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure de la pietra piatti.


Là giù cascherò io altresì quando
verrà colui ch’i’ credea che tu fossi,
allor ch’i’ feci ’l sùbito dimando.


Ma più è ’l tempo già che i piè mi cossi
e ch’i’ son stato così sottosopra,
ch’el non starà piantato coi piè rossi:


ché dopo lui verrà di più laida opra,
di ver’ ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.


Nuovo Iasón sarà, di cui si legge
ne’ Maccabei; e come a quel fu molle
suo re, così fia lui chi Francia regge».


Io non so s’i’ mi fui qui troppo folle,
ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:
«Deh, or mi dì: quanto tesoro volle


Nostro Segnore in prima da san Pietro
ch’ei ponesse le chiavi in sua balìa?
Certo non chiese se non «Viemmi retro».


Né Pier né li altri tolsero a Matia
oro od argento, quando fu sortito
al loco che perdé l’anima ria.


Però ti sta, ché tu se’ ben punito;
e guarda ben la mal tolta moneta
ch’esser ti fece contra Carlo ardito.


E se non fosse ch’ancor lo mi vieta
la reverenza de le somme chiavi
che tu tenesti ne la vita lieta,


io userei parole ancor più gravi;
ché la vostra avarizia il mondo attrista,
calcando i buoni e sollevando i pravi.


Di voi pastor s’accorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra l’acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;


quella che con le sette teste nacque,
e da le diece corna ebbe argomento,
fin che virtute al suo marito piacque.


Fatto v’avete dio d’oro e d’argento;
e che altro è da voi a l’idolatre,
se non ch’elli uno, e voi ne orate cento?


Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!».


E mentr’ io li cantava cotai note,
o ira o coscienza che ’l mordesse,
forte spingava con ambo le piote.


I’ credo ben ch’al mio duca piacesse,
con sì contenta labbia sempre attese
lo suon de le parole vere espresse.


Però con ambo le braccia mi prese;
e poi che tutto su mi s’ebbe al petto,
rimontò per la via onde discese.


Né si stancò d’avermi a sé distretto,
sì men portò sovra ’l colmo de l’arco
che dal quarto al quinto argine è tragetto.


Quivi soavemente spuose il carco,
soave per lo scoglio sconcio ed erto
che sarebbe a le capre duro varco.


Indi un altro vallon mi fu scoperto.

Canto XX

Di nova pena mi conven far versi
e dar matera al ventesimo canto
de la prima canzon, ch’è d’i sommersi.


Io era già disposto tutto quanto
a riguardar ne lo scoperto fondo,
che si bagnava d’angoscioso pianto;


e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.


Come ’l viso mi scese in lor più basso,
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso,


ché da le reni era tornato ’l volto,
e in dietro venir li convenia,