banner banner banner
Si Mr. Evans
Si Mr. Evans
Оценить:
Рейтинг: 0

Полная версия:

Si Mr. Evans

скачать книгу бесплатно


Dopo essersi assicurato che non emettessi una parola, toglie la mano e mi lascia andare via.

Mi volto verso di lui e lo vedo poggiato sul muretto con la mano sulla faccia.

Vorrei tanto andare da lui ma preferisco non farlo, vorrÃ

stare da solo. Perché è così evasivo? Decido di andare via, immersa in una voragine di delusione. Come potevo illudermi di un appuntamento romantico? D’altronde Amber mi ha avvisata. Cade non è un tipo romantico e dovevo darle ascolto. Tutti i bei ragazzi o sono stronzi oppure come Cade hanno delle frustrazioni che si portano dentro. <<Grazie per il drink.>>Sussurro mentre mi allontano.

<<Mi dispiace…>>

<<Per cosa?>> Perché non finisce mai le frasi? Forse in cuor suo non vuole lasciarmi andare. Ma la sua frustrazione lo spinge a mandarmi via.<<Per averti illusa.>>Ha un’espressione addolorata. Rimane immobile, distante da me, poggiato su quel muretto a guardarmi.

<<Confidavo fossi diverso dagli altri ragazzi del tuo calibro. Ma mi sbagliavo.>>

<<Noele…>>

<<Spero di non rivederti mai più, Cade.>> Non fa niente per fermarmi. Imperterrito rimane fermo. Colma di dolore gli do le spalle e vado via.

Una volta arrivata a casa, una lacrima di sofferenza mi percorre lungo il viso. “Che illusa” come potevo pensare che fosse diverso. Non dovevo accettare questo stupido appuntamento. Lo sapevo che sarei finita a soffrire. “Maledizione Naomi! Perché ti ho dato ascolto?”

Lo sapevo. Mi butto sul divano a peso morto e prendo il cellulare in mano, cerco il numero di Cade e sono tentata a pigiare il tasto “chiama”, ma una forza interiore mi impedisce di farlo.

Nonostante non voglio più vederlo, non ho il coraggio di ammetterlo. In tutta la mia vita non ho mai sofferto per un ragazzo, tranne che con il mio ex fidanzato, Oliver Brown, che mi ha solamente usata e tolto la verginità mentre ero

pienamente ubriaca.

Sebbene penso che i ragazzi siano tutti uguali, credo, che Cade abbia qualcosa di diverso degli altri. Fino a pochi anni fa i ragazzi mi prendevano tutti in giro, portavo l’apparecchio ai denti, spesso mi capitava di inciampare nelle scale. Ero lo zimbello della scuola.

Ma ora è diverso. Con Cade mi sento un’altra persona. Poggio il telefono sul tavolino di marmo grigio chiaro di fronte il divano, mi alzo e vado a bere un succo alla pesca. “Si farà sentire” mi sussurra la vocina, ma ha un tempismo pessimo.

Anche se la mia testa mi suggerisce di dirgli addio una volta per tutte, qualcosa la contrasta.

D’un tratto sento suonare alla porta. Con il cuore in gola, mi dirigo verso la stessa, sperando sia la persona che desidero, prima di aprire faccio un sospiro, il cuore salta un battito, metto una mano sul petto e apro. <<Noe, come stai?>> Naomi entra spalancando la porta per entrare.

“O mio Dio, lei no”.

<<Cosa ci fai qui?>> Chiedo perplessa. Perché è preoccupata del mio stato d’animo?

<<Ho saputo quello che è accaduto con Cade.>> Giusto, lei sa sempre tutto.

<<Non so di cosa tu stia parlando.>>

<<Non mentire, so tutto.>> Afferma. È un detective mancato.

<<Chi te l’ha detto?>> Insomma saranno passati trenta minuti da quando ho lasciato Cade a deprimersi da solo.

<<Alexavier. Dopo che te ne sei andata Cade lo ha chiamato.>>

<<Bene, a quanto pare non sa stare neanche zitto.>> Esclamo acida.

<<Che vuoi dire? Che ha fatto oltre quello che non so?>>

Sgrana gli occhi pieni di odio nei confronti di Cade, è preoccupata.

<<Non temere. Non mi ha fatto del male, se è questo che vuoi sapere.>>

<<Alex mi ha detto che Cade era turbato al telefono e mi ha consigliato di chiamarti immediatamente, ma ho preferito parlarti di presenza e vedere come stavi. Cosa è successo di preciso?>> Si siede al mio fianco sul divano, mi poggia il suo esile braccio sulla spalla e mi scruta con sguardo da sorella. Ho un fratello, più grande di me, Roy, che non sento quasi mai, vive in Russia perché sua moglie, Irina Sokolov, è di San Pietroburgo e Naomi sostituisce la sorella che non ho mai avuto.

<<Stavamo bevendo un drink e parlavamo dei sogni che ci siamo promesse di mantenere. Quando ho detto che hai avverato il tuo di sogno ha cambiato immediatamente espressione e umore.>>

<<Cosa gli hai detto?>>

<<Che Alexavier è un uomo d’affari affascinante e sexy.>> Racconto. Ho quasi paura della reazione di Naomi.

Quando ha un fidanzato non vuole che gli si facciano complimenti. È tremendamente gelosa e possessiva.

Proprio come me.

<<Sai che questa è gelosia?>> Afferma, con tono di una donna saggia che sa e comprende tutto.

<<So solo che dopo questa sera, non ho più voglia di vederlo. Mi ha fatto soffrire abbastanza.>> Sono tremendamente amareggiata. Mi asciugo la lacrima che sta per scendere prima che Naomi se ne accorga. Non voglio che capisca che soffro per quel farabutto. <<Scusa.>>Dice con tono mortificato. Porta lo sguardo per terra.

<<Per cosa?>>

<<Per aver insistito nel farti uscire con lui.>> È avvilita.

Riconosce sempre quando ha fatto qualcosa di cui si è pentita e questa è una di quelle volte.

<<Non devi sentirti in colpa. Potevo anche non chiamarlo.>> Rispondo in tutta sincerità. Non voglio che stia male per una cosa che non ha commesso.

<<Si ma io ho insistito.>>

<<E io ho avuto il libero arbitrio. Quindi la colpa è mia.>> Faccio un sospiro. <<Voglio solamente andare a dormire in questo momento.>> Taglio corto.

<<Vuoi che rimanga?>>

<<No tranquilla, puoi andare. Sto bene.>> Le faccio un enorme sorriso per ingannare l’apparenza. <<So che quel sorriso è finto come l’esistenza di Sherlock Holmes.>>

Gli occhi mi tradiscono in continuazione e mentire a Naomi è impossibile.

<<Davvero, puoi andare. Sto bene.>>

<<D’accordo. Ma se hai bisogno chiamami.>> Mi sorride ed esce dalla porta. <<Notte.>>

<<Anche a te e grazie per essere venuta.>> Mi guarda con fare amorevole, poi gira i tacchi e va via. Quando chiudo la porta mi poggio contro e mi soffermo a pensare. Perché non può farlo? Perché preferisce un’avventura di una notte al posto di una storia seria? “Una fidanzata”.

Decido di ricompormi e andare a dormire lasciandomi sprofondare in un lungo sonno.

Anche stavolta sogno di essere intrappolata in un incendio, non capisco dove mi trovo. Intravedo Cade fissarmi.

Indossa un paio di stivali in caucciù neri, un sovrapantalone tenuto da bretelle, un giaccone nero e un elmo con sopra una lampada. Sulla placca dell’elmo c’è scritto Fire Department City of Hilo e sotto Cade Evans, non indossa una maglia, quindi non posso che notare gli addominali scolpiti, scuriti dalla cenere e lucidi per il calore emanato

dal fuoco.

Lo chiamo ma sono priva di voce e non fa nulla per salvarmi. Mi ha lasciata tra le fiamme e dopo essere svenuta mi sveglio dall’incubo gridando il suo nome.

Ho un respiro affannoso e sono immersa nel sudore quindi decido di fare una lunga doccia fredda visto che sono ancora le otto del mattino.

È lunedì e il mio turno è appena finito. Sono le nove di sera e decido di chiamare Naomi. <<Ciao, sei impegnata stasera?>>

<<Ehi, sono con Alex ma possiamo raggiungerti, dove sei?>> Afferma.

<<Al bar. No tranquilla, ne approfitterò per sistemare un po’ casa, è un casino.>> Cerco di coprire la mia frustrazione il più possibile. Ho bisogno di svagarmi un po’ dopo l’accaduto con Cade.

<<Va bene tesoro, per qualunque cosa non esitare a chiamarmi.>> Ormai Naomi e Alexavier fanno coppia fissa. Sono davvero felice per loro.

<<Tranquilla e divertiti. A presto.>> Riattacco. Beverly è a New York con il suo ormai fidanzato, Dakota, perché i genitori di lui vogliono conoscere la ragazza del loro adorato figlio. Tutte e due le mie ragazze hanno un “FIDANZATO” tranne io, unica e sola a essere sfigata con i ragazzi. Ormai sono cinque giorni che non vedo e non ho notizie di Cade. Non so niente e non voglio saperne altrettanto. Questo fine settimana ho deciso di non andare dai miei e rimanere a casa a deprimermi per un ragazzo che neanche mi desidera lontanamente. Ho detto ai miei che devo lavorare e mi hanno creduto sulla parola. Mi dispiace mentirgli, ma proprio non me la sento.

Mentre mi dirigo verso la mia umile dimora, a metà strada decido di ritornare in spiaggia. “Al diavolo tutto” penso. Stasera mi divertirò, anche se sarò da sola.

<<Xavier un Blue Hawaiian per favore.>> Il mio capo fa un’espressione alla “ti sei bevuta il cervello?” Onestamente da come ho ordinato sembro ubriaca ancora prima di cominciare a bere.

<<Ne sei sicura?>>

<<Si, sicurissima.>> Batto il cinque al marmo e sorrido.

C’è un gran rumore, la musica è mescolata con il vocio per non dire dal frastuono delle persone che si gridano a vicenda per sentirsi.

<<Cos’è successo?>> Chiede Xavier con tono di voce elevato.

<<Niente, stasera ho deciso di staccare la spina e divertirmi.>>

<<Sei in compagnia?>> Mi porge il drink.

<<No, sono sola soletta e voglio restarci per tutta la serata.>> Entrambi parliamo ad alta voce per sentirci. Xavier è preoccupato per me. Lo vedo dall’espressione del suo viso.

<<Ti consiglio di ritornare a casa.>> Anche lui è uno degli uomini protettivi nei miei confronti.

<<Non ci penso proprio.>> Bevo il primo sorso. Faccio un verso di apprezzamento. Xavier è il migliore di tutta Hilo a preparare il Blue Hawaiian.

<<Non è prudente stare da sola a quest’ora della sera.>>

<<Perché?>> Bevo il secondo sorso.

<<Perché sono una ragazza?>>Chiedo irritata.

<<Mi preoccupo solamente per te. Ci saranno un sacco di ragazzi ubriachi pronti a farti del male. Non voglio che ti accada nulla del genere.>>

<<Grazie per l’interessamento ma so badare a me

stessa.>> Affermo.

<<Ciao Noe, ma il tuo turno non è finito da un po’?>> Chiede Arizona, sorpresa nel vedermi.

<<Si certo, ma stasera voglio concedermi un po’ di relax.>>

<<Sei strana.>> Mi scruta in viso.

<<Perché? Cosa c’è che non va?>>

<<Sei diversa. C’è qualche problema?>> Chiede con espressione preoccupata.

<<No, va tutto meravigliosamente bene.>> Ma

perché stasera sono tutti preoccupati per me? Poggio il bicchiere e mi intrufolo nella folla che balla a ritmo di musica, rock, house…non capisco che

genere sia. Mi sento stordita e le persone intorno a me girano come trottole sulla sabbia fredda della spiaggia. Comincio a muovermi imitando la ragazza che ho davanti.

Dopo qualche minuto di ballo senza senso decido di andarmi a sedere nella battigia facendo sfiorare le dita dei piedi dall’acqua. Mi giro verso il bar e noto Xavier che mi guarda con occhi infuriati per il mio comportamento.

Cerco di non pensarci e mi giro verso l’oceano. Guardo intensamente il mare che mi invita ad entrare, è sereno e tiepido. Per fortuna indosso il costume, è fuxia, il mio preferito, a due pezzi.

Entro con il piede e un brivido mi percorre lungo tutto il corpo. Pian piano mi immergo fino al collo dando le spalle alla spiaggia. Sin da piccola ho sempre avuto il terrore di entrare in acqua di notte per paura che qualche pesce mi mordesse e io non posso vederlo in tempo per fuggire

impedendo tutto ciò. Ma questa sera non ho paura di niente,

sono tranquilla, tra le braccia del mare ad ascoltare la

musica assordante alle mie spalle.

<<Noele, esci fuori dall’acqua.>> Una voce conosciuta e

abbastanza dispotica mi grida alle spalle.

Mi volto e vedo Xavier.

<<Che diavolo vuoi?>> Chiedo infastidita per aver interrotto la mia tranquillità.

<<Se non esci immediatamente da lì, ti tiro fuori per le orecchie.>> Dal tono posso dedurre che sia leggermente infuriato.

<<Non ci penso proprio. Tu torna a lavorare, da qui noto che ci sono un sacco di clienti che attendono di essere serviti dal miglior barista di tutta Hilo.>> Affermo.

<<Fai come ti pare…>> Mi fa cenno con la mano di essersi stufato di correre dietro ad una bambina. Non posso dargli torto. Sto davvero esagerando ma rimango comunque immersa.

Dopo due minuti sento dietro di me una mano che si posa sul mio fianco, l’altra sul basso ventre e sbatto contro un petto possente.

<<Che ne dici se ci divertiamo un po’? Mi piacciono le tipe toste come te.>> Mi volto con il battito del cuore che aumenta sempre di più dalla paura e vedo un ragazzo da me sconosciuto, alto, magro, con i capelli biondi e occhi castani.

<<Toglimi immediatamente le mani di dosso.>> Grido, allontanandomi da lui per quanto difficile sia.