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Una fitta di dolore lo raggiunse al cuore. Non era niente di più di un accenno d’invidia. Desiderava ciò che Dani aveva. La gelosia non era qualcosa con cui solitamente lui aveva avuto a che fare, eppure non poteva sopprimere ciò che provava al momento. Forse quando si sarebbe rimesso in senso l’avrebbe avuto anche lui. Fino ad allora avrebbe solamente dovuto sperare di rispettare le sue aspettative. “Quando ti trasferisci?”
“Siamo già ritornati su quello?”
“Non ce ne siamo mai allontananti” scosse il capo. “Non ho intenzione di lasciar stare”.
Che cosa doveva fare per farle capire? Era così testarda, meravigliosa e bellissima. Ovviamente l’ultimo aspetto rappresentava solo un ricordo.
Gli altri aggettivi invece erano evidenti ogni giorno. Claire sopportava molto da parte di Matt. Era ora che lei ricominciasse a vivere. Dovevano farlo entrambi.
“Che ne dici se intavoliamo questa discussione dopo la tua prossima visita con Ren?”
Lui fece per interromperla, ma lei non glielo concesse.
“Non cercare di convincermi. Non me ne andrò a meno che lui non dica che non è un problema lasciarti solo. Parlerò anche con la tua dottoressa e con Lana. Se tutti e tre sono d’accordo, allora me ne andrò”.
“D’accordo” si trovò d’accordo con riluttanza. Avrebbe telefonato a tutti e tre per assicurarsi personalmente che potessero essere d’accordo sul fatto che avrebbe potuto vivere da solo. Matt non voleva pensare a questa cosa fra di loro come una guerra, ma non significava che non potesse attuare delle strategie meglio di un generale pluridecorato. “Accetto questi termini”.
Specialmente se intendeva utilizzarle a proprio favore.
CAPITOLO CINQUE
Matt venne sospinto in avanti quando l’auto urtò un piccolo dosso mentre Claire manovrava l’auto nel parcheggio dell’ospedale. Era il giorno in cui avrebbe appreso se la sua vista stava migliorando o se…deglutì il nodo alla gola. L’alternativa non era qualcosa a cui voleva dar voce. Era inaccettabile considerare il fatto che avrebbe potuto non vedere mai più. La vista offuscata che aveva dovuto sopportare durante il mese precedente era fastidiosa, e non aveva percepito segni del fatto che stesse guarendo.
L’auto si fermò. “Sei pronto per entrare?” domandò Claire.
No, non lo era. Non del tutto. In ospedale avrebbe o ricevuto belle notizie—o le peggiori. Ad ogni modo non era certo di essere sicuro di volerne sapere qualcosa. La sua vita era stata un limbo per troppo a lungo. Non ne aveva però parlato. L’ultima cosa che voleva fare era riversare tutte le sue ansie su Claire. Le avrebbe dato un’ulteriore ragione per restare a controllarlo. “Certo”. Alzò la mano e cercò la maniglia all’interno della portiera. “Andiamo a vedere il Dottor Sousa”.
“Ti posso aprire io la portiera”.
“No” sbottò lui. Contrasse con forza la mascella. “Riesco ad aprirmi da solo la dannata portiera”.
Posò la mano sulla maniglia e tirò. L’aprì e prese un respiro profondo. Tutto era molto più difficile di com’era prima, ma non era invalido. Poteva fare certe cose, e non aveva bisogno che Claire lo aiutasse anche nei minimi aspetti.
“Matt…”
L’ignorò e scese dal veicolo. Poi si rese conto che aveva bisogno di lei. Non aveva idea di dove si trovassero nell’affollato parcheggio, figurarsi individuare l’ingresso dell’ospedale. Accidenti, era così frustrante. Si appoggiò alla portiera ed attese che Claire si posizionasse al suo fianco. Ogni minuto in cui rimaneva inerte e dipendente da qualcun altro lo irritava sempre di più.
“Scusami” sospirò lei. “Non è mia intenzione darti fastidio”.
“Tranquilla” rispose, ed un muscolo della sua mascella si contrasse. Non voleva le sue scuse. “Adesso possiamo entrare?”
Gli cinse la vita con un braccio e cominciarono a camminare. Matt distingueva alcuni oggetti. La maggior parte di loro dedusse che fossero auto nel parcheggio. Non che potesse vedere la loro forma, ma aveva senso. I diversi colori erano evidenti, ma dopo un po’ presero a mescolarsi uno nell’altro. Udì le porte slittare ed aprirsi, ed entrarono. Claire lo guidò in ogni passo del tragitto, lungo il corridoio, sull’ascensore e finalmente nello studio di Ren.
“Ren?” Claire busso alla porta.
“Entrate” rispose il dottore.
Matt le concesse di aiutarla ad entrare. Si allungò e tastò la sedia prima di accomodarcisi lentamente. “Hai buone notizie?”
Avrebbe desiderato vedere l’espressione sul viso di Ren. L’avrebbe aiutato a comprendere. Basarsi solamente sul suo tono di voce non gli avrebbe dato la possibilità di capire il quadro completo. Si trattennero poiché non volevano indispettirlo. Anche Dani aveva tentennato attorno al problema in modo che Matt non si dovesse preoccupare. Era la sua vita quella che era stata irrevocabilmente cambiata dall’incidente.
“Ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi raggi che abbiamo fatto”.
Perché non sembrava felice? La sua voce era piatta come sempre. Perché non era qualcosa per cui festeggiare? Ogni miglioramento era qualcosa per cui aveva pregato ogni volta in cui era venuto ad un controllo dai dottori e durante gli incessanti test. Il suono blando della voce del Dottor Sousa lo faceva irritare. I pami delle sue mani erano umidi—Matt se li asciugò sui pantaloni e disse, “è una bella cosa, vero?”
“I tuoi test vanno bene” Ren s’interruppe. “Infatti mi aspettavo che la tua vista progredisse un po’ di più perché appunto, le analisi vanno bene. Mi preoccupa il fatto che la tua vista non sia migliorata”.
Matt rilassò la schiena sulla sedia ed assimilò le parole del Dottor Sousa. Doveva stare meglio…eppure così non era. Che cazzo si doveva fare di tale informazione? Era difettoso. Beh, se si guardava in tal modo—lo era. Fare tutto nel modo più complicato era il proprio modo di vivere la vita. Sembrava una buona idea arrampicarsi sulla collina quando avrebbe potuto scivolare giù dalla stessa facilmente. Forse era un modo testardo del suo corpo di agire come il suo solito.
“Che cosa significa?”
Udiva il fruscio dei fogli, ma oltre a ciò l’accoglieva solo il silenzio. Gli vennero le vertigini ed ondeggiò. Allungò il braccio e si issò alla scrivania di Ren. Ragnatele d’incertezza colmavano la sua mente. Sarebbe stato sempre così? Sarebbe guarito, eppure non era ancora successo. Che brutte notizie stava per dargli Ren?
“Matt?” Claire attirò la sua attenzione, nella sua voce era impressa preoccupazione. “Che cosa sta succedendo?”
Scosse il capo, “sto bene”.
“Non sembri stare bene. Non è il momento di trattenersi”.
Matt strinse la mano attorno al bracciolo della sedia. Non aveva bisogno di questo. “Claire, lasciami solo con Ren. Devo parlargli in privato”.
“Non…”
“Va’” ordinò lui, interrompendo la sua obiezione. “Ritorna fra poco”.
“Se ne sei sicuro” la sua voce era esitante. Sentì poi le scarpe di lei spostarsi sul pavimento. Claire si abbassò e gli mise una mano sulla spalla. Era immobile, forse cercava una ragione per restare. Nessuna quantità di esitazione gli avrebbe fatto cambiare idea. Se non fosse stato scortese lei avrebbe trovato un modo per restare, e lui non poteva far sì che ciò accadesse.
“Lo so”. I muscoli della sua mascella s’indurirono. “Non sei necessaria qui”.
Claire soppresse un sussulto dalla sorpresa alle parole di lui. La sedia di Claire indietreggiò quando si alzò in piedi. “Ren, mi puoi chiamare quando hai finito? Ho bisogno di un po’ d’aria fresca”.
“Sì, certo” disse Ren. “Non dovremmo metterci troppo”.
I tacchi delle sue scarpe produssero un morbido rumore mentre se ne andò, ma Matt non tentò nemmeno di guardarla andarsene. Sembrava che fosse un comportamento inutile, poiché la sua vista continuava ad eluderlo. Era questo adesso, ed era ora di accettarlo. Claire sarebbe dovuta uscire dalla sua vita. Era l’unica scelta che ancora le restava.
“Siamo soli” cominciò Ren. “Mi vuoi dire che cosa succede nella tua testa?”
Dove cominciare? La sua vita faceva schifo. Non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Claire era la donna che voleva, e non credeva di poterla raggiungere. Non aveva niente da offrirle. Oh, e la cecità era più o meno permanente.
“Voglio che mi spieghi senza mezzi termini. Che possibilità ci sono di sistemare ciò che non va in me?”
“Credi che vedrai offuscato per il resto della tua vita, vero?” domandò Ren con fare calmo. “La mia onesta opinione è che è questo il tuo problema”.
Che diavolo significava? “Non ti sto seguendo. Che cosa c’entra? Non ha senso”.
“Per farla semplice, non c’è un motivo medico dietro la tua continua cecità. Tutti i testi hanno mostrato che sei guarito e che le ferite si stanno sgonfiando. Sei sano, ed i tuoi occhi dovrebbero esserlo altrettanto”.
Ma. Che. Cazzo? “Allora per favore spiegami perché i miei occhi si rifiutano di cooperare”.
Ren sospirò. “Non lo so, ma credo sia psicologico”.
Il buon dottore stava dicendo che era malato di mente? Dopo aver considerato le cose doveva concedergli che aveva ragione. “Spiegami. Che cosa devo fare per riacquisire la vista? È possibile?”
“Sì, con l’ausilio della terapia dovrebbe esserlo”.
Matt prese un respiro profondo. “Non stai parlando di terapia fisica, vero?”
Forse era una bella idea vedere uno strizzacervelli. L’incidente l’aveva danneggiato in molti modi. Gli incubi continuavano ad assillarlo ogni notte. Non voleva parlarne con Claire, ma un professionista sarebbe stato necessario per mettersi tutto alle spalle.
“No. Ti consiglio uno psichiatra. L’incidente ti ha messo alla prova. Ti aiuterà in molti modi. Che sia ciò che ti blocca emotivamente—ti potrebbe aiutare a mettertelo alle spalle. Dopo che sarai guarito in ogni aspetto credo che riacquisirai la vista”.
Il disagio lo pervase. “La fai sembrare semplice”.
“Niente di tutto ciò sarà semplice. Non è semplice come guarire qualcosa di fisico. È tutto mentale, e non guarirai a meno che non sarai pronto. In qualche modo è molto più difficile di ciò che faccio io. Ho molto rispetto per coloro che gestiscono le complessità della personalità, del carico emotivo ad ogni altro aspetto psicologico. Non è una scienza esatta”.
Una parte di lui non comprendeva come ciò che Ren stava dicendo potesse essere possibile. Perché mai impedirebbe a sé stesso di vedere? Era tutto ciò per cui aveva pregato da quando si era svegliato nel letto d’ospedale con le garze che ricoprivano ogni centimetro del suo viso. Se avesse riacquistato la vista sarebbe stato in grado di rivendicare la propria vita—e forse avrebbe potuto smettere di comportarsi da coglione con Claire. Odiava la sua attitudine con lei più di ogni altra cosa. Non si meritava di soffrire tutta la frustrazione di lui. Era uno dei motivi per il quale voleva che Claire se ne andasse e trovasse qualcos’altro su cui concentrarsi. Ma se la sua condizione fosse stata psicologica, forse avrebbe iniziato a lavorare su qualsiasi cosa la bloccasse. Che parte di lui era così danneggiata da non far migliorare la sua vista?
“Quindi la tua opinione di esperto è che sono una persona fottuta, ed il mio problema va oltre le tue capacità”.
“Capisco perché piaci a Dani” rise Ren. “Ma sì. Non c’è niente di medico che possa fare per te. Vuoi che chiami la Dottoressa Adams e fissi un appuntamento?”
Davvero? Una parte di lui voleva correre urlando nella direzione opposta. Non farlo. Continuare a correre e non guardarsi indietro—era l’unica cosa che si vedeva in grado di fare. Gli ci volle tutto dentro di sé per non arrendersi al bisogno. La verità era che era molto più che spaventato di cercare di farcela da solo piuttosto che vedere uno strizzacervelli. Che cos’avrebbe fatto se fosse riuscito a trovare un modo per uscire dallo studio di Ren? Forse sarebbe andato a sbattere contro il primo muro e si sarebbe ferito nuovamente il suo cervello già danneggiato. La cosa non gli lasciava molte opzioni. Infatti per quanto ne sapeva ne aveva solamente una.
“Sì. Prendi l’appuntamento”.
Ren sollevò il telefono e si accordò con la dottoressa. Matt lo ascoltò parlare con la segretaria. “Grazie, Christie. Dì a Marlee di chiamarmi se avesse delle domande”.
“Ecco fatto”. Ren strappò il foglietto sul quale aveva scritto. Il suono della carta che veniva stracciata riempì le orecchie di Matt. “Vuoi che lo dia a Claire?”
“No” contrasse la mascella con forza. “Dallo a me”.
Ren porse a Matt il foglietto. Dopo averlo stretto nella mano lo infilò nella tasca dei pantaloni. “Voglio che tu dica a Claire che sto abbastanza bene per non avere una babysitter in pianta stabile”.
“Sei sicuro che sia una buona idea?”
“Non posso più averla nella mia casa” Matt voleva che lo lasciasse in pace—il che non era completamente vero, ma era per il meglio. Lei si meritava molto di più di ciò che lui aveva da offrirle. Se fosse riuscito a riacquistare la vista, allora forse…non ci voleva pensare. Desiderare qualcosa non la faceva accadere, e gli conveniva andare avanti come meglio poteva. Senza Claire. “Non sarò in grado di concentrarmi con lei in casa. Sono assistito anche da altri, ma non voglio qualcuno in casa mia tutto il giorno”.
Ren tamburellò sulla scrivania con qualcosa. Forse una penna? Cliccava in un ritmo che era quasi ipnotizzante, riempiendo il silenzio mentre attese che il dottore rispondesse. Tap. Tap. Tap. Matt si concentrò sul suono e si ricordò di avere pazienza, il che non era il suo forte, ma era qualcosa di necessario tutto il tempo. Dopo qualche secondo Ren interruppe finalmente il tamburellare e rispose, “Accetterò ad una condizione”.
“Tutto quello che vuoi” rispose Matt. Avrebbe venduto la propria anima pure di ottenere ciò che voleva. “Dimmi”.
“Chiamami se avrai bisogno di qualcosa. Mi sentirò meglio sapendo che avrai qualcuno che ti controllerà almeno una volta al giorno. E prima che tu possa obiettare, non deve essere Claire. Fissa degli appuntamenti con Lana o Dani quando si sarà ripresa. Non m’importa chi sia, a patto che tu accetti. Non sei pronto per stare completamente solo”.
“M’inventerò qualcosa” a Matt non piaceva la cosa, ma avrebbe preferito che fosse un medico a controllarlo piuttosto che Claire. “La terapista occupazionale viene già tre giorni alla settimana. Lana due volte. Ho i weekend liberi”.
“Io e Dani possiamo venire di domenica. Trova qualcun altro per il sabato e siamo a porto”.
Matt sorride. “Grazie, Ren. Come sta Dani?”
“Bene. È un po’ testarda, irascibile e autoritaria”.
“E la ami” gli angoli della bocca di Matt si contrassero in alto. Era geloso, ma anche felice per la sua migliore amica.
“La amo. L’ho sempre amata” commentò Ren. “So che le piacerebbe vedere come stai, quindi sarà felice di sapere che ti verremo a trovare tra un paio di giorni”.
“Mi manca. Dille di non fare troppo” scoppiò a ridere. “So che è più facile a dirsi che a farsi. Sono consapevole di quando possa essere testarda”.
Matt aveva incontrato Dani al college, ed erano diventati migliori amici. Frequentarono la stessa facoltà e poi aprirono lo studio associato nella loro città natale. Ren era stato il suo migliore amico alle superiori e l’uomo che avrebbe sempre conservato il suo cuore. Dani pensava di aver perso la sua occasione con lui, ed era andava avanti come meglio aveva potuto. La vita però aveva avuto altri piani per lei, e si era assicurata che ritrovassero il modo per stare insieme. Ora erano gioiosamente innamorati e stavano programmando di trascorrere il resto della vita insieme.
“È vero. Vuoi che chiami Claire?”
Il sorriso di Matt scomparve dal suo viso. Claire sarebbe stata incazzata con lui. Non aveva voluto lasciarlo solo con Ren, ma non aveva avuto scelta. Era stato l’unico modo per assicurarsi che non si sarebbe intromessa quando Matt avrebbe chiesto a Ren di supportare la sua decisione di stare solo.
“Sì, scrivile. Forse risponderà più velocemente in tal modo” disse. Doveva affrontare la realtà. “Sono pronto per andare a casa”.
E spiegare a Claire perché doveva lasciarlo stare e vivere la propria vita. Non era stupido. Sapeva che lei lo amava tanto quanto lui amava lei. Ma questo era l’unico modo. Con il tempo avrebbe compreso.
CAPITOLO SEI
Claire fissò il telefono. I minuti erano trascorsi lentamente, e la facevano sentire come se si fosse trovata fuori dallo studio di Ren da ore, piuttosto che da venti minuti. Perché Matt le aveva ordinato di uscire? Le faceva più male di quanto volesse ammettere. Era stata al suo fianco per tutto il tempo, eppure sembrava irrilevante. A volte si domandava perché si disturbasse. Niente che lei faceva lo rendeva felice.
Subito era stata in grado di accantonare tale sensazione. Lui era ferito, spaventato e stanco. Tutti esageravano quando vivevano un periodo stressante. Non poteva incolparlo per quello. Oh, ma voleva. Esalò e si appoggiò al muro. Camminare avanti e indietro non aveva aiutato, e non le sembrava sensato proseguire con il futile esercizio.
“Claire, che ci fai qui?”
Si voltò al suono del suo nome. Accidenti. Doveva proprio essere lui. “Ciao, Nolan”. Il suo stupido, buono a nulla, traditore e complessivamente un coglione di un ex fidanzato. Si guardò attorno, e poi riportò l’attenzione su di lui. “Rincorri ancora le ambulanze? Hai bisogno di altri clienti?”
“Non è nemmeno lontanamente divertente”. Alzò il mento. “Lavoro per una compagnia molto rispettabile, come tu ben sai. Non dobbiamo cercare i nostri clienti. Loro vengono da noi”.
Claire era al corrente della reputazione della compagnia per la quale Nolan lavorava. Lo studio legale era stato il primo luogo in cui aveva fatto domanda quando si era laureata. Era una buona compagnia. Se non fosse stata per la disastrosa relazione con Nolan, forse sarebbe ancora lì. Ovviamente non avrebbe mai lavorato con Matt e Dani. Alcune cose succedono per un motivo.
Guardò dietro di sé e vide che la porta era ancora chiusa. Come mai ci stavano mettendo così tanto? L’incontro improvvisato con Nolan non era di suo gradimento. Prima se ne sarebbero andati meglio sarebbe stato. Guardò nuovamente il suo telefono—Ren le aveva scritto che Matt aveva finito. Come mai ci stava mettendo così tanto? Perché era ancora dentro?
“Aspetti di vedere il Dottor Sousa?” domandò Nolan. “Ho sentito che è fidanzato. Forse dovresti trovare un altro uomo da tormentare”.
Claire alzò gli occhi al cielo. “Sì, infatti è fidanzato con il mio capo. Prova ad indovinare chi non è invitato al matrimonio?” alzò ed abbassò le sopracciglia. “Ti do un indizio. Il suo nome inizia con la N, e oh sì, finisce anche con una N”. Poi si guardò le unghie comportandosi con più disinvoltura possibile. “Che peccato, veramente. Sarà l’evento mondano della stagione. Dani è la Brady persa—pensa quante mancate opportunità per lisciare qualcuno” sospirò. “Che peccato”.
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